Quel giorno in cui Charlie Watts entrò nei Rolling Stones

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L'elegante batterista con velleità artistiche ha portato, nel 1963, il suo tocco jazz & blues nei Rolling Stones. In un'altra vita sarebbe stato un graphic designer, ma il destino lo voleva come iconico domatore dei rullanti. 

Dalla fondazione degli scapestrati Rolling Stones, nel 1962, ben tre batteristi si sono succeduti senza successo prima di trovare l'illuminazione. Così il primo è stato Mick Avory, poi Tony Chapman e infine Carlo Little, prima di approdare a all'eterna firma di Charlie Watts. E fino a poco tempo fa il raffinato batterista accompagnava i suoi fedeli compagni sul palcoscenico, dopo quasi mezzo secolo insieme dal suo ingresso nella band, nel 1963. In particolare, lui e il rocambolesco Mick Jagger si occupavano anche del merchandising e dell'estetica del logo Rolling Stones. Certe volte le loro scelte artistiche e cromatiche divergevano, ma rimaneva costante e sempre di successo il leggendario marchio della bocca con la lingua fuori. 

In questo modo Watts conservava il filo rosso che lo legava alla sua passione originaria: l'arte. Ebbene sì, il carismatico musicista iniziò i suoi studi in una scuola d'arte per poi avviarsi a un'incipiente carriera pubblicitaria negli anni Cinquanta. Ma si sa, la fortuna ha buon occhio per un talento incipiente e, anche se Watts non lo sapeva ancora, il rock stava per bussare alla sua porta. La sua storia inizia quindi nel quartiere londinese di Kingsbury, ma è solo quando si trasferisce a Wembley che conosce un ragazzo, Dave Green, suo grillo parlante all'avanscoperta del blues. Watts così prende il suo vecchio banjo e lo trasforma in un tamburo rullante. Da lì inizia ad appassionarsi a Miles Davis e John Coltrane, fino al drummista Chico Hamilton

Tuttavia l'aspirante batterista non sa ancora dare una definizione precisa di blues, che scoprirà nella Blues Incorporated del pioniere britannico Alexis Korner. E proprio in quel gruppo conosce casualmente un cantante occasionale. Si chiama Mick Jagger ed è il 1962 quando Watts comincia a provare con la formazione embrionale, che poi sarà quella definitiva, dei Rolling Stones. Il suo ingresso ufficiale nella band è però datato 9 gennaio 1963, anche se solo tre giorni dopo il gruppo suona ufficialmente per la prima volta all'Ealing Blues Club, in compagnia del pianista Ian Stewart. E non passa molto tempo prima che si concretizzi il loro primo brano insieme, la cover di Come On di Chuck Berry

Così ha inizio una storia rock identitaria all'insegna della trasgressione, dove però Watts mantiene sempre il suo piglio riservato e sobrio. Ed è proprio la sua affidabilità a forgiare il cuore pulsante dei Rolling Stones, delle vere e proprie mine vaganti. Il batterista è quindi in grado di dare al suo tocco minimale e metodico quel beat trainante che funge da collante nella band, tanto che Jagger affermerà che Charlie è il "miglior drummer con cui ha mai lavorato". Tuttavia i rapporti interni non sono sempre rose e fiori, soprattutto quando i due condottieri Jagger e Richards si scornano per i più svariati motivi. Watts entra così in gioco come mediatore, risolutore ed equilibrista sulla giostra Stones. Non perde mai la pazienza e sa sempre mostrarsi attento e perfezionista. 

Le uniche macchie sul suo curriculum sono una breve dipendenza da eroina negli anni Ottanta e una scazzotata con Jagger una sera in cui il cantante lo definì "il suo batterista". Allora Watts perse le staffe, rimarcando: "Non mi chiamare più il tuo batterista, sei tu il mio fottuto cantante". E come dargli torto, dato che lui ha saputo offrire un'impronta stilistica distintiva agli Stones. Ancor più quando ha scoperto che Keith Richards e Brian Jones erano dei fervidi seguaci della scuola blues di Chicago. Così nomi iconici come Jimmy Reed, Chuck Berry ed Elmore James si sono affiancati a una passione comune, tale da cementare un rapporto eterno. 

Per questo quando Watts guarì dal cancro alla gola, diagnosticatogli nel 2004, in molti gli chiesero se sarebbe riuscito mai a immaginare gli Stones senza di lui. Sicuramente una domanda abrasiva, ma il batterista ha risposto di aver pensato a possibili validi sostituti. Basti pensare che, come lui stesso ha affermato, ai concerti di Chuck Berry tutti i roadie seguivano e facevano le prove con la band. Così il gentile Watts ci ricordava come la musica ha un'impressionante potere ereditario. Ed è per questo che, nonostante Watts avesse sempre rifiutato lo stile di vita provocante e aggressivo degli Stones, il loro è stato un rapporto indelebile. Insieme hanno superato il suicidio di Jones, la dipendenza di Richards e la fama di tombeur des femmes di Jagger. Come fratelli, sin da quel giorno del 1963

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