Prog e Jazz non hanno niente in comune: l’intervista a BILL BUFORD

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La storia della musica è piena di conflitti molto accesi tra diverse sottoculture, fazioni e schiere di fan – alcuni più evidenti di altri: ne parliamo con BILL BUFORD.

Ad esempio, mentre l’atteggiamento intransigente del punk nei confronti del prog alla fine degli anni 70 è stato abbondantemente documentato e anche sovrastimato, ci sono altre battaglie che sono passate quasi inosservate.

Prendiamo la critica feroce che è stata perpetrata dagli amanti del jazz nei confronti del rock in tutte le sue incarnazioni. Dal momento in cui Elvis e i suoi amici rubarono la scena ai jazzisti alla fine degli anni 50, molti fan sminuirono il fenomeno come una manifestazione primitiva, infantile e stupida. Tutto questo andò avanti anche dopo che il rock iniziò a inglobare nella sua palette sonora le altre influenze.

Da bambino, Bill Bruford aveva ricevuto degli stimoli abbastanza variegati, con “il giradischi di casa che suonava tutta la roba tipo Big Bill Broonzy, Sinatra e Elvis, mentre il programma televisivo della BBC Jazz 625 forniva un altro genere di ispirazione. Mi fomentai per l’eleganza di Joe Morello, per la perizia compositiva di Max Roach e l’esplosività di Art Blakey”, ricorda mentre cerca di ricostruire la genesi del suo stile.

“Non riuscendo a suonare come loro, iniziai a sviluppare uno stile tutto mio”. Ma quando arrivò il momento di entrare a far parte di qualche band, ecco il dilemma.

“Nel 1968 potevi amare Hendrix o Coltrane, non tutti e due. Quando un jazzista si spostava in ambito rock, come Charlie Watts o Mitch Mitchell, tutti dicevano che si era venduto e veniva scaricato dalla comunità jazzistica. Oggi viene da ridere a raccontarlo, ma all’epoca si trattava di una situazione maledettamente seria”.

Con l’obiettivo di concludere qualcosa, Bruford nello stesso anno entrò a far parte dei Mabel Greer’sToyshop – poi ribattezzati Yes– e da quel momento in poi apparentemente non tornò più indietro (per chi se la fosse persa, cliccare qui per leggere la storia della formazione poi conosciuta come ABWH, nata dagli YES).

Ma dopo essersi guadagnato una reputazione come uno dei migliori batteristi prog suonando con King Crimson, Gong, National Health e Genesis, c’era ancora qualcosa da fare.

Alla fine degli anni 70, Bruford incominciò infatti a virare verso il jazz: inizialmente con i suoi album solisti con Allan Holdsworth, Jeff Berlin e Dave Stewart; poi con quelli realizzati insieme al pianista e tastierista ex Yes Patrick Moraz, fino ad arrivare al 1986, anno di debutto del suo nuovo quartetto, gli Earthworks.

 

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Tratto da Prog n.27
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