Doors: la batteria jazz di Densmore che li rese eterni

the doors

I Doors lo hanno visto tradire il jazz per il rock psichedelico. Ma a ben vedere, la musica con cui è cresciuto c'è anche lì.

Testo: Antonio Tony Face Bacciocchi

Certo, far parte di un monumento come i Doors rende la vita più facile e un posto nell’Olimpo della musica è assicurato. Eppure John Densmore, ancorato a un certo tipo di idee e di coerenza, non ne ha mai approfittato, anzi, è rimasto a lungo impegolato in lunghe diatribe legali contro gli ex compagni di viaggio Robbie Krieger e Ray Manzarek che negli anni hanno continuato a lucrare sui fasti passati, portando in giro il nome della band in improbabili spettacoli e reunion, con tanto di sosia di Jim Morrison (vedi la triste comparsa del pur talentuoso Ian Astbury dei Cult).

John si è sempre rifiutato di riformare i Doors dopo l’infelice esperienza dei due album incisi con il nome originario dopo la morte di Morrison, FULL CIRCLE e OTHER VOICES (oltre a quell’altrettanto discutibile AN AMERICAN PRAYER del 1978 in cui il trio si ritrovò a musicare alcune poesie di Jim), soprattutto quando Ray e Robbie nel 2002 ripristinarono nome e repertorio celandolo sotto un bizzarro The Doors Of The 21st Century. All’epoca John intentò una causa e la vinse, costringendo la band a cambiare nome in Riders Of The Storm.

Come disse causticamente:

Chiamarsi Doors è del tutto inappropriato quando manca la metà del gruppo. Ma se togli quel nome spariscono gli hotel a cinque stelle, gli stadi e le limousine. Non voglio che smettano di suonare i brani dei Doors, loro sono grandi quando lo fanno, tutti possono suonare i nostri brani, eccetto quando servono per una pubblicità o per sfruttarli a fini meramente commerciali.

È sempre Densmore a porre il veto alla cessione dei diritti di utilizzo di Break On Through (To The Other Side) per una campagna pubblicitaria della Cadillac, che in cambio gli offriva 15 milioni di dollari. Fedele al volere di Morrison (che nel 1967 aveva impedito l’utilizzo di Light My Fire in un commercial della Buick), John si oppose fermamente, spalleggiato dagli eredi di Jim, e l’affare sfumò. Ne seguì una dolorosa causa legale in cui John venne definito, per screditarlo agli occhi dei giudici, un “eco terrorista” a causa del suo impegno civile e politico per organizzazioni pacifiste. Una brutta pagina, che tuttavia gli valse l’appoggio di numerose rock star tra cui Eddie Vedder dei Pearl Jam, che dichiarò:

Quando sarò una rock star morta, spero ci sia qualcuno con l’integrità di John Densmore a portare avanti l’eredità della nostra band con la stessa coerenza dimostrata da lui.

john densmore

Matrici jazz, classici del rock

Come batterista, Densmore nasce con il jazz (il suo idolo rimarrà sempre Elvin Jones, batterista di John Coltrane, ma apprezza anche Billy Cobham, Ringo Starr, Peter Erskine e Keith Moon), suonando i timpani in un’orchestra per poi deviare immediatamente verso le nuove sonorità garage psichedeliche, particolarmente ribollenti a metà degli anni 60 in California. Conosciuti Ray e Robbie, forma i Doors a cui presto si aggiunge quello strano personaggio che conosceremo come Jim Morrison. Il suo stile è perfettamente integrato alla “musica totale” e aperta della band, dedita a frequenti improvvisazioni, lunghe suites (pensiamo a The End) e spesso funzionale alle esigenze declamatorie e teatrali di Morrison.

Grazie alle mie influenze jazz e classiche, ma avendo anche assorbito da ogni tipo di musica possibile e immaginabile, da Miles Davis al rock alla musica caraibica, avevo un grande senso dell’arrangiamento. Jim proponeva qualche parola e poi ci diceva: ‘Facciamolo tutti insieme, via!’. E io non avevo l’esatta percezione di quello che facevo, non lo sapevo proprio.

La musica è come il respiro umano e come lasciarsi trasportare da tutte le emozioni. Certo, non potevo mettermi a suonare in stile be bop su un brano dei Doors, non avrebbe avuto ovviamente senso, seguivo spesso la cadenza del cantato e il significato delle parole. Quando Jim è partito con ‘Five to one, one in five’ ha tirato fuori qualcosa di primitivo che non potevo certo accompagnare con un tempo jazz. C’era bisogno di qualcosa di duro e di tribale che seguisse il testo. E così ho fatto.

Il suo stile è vario, estroso, non convenzionale.

Basti ascoltare Break On Through (To The Other Side), brano di apertura del fortunato omonimo esordio del 1967, dove John introduce con un tempo in stile bossa nova (sound che stava arrivando dal Brasile e da cui era particolarmente affascinato) intervallato da nervosi stacchi che portano al duro e tirato ritornello e all’avvolgente assolo di organo di Manzarek, accompagnato da John, accentuando i contro tempi in chiave bossa con energia e potenza rabbiosa.

L’alternanza tra momenti furiosi, elettrici e oasi di pace musicale è una caratteristica comune a molti altri brani dei Doors. La matrice jazz torna evidente nello swing che acquisiscono brani come People Are Strange o il rock blues per antonomasia, il classicissimo Roadhouse Blues, dove l’accompagnamento apparentemente lineare è invece arricchito da continui abbellimenti in controtempo sul rullante, altra costante del suo drumming.

È però nei brani più “teatrali” che la sua mano diventa protagonista, come nel recitato di When The Music’s Over, con quei tocchi sparsi, quel colorare la performance di Morrison con colpi perfettamente appropriati che accrescono ancora di più il valore del brano.

Uno dei capolavori del suo drumming è da ricercare nella stupenda, quanto sottovalutata Touch Me(da THE SOFT PARADE), inusuale intromissione in ambiti soul-rock con Morrison in abiti da crooner e arrangiamento raffinatissimo con archi e fiati, dove John alterna un accompagnamento percussivo a continui stacchi e a progressivi crescendo che si innestano alla perfezione con il lavoro di tastiera e chitarra – una dimostrazione di gusto sopraffino, tecnica e inventiva.

La base del mio drumming è nelle dinamiche. Penso che arrivi dal concetto scolastico delle orchestre, dove si dividono le fasi tra “fortissimo” e “pianissimo” e tutto il resto in mezzo. Questa è la musica e tu puoi suonare la batteria prendendo da quello. Prendi The End: è tutto soft e poi all’improvviso parte questa cannonata sui tom in mezzo alla calma totale. Cosa cazzo sto facendo? Non l’ho mai capito! Ma quando l’ho riascoltata per bene, mi sono detto: quello alza la tensione, accentua il contrasto tra versi e bridges, forte e piano.

Questo articolo è tratto dallo speciale «Classic Rock 50 batteristi» disponibile sul nostro store online in versione digitale.

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