Lungo il ventennio che unisce gli anni Settanta agli anni Novanta, i camaleontici ed esplosivi Van Halen firmano una discografia di tutto rispetto, tra cui compaiono anche celebri cover. Ve ne riportiamo qui 5 particolarmente iconiche.
Ice Cream Man (1978) di John Brim
Un esordio inedito per il primo album omonimo dei Van Halen, una delle band più iconiche dell'heavy metal anni Ottanta. Il frontman David Lee Roth, infatti, decide di inserire in scaletta Ice Cream Man, brano blues del musicista made in Chicago John Grim. Una piccola perla per omaggiare il leggendario genere musicale. E sembra che questo sia uno dei brani preferiti del biondo cantante, che fa il suo ingresso nella canzone con una voce spogliata accompagnata dalla sola chitarra acustica. Ma poi sopraggiunge l'assolo elettrico di Eddie Van Halen e il brano segue un incendiario climax in puro stile rockabilly.
You Really Got Me (1978) dei Kinks
La seconda cover che accompagna l'album di debutto, VAN HALEN, è un pezzo iconico dei Kinks, londinesi dei Sixties e complici fautori della british invasion. Uno dei loro pezzi più celebri, You Really Got Me, è una delle più distintive forme del rock, dotato di potenza e aggressività espressiva e quindi perfetto per la chiave heavy che appartiene ai Van Halen, dove la linea guida è tracciata dall'indomabile tocco di corde di Eddie. Tuttavia, Dave Davies dei Kinks affermò di non aver apprezzato per niente la cover di David Lee Roth. Voi che ne pesante?
(Oh) Pretty Woman (1982) di Roy Orbison
Un riff di chitarra distorto preannuncia il classico intro di Pretty Woman, colosso del rock anni Sessanta firmato Roy Orbison. Il brano uscì come lato B di Happy Trails prima di essere inserito nell'album DIVER DOWN. La sua esecuzione, sin dalla genesi, scatenò piccole incomprensioni tra Eddie e David, contando poi che quest'ultimo aveva scelto come prima opzione di cover Dancing In The Streets dei Motown, poi comunque eseguita lo stesso anno dalla band. L'interpretazione è comunque lodevole.
A Apolitical Blues (1988) di Lowell George
Questo brano dalla morfologia blues reinterpreta invece l'originale del 1972 della band Little Feat di Lowell George. E a quest'ultimo appartiene la profonda voce performata dal graffiato di Sammy Hagar. Un sound più cadenzato, inusuale, ma che offre una brillante interpretazione per viaggiare nel tempo, in una dimensione intrecciata alle più vibranti radici americane. Il pezzo chiude le track dell'ottavo album del gruppo, OU812.
We Won't Get Fooled Again (1993) degli Who
E Hagar riprende anche le fila del faraonico Roger Daltrey con un pezzo fondativo degli Who, We Don't Get Fooled Again. Circa vent'anni lo separano dalla sua versione originale, quando Pete Townshend affermò che la loro voleva essere una canzone dichiaratamente contro il fascismo. E la cover rimane abbastanza fedele alla sua madre naturale, dotandola però di un sottotesto ipnotico e metallico.