Di cosa parla “Silvia lo sai” di Luca Carboni?

Ecco la storia di "Silvia lo sai", una delle canzoni più belle di Luca Carboni, capace di indagare un'intera epoca con le sue sfaccettature storiche ed emotive. 

Le canzoni di Luca Carboni hanno scritto un'importante pagina della storia musicale italiana. Dagli esordi alla fine degli anni Settanta con i Teobaldi Rock, fino all'esplosione di pubblico nei primi anni Novanta, con hit come Mare Mare Ci vuole un fisico bestiale, entrambe del 1992. Queste hanno incorniciato il loro autore come portavoce di una terra, l'Emilia Romagna, con la sua Bologna, che trasuda amata dalle parole dell'artista. 

Ma la poesia di Luca Carboni sta nella sua narrazione trasversale e poliedrica. Ogni tema indagato, che sia l'amore o la tossicodipendenza, si riallaccia naturalmente a uno scenario concreto, tangibile e fortemente realistico. 

Così i suoi brani tratteggiano un percorso visivo, dove ciascun oggetto è padrone di un ricordo. E questi, tassellati come frammenti disordinati di memoria, insieme acquisiscono una potente coesione che dà corpo e sangue a una canzone.

Tale unità traspare in maniera brillante in Silvia lo Sai (1987), uno dei brani più celebri e profondi di Carboni, contenuto nell'album LUCA CARBONI. L'artista si pone in prima persona a raccontare un'epoca, gli anni Ottanta, vissuta da lui e da tutti i suoi coetanei con la dilagante paura della droga. Per questo la canzone parte dall'aggancio tematico della tossicodipendenza, ma rivela molto di più

Un protagonista invisibile parla, a distanza di anni dall'adolescenza, con Silvia, una sua ex compagna di scuola e fidanzatina all'epoca di Luca. Luca, questo terzo personaggio del dialogo, è il protagonista della canzone, ma al tempo stesso è una presenza evanescente che si concretizza solo alla fine. Luca è un tossicodipendente, ora adulto, ma ancora vittima dell'eroina, la droga più diffusa negli anni Ottanta, che tristemente collezionava ogni giorno giovani morti di overdose.

Silvia sembra aver perso ogni ricordo di Luca, rievocato invece dalle domande incalzanti del nostro mediatore: "Silvia lo sai, lo sai che Luca si buca ancora?". Lui è l'unico ad aver visto recentemente Luca, tremante, con lo sguardo spento, senza riuscire a parlare. E in quel momento gli ha fatto la domanda più semplice e potente dell'intero brano: "Non dovevamo andare lontano?". 

Perché l'adolescenza illumina un futuro pieno di sogni e speranze, ma spesso la debolezza rende vittime dell'anarchia degli eventi. Quando poi la droga assume il potere, il corpo si piega a una fragilità inetta, incapace di controllare le proprie azioni. Così Carboni ricorda le partite del Bologna, le prime feste, i primi baci e quei passatempi come Dire, Fare e Baciare

Ma la sua memoria getta ombra anche sull'indifferenza della Chiesa e degli insegnanti a scuola. Tra "Un Dio cattivo e noioso" e quei professori che non si interessavano della felicità altrui. Così i giovani studenti si abbandonavano alla solitudine e alle mode, con un autolesionismo travestito da libertà e camuffato in una oscura forma di appagamento. 

E ci sembra di non riuscire a raccogliere tutto quello che il testo comunica, perché gran parte delle emozioni e sensazioni che trasmette si irradia dalla perfetta combinazione di voce, musica e parole. 

Così Luca riesce a raccontare così tanto in quattro minuti di canzone, costruendo un mondo vissuto attorno a due personaggi. Da un lato una Silvia di leopardiana memoria, che potrebbe essere riconducibile a un'ultras del Bologna conosciuta da Carboni. Dall'altro Luca, con quel nome così autobiografico e misterioso di cui non si conosce l'origine. Forse perché Carboni, come fa in molte canzoni, voleva semplicemente esserci in quello che raccontava. E ancora oggi, le sue canzoni testimoniano un coinvolgimento e una passione che ce lo fanno amare

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