Usciva il 22 giugno del 1971 uno dei capolavori della musicista canadese
Quarto albun di Joni Mitchell, BLUE ottenne un grandissimo successo di critica e commerciale (arrivò al nono posto della TopTen inglese e al quindicesimo di quella americana). Il disco, considerato uno dei più belli della storia, contiene canzoni con semplici e lirici arrangiamenti al pianoforte e chitarra.
Dall’enciclopedia del Rock (in edicola e online!):
“Canadese del 1943, impara da sola il pianoforte e la chitarra a nove anni durante la convalescenza per la poliomielite, sviluppando un gusto personalissimo per accordature e armonie non convenzionali. Dopo la gavetta nelle coffee house di Detroit e New York, artisti come Tom Rush e Judy Collins scoprono e incidono le sue canzoni e nel 1968 David Crosby le produce il primo album.
Non canta a Woodstock, in compenso celebra l’evento con una canzone che diviene l’inno di tutta una generazione. Nel 1971 con BLUE si mette a nudo con sofferti, intimi frammenti di un discorso amoroso ispirati anche ai rapporti burrascosi con Graham Nash e James Taylor e a una maternità rifiutata. Per HEJIRA si avvale del contributo fondamentale di Jaco Pastorius e da quel momento si circonda di jazzisti come Wayne Shorter, Michael Brecker e Pat Metheny.
Charles Mingus la chiama per un disco ispirato alla poesia di Eliot, ma muore prima che il disco veda la luce e lei lo omaggia con l’album omonimo. Artista eclettica, spesso in polemica con l’industria discografica, si divide tra musica e pittura, canzone pop e sperimentazione e ultimamente ha inciso di nuovo, con voce arrochita dagli anni, alcuni dei suoi primi successi”.