L’ultimo album dei Metallica

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Come hanno fatto i Metallica a rimanere aggrappati al trono della più importante band hard rock del mondo dopo oltre 25 anni? Nel corso dei decenni hanno avuto giusto un paio di oscillazioni: battaglie legali coi fan, ricadute e sedute di terapia. I loro critici più severi sostengono che nel processo di evoluzione hanno perso gran parte della loro vena thrash metal e sono passayi a fare intrattenimento per la famiglia; sono anche stati definiti mainstream.

Eppure, che se ne dicano, nel 2016, il nuovo album dei Metallica, Hardwired…To Self Destruct, è ancora un evento culturale, e si può dire lo stesso di poche altre. Forse non sono più i più i forti, veloci o abrasivi, ma gli ex padroni del thrash metal continuano a competere con i più grandi nomi di successo del momento. Naturalmente non potranno essere innovativi come lo sono stati negli anni ’80, ma il loro percorso musicale è ancora da esplorare, senza contare che ha un valore inestimabile.

Sono passati otto anni dal multi-platino Death Magnetic. Inizialmente avevano progettato di lavorare ad Hardwired…To Self Destruct con lo stesso produttore, Rick Rubin, ma si sono poi ritrovati a lavorare con Greg Fidelman che ha assunto il ruolo di co-produttore con Larsh Ulrich e James Hetfield.
L’album uscirà il 18 novembre, due dischi di sei tracce ciascuno per oltre 80 minuti di musica. Il primo singolo, Hardwired, nonché l’ultimo lavoro della band, è stato pubblicato esattamente tre mesi prima dell’uscita dell’album e farò da opening track nel disco.
La prima impressione: una copertina fantastica. Dei Metallica sgargianti e multicolore, un demone che pare torcere la faccia, come un quadro vivente di Francis Bacon. Probabilmente è la loro miglior copertina di sempre. All’interno tuttavia, i risultati sono misti. Da una parte Rubin ha spinto la band a rivedere i loro anni ’80 e super thrash, con risultati fruttuosi, dall’altra ha avuto un approccio più innovativo.

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