Nell’autunno del 1988 il cosiddetto grunge era ancora lungi dall’essere un fenomeno di reale rilevanza planetaria, ma i Soundgarden (che, a Seattle, facevano parte del plotoncino dei suoi prime mover) erano già quasi stelle del circuito underground a stelle e strisce; i 3 dischi editi dalla sempre più emergente Sub Pop, specie il mini-Lp SCREAMING LIFE, avevano raccolto curiosità e consensi, al punto che più di una major (al tempo ce n’erano parecchie) aveva manifestato interesse.
I ragazzi, tutti meno che trentenni, preferirono invece pubblicare il loro primo album per la lanciatissima SST, l’etichetta dei Black Flag. Con il senno di poi, la scelta non si rivelò però azzeccata, non per le fortune del 33 giri, che andò decisamente bene, ma per i contenuti dello stesso: secondo il quartetto, il produttore Drew Canulette, voluto dalla label, non si rese pienamente conto del tipo di gruppo con cui interagiva, penalizzandone in qualche misura le doti. Già allora si parlava di un remix da affidare a Jack Endino, l’eminenza nient’affatto grigia del suono del Nord-ovest, ma non se ne fece nulla; a breve, la band avrebbe firmato un contratto con la A&M approdando al successo su assai più vasta scala, e l’idea morì lì.