Vittorio Nocenzi sull’album “Il 13” deI BMS

“Il 13” è un album importantissimo a livello artistico e storico. Eppure è stato quasi dimenticato; parliamone con Vittorio Nocenzi.

Erano quasi 30 anni che IL 13 non veniva ristampato, tranne in Messico dalla Sol & Deneb Records, solo in Cd, la prima nel 1999 in concomitanza dei concerti del BMS, la seconda nel 2021. Ho convinto Davide Benetti della Universal a ripubblicarlo, prima in vinile rosso per il Record Store Day del 22 aprile 2023 e il 30 giugno in Cd.

 

Perché è stato dimenticato, nonostante la politica bulimica di ristampe?
In fin dei conti, anche per assecondare una mera politica di commerciabilità del prodotto, è l’ultimo album completamente in studio con Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese...


Sì, hai ragione, spesso il luogo comune e l’ovvio trionfano. Per quanto riguarda il Banco si parla quasi solo della trilogia composta dai primi tre album. Questo è dovuto, secondo me, a diversi motivi:
1) Scarsa conoscenza musicale.
2) Priorità ai successi commerciali classici che garantiscono vendite sicure.
3) Non si vuole rischiare niente nelle analisi e si preferisce andare più sul sicuro che azzardare qualche contributo innovativo (è un po’ il peccato originale dei media della globalizzazione).

Quindi io ho apprezzato molto la decisione della Universal di ripubblicare questo album, perché fu frutto di un lavoro intenso! Eravamo determinati a scrivere nuovo materiale solo inseguendo da vicino un’ispirazione autentica, ce lo eravamo prefissi insieme, io e Francesco, in modo categorico. Non volevamo registrare musica perché “dovevamo” farlo, ma si doveva sentire che “volevamo” farlo. Può sembrare un gioco di parole della mente, ma nella realtà è una precondizione centrale, determinante.

Oggi vengono definiti paletti programmatici, e sono ritenuti giustamente determinanti, perché indirizzano chiaramente il tuo lavoro... e lo possono salvare da rischi mortali, uno dei quali è la routine. La produzione esecutiva fu segui ta giorno dopo giorno da Beppe Cova, che mi fu vicino nel mettere in moto ciò che rendeva possibile la veridicità della scrittura della musica, dei testi e degli arrangiamenti. A iniziare dal luogo dove avvennero le registrazioni, tutto doveva es sere vero, autentico. Il Banco voleva dare un segno preciso di esserci ancora... più che mai! Fu per questo che decidemmo di registrare dentro la mia casa di campagna, nella campagna di Genzano (Roma). Era un luogo ampio, comodo, costruito intorno a una vecchia torre quadrata e circondato da vigne e uliveti. Io ormai non ci vivevo più con la mia famiglia, perché ci eravamo spostati nel centro storico del paese.

Organizzammo le registrazioni portandoci la tecnologia necessaria per fare un buon lavoro: mixer, registratori, outboard, microfoni ecc. Insonorizzammo alcuni spazi, utilizzandoli per la regia (la stanza della torre a piano terra) e per le riprese sonore, in modo tale che il lavoro si svolgesse come in un qualunque studio di registrazione top. Ma il farlo dentro la casa dove vivevo veramente, dopo tanti anni di “accampamento” per troppi mesi in altre città e negli studi di registrazione, dava al nuovo disco una prospettiva di comfort decisamente più “umana”.

Era un presupposto che indirizzava la nostra creatività: fu una delle rare volte in cui scrivemmo parole e musica nel momento stesso delle registrazioni, perché normalmente si entrava in studio solo dopo aver completato la scrittura dei brani. E debbo dirti che questa nuova prospettiva logistica (registrare “a casa”) mi riempì di gioia. Per 50 anni ho trascorso lunghi periodi lontano dalla famiglia, “sepolto” in studi dal primo giorno all’ultimo della lavorazione di ognuno degli album del Banco... l’idea di poter realizzare IL 13 dentro la mia casa mi alleggeriva il cuore in maniera notevole. Alla fine di ogni giorno potevo vedere i miei tre figli, magari li trovavo che dormivano quando io tornavo, ma era già meglio che non vederli per mesi di fila. È anche per questo che sono particolarmente affezionato a questa opera, pur se prevale il contenuto artistico, perché lo ritengo uno dei nostri migliori dischi.

 

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Testo e foto: Guido Bellachioma

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