Yes: il primo biennio dei ’70 e le loro 5 canzoni più belle

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Con una formazione di tutto rispetto, gli Yes dei primi anni Settanta rivoluzionano l'attidutine stilistica del rock, avanzando come pionieri del progressive. Il virtuosimo, la complessità e la vivida immaginazione sono parole chiave del loro stile.

Starship Trooper 

Il tre è un numero fortunato, anche per gli Yes che, con il loro terzo disco, THE YES ALBUM (1970) conquistano Steve Howe alla chitarra. Starship Trooper, suite di quasi 10 minuti articolata in tre parti: Life Seeker, Disillusion, Würm, è pioneristica dell’atteggiamento del progressive rock, con una spinta ambiziosa che riconosce agli Yes la firma di supergruppo. Protagonista è il basso di Chris Squire, maestro dello strumento che gioca con tremolii e distorsioni tali da catalizzare l’attenzione su di lui. È anche autore dell’intermezzo centrale, Disillusion, mentre i colleghi Anderson e Howe scrivono l’apertura e la chiusura.

Roundabout

Il 1971 si apre con FRAGILE. Un album colossale, che accoglie in formazione Rick Wakeman, virtuoso tastierista che prende il posto di Tony Haye. Wakeman consolida la formazione del periodo classico all’apice del suo splendore, muovendosi con maestria nella traccia di apertura del disco, Roundabout, una vera pietra miliare della tradizione progressive, dove tutti i musicisti si combinano in un incastro perfetto. Esordisce il basso Rickenbacker di Squire, perfettamente modellato sulla chitarra di Howe e l’Organo Hammond di Wakeman. Ma la vera magia sta nella gestione del percorso sonoro, con variazioni repentine, stacchi improvvisi, arrangiamenti più lenti e il sinuoso accompagnamento dei cori. Un brano senza tempo, che continua a sorprendere nonostante sia chiaramente riconoscibile. Piccola curiosità per il lettore: sembra che il titolo sia nato da un viaggio in Scozia, dove Anderson è rimasto sorpreso dall’elevato numero di rotatorie.

Heart Of The Sunrise

Riflettendoci, la band ha raggiunto il suo vero modello con Heart Of The Sunrise. Sembrava avere tutto. Quella era una versione più breve di quello che sarebbe diventato Close to the Edge.

Così il batterista Bill Bruford ha descritto a «Rolling Stone» la traccia di chiusura di FRAGILE. E proprio lui inaugura con un tocco frenetico un brano esteso oltre 10 minuti. Al suo fianco l’indelebile Squire e l’ipnotico Howe, che incalzano con un incedere vulcanico, poi addolcito quando entra in scena Anderson cullato dall’Organo di Wakeman. Con l’usuale e matematica interazione strumentale, il pezzo si trasforma continuamente, abbracciando una musicalità pastorale, che Anderson ha richiamato come desiderio di allontanarsi dalla gabbia metropolitana per trovare pace in campagna.

Close To The Edge

La band si trova a suo agio con brani da maratoneti, tanto da occupare l’intero lato di un album, in una svolta rivoluzionaria per il rock. Così la loro Close To The Edge, title track che nomina il quinto album in studio, aspira a livelli epici con una durata di 18:34 minuti. Questi sono gli Yes, la cui immaginazione e libertà compositive avanzano oltre ogni limite stabilito in precedenza. Alcuni ritengono infatti che CLOSE TO THE EDGE sia lo zenit della band, il punto più alto mai raggiunto in termini di virtuosismo e perizia esecutiva, tale da non potersi più aspettare niente di meglio. Forse è per questo che Bruford, subito dopo la pubblicazione dell’album, ha lasciato i colleghi per unirsi ai King Crimson. Tuttavia il brano non è solo travolgente, ma anche intriso di metafore e simbolismi, ispirato al Signore Degli Anelli e alla Mahavishnu Orchestra, nata nel 1971.

And You And I 

E il tocco orchestrale è quello che affiora dalla prima delle due tracce sul lato B di CLOSE TO THE EDGE. Con la sua dignitosa lunghezza di 10:09 minuti e una quadripartizione come la precedente traccia, And You And I è una ballad sinfonica di profonda bellezza. Delicata ed elegante, si avvale di un andamento bucolico con un’aspirazione spaziale, impreziosita dal Mellotron e dalla slide guitar. In questo modo il pezzo mantiene alto il registro inaugurato dalla traccia del Lato A e lo declina verso una spiritualità paradisiaca. E dalle sue radici folk evolve verso una dimensione sconosciuta e sempre desiderosa di un’esplorazione, incentivata anche dall’affiatamento della band. In questo caso sono Anderson, Howe e Wakeman a tessere le fila della composizione e il chiromantico tastierista ama ancora eseguire questo pezzo dal vivo.

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