La collaborazione tra Lucio Dalla e il poeta Roberto Roversi fu una tappa importante nella carriera del cantautore di Bologna. Ecco perché.
Lucio Dalla ha vissuto mille vite: clarinettista e sassofonista jazz, cantante di straripante personalità in grado di spaziare tra gli stili (scat, soul, beat, pop e lirica), autore di musiche (colonne sonore comprese) e di testi, pianista, occasionalmente attore, appassionato di arti e di sport, docente universitario. Un artista di straordinario talento ed eclettismo che, nel campo della canzone, ha lasciato un’imponente eredità di oltre venti album di studio a suo nome, che assieme delineano un percorso frastagliato e imprevedibile, avvincente e pieno di sorprese.
Senza nulla voler togliere a 1999 (1966), TERRA DI GAIBOLA (1970) e STORIE DI CASA MIA (1971), è opinione diffusa che il Lucio Dalla “adulto”, libero di assecondare la sua reale indole e solida base per quanto sviluppato in seguito, sia quello dei tre dischi pubblicati tra il 1973 e il 1976, figli di una scelta fondamentale: interrompere il sodalizio con Sergio Bardotti e Gianfranco Baldazzi, fino ad allora responsabili di larghissima parte dei testi, e collaborare con il concittadino Roberto Roversi, poeta, intellettuale scrittore, giornalista e operatore culturale di vent’anni più anziano.
Il loro è un rapporto cruciale non solo per i temi affrontati e per il lavoro sulla parola ma anche di apertura ed evoluzione musicale e mentale, con conseguente creazione di brani coraggiosi, “sperimentali”, in tutto e per tutto in sintonia. Dalla, all’inizio non fu universalmente ammesso nel gotha dei cantautori. Sulla sua reputazione pesarono in negativo, almeno nella cerchia dei duri e puri, i trascorsi leggeri, le presenze al Festival di Sanremo, soprattutto il fatto di non comporre da solo ciò che cantava.
Quindi, se è assodato che il Lucio Dalla effettivo cantautore nacque nel 1977 con COME È PROFONDO IL MARE, ha senza dubbio senso considerare la fase con Roversi una tappa chiave del cammino di emancipazione del musicista bolognese. E uno dei momenti più originali e alti della canzone d’autore nazionale, al di là del falso problema che musiche, testi e interpretazioni non sono della stessa persona.