Piero Pelù ci presenta PUGILI FRAGILI: “Ecco la mia nuova scommessa”

Abbiamo intervistato Piero Pelù, che ci ha raccontato tutto su PUGILI FRAGILI (Sony Legacy) e i suoi primi 40 anni di carriera. Ecco le sue parole.

Il 2020 sancisce il ritorno in grande stile di Piero Pelù. L’abbiamo incontrato nella sua camera d’albergo durante la settimana del Festival di Sanremo (al quale ha partecipato con il brano Gigante) e abbiamo fatto una lunga chiacchierata su tutto: il suo nuovo album PUGILI FRAGILI, il suo impegno sociale, la scena rock italiana. Ma anche: l’atteso ritorno dei Litfiba (con risposta a sorpresa, che ci ha fatto sognare!)

In cosa è cambiato il Piero Pelù di FENOMENI (ultimo progetto solista uscito ormai 12 anni fa) rispetto a PUGILI FRAGILI?

PUGILI FRAGILI è un album che somma tutti gli stili che ho usato in questo periodo: c’è dentro della new-wave, del punk, del metal, del blues, la ballad e per finire l’elettronica, ovvero la mia nuova scommessa. Insomma, già ascoltando Picnic all’inferno e Gigante avrete capito in che direzione stava andando l’album.

Parliamo di un brano contenuto nell’album: Ferro caldo. Un ritorno alle origini sia nella composizione del testo che nella sonorità: è la chiusura di un cerchio?

…O l’apertura di un altro! Nella mia scrittura cerco di usare anelli aperti. In quest’album sono comprese delle canzoni che si possono riagganciare a tutto il mio passato, sia quello da solista che quello con i Litfiba: la reunion, gli anni Novanta, gli anni Ottanta e così via… Insomma, sono felice di avere sempre un filo di congiunzione che segue tutta la mia produzione discografica, sia in gruppo che da solo.

Come mai hai deciso di presentarti a Sanremo proprio con il brano Gigante? Pensi sia un pezzo di più facile comprensione per un pubblico di massa?

Effettivamente con Chiaravalli, il produttore col quale ho prodotto il disco, volevamo trovare un medio tempo che fosse contemporaneamente anche una bella cavalcata rock a 120 bpm. C’è da dire che Gigante è un brano in cui si toccano argomenti anche molto scabrosi e pesanti come quello dell’infanzia negata. E per infanzia negata intendo i ragazzi figli dei mafiosi, ma anche il milione di bambini ebrei uccisi nei campi di concentramento. Quello che provo a fare consiste nel raccontare questa condizione in una chiave non necessariamente di autocommiserazione, bensì positiva, di riscatto.


L’intervista completa a Piero Pelù la trovi su Classic Rock 88, in edicola dal 27 febbraio e in digitale.

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