I verdetti di Classic Rock: 5 nuovi dischi recensiti per voi

David Bowie, THE WIDTH OF A CIRCLE

Direttamente dalle nuove pagine di «Classic Rock» n.103, disponibile in tutte le edicole e sul nostro store online, ecco a voi alcune recensioni dei nostri autori più appassionati.

Iceage, SEEK SHELTER

I danesi debuttano sull’etichetta di Jessica Pratt e Cate Le Bon (Mexican Summer) con un disco scomodo e graffiante, in costante bilico tra sonorità post-punk, noise e no wave. Oltre ad aver collaborato con il Lisboa Gospel Collective, si sono rivolti a Pete Kember degli Spacemen 3, meglio conosciuto come Sonic Boom, e a Shawn Everett, ingegnere canadese che ricordiamo a servizio di The Killers e Beck, per donare al nuovo materiale un suono leggendario e l’obiettivo è stato raggiunto in pieno. Scorrendo le tracce del successore di BEYONDLESS, pare infatti di ascoltare un disco di fine anni 70, per quanto sono ruvide le chitarre, ma gli arrangiamenti, tra la solennità degli archi e l’astuzia dell’elettronica, sono freschi, moderni e soprattutto imprevedibili. Shelter Song e High & Hurt segnano un inizio clamoroso, con la voce sensuale e malata di Elias Bender Rønnenfelt in rilievo, mentre Vendetta e The Holding Hand sono costruite su melodie subliminali e crescono alla distanza, ma ogni pezzo rappresenta un sentore di evoluzione e maturità.

A dieci anni dall’esordio NEW BRIGADE, l’aggiunta del chitarrista Casper Morilla Fernandez ha irrobustito il guitar work e le porte del mercato americano potrebbero definitivamente spalancarsi. Alcuni richiami ai classici di Velvet Underground e Stooges sono palesi, si percepiscono anche l’influenza di Nick Cave & the Bad Seeds e Verve e l’acceso confronto con Shame e Preoccupations, ma ciò che traspare dai solchi del disco è una personalità dirompente. Una musicalità incredibile e una sfacciataggine che solo le grandi band possono permettersi. Il rischio che facciano il botto a livello commerciale è altissimo.

Lorenzo Becciani

Iceage, SEEK SHELTER

Blackberry smoke, YOU HEAR GEORGIA

Da vent’anni tengono alta la bandiera del nuovo southern. Con una opener come Live It Down (che ricorda i Black Crowes e Otis Redding), passano poi dalle maestose atmosfere della title-track al blues di Hey Delilah, al country cantautorale di Ain’t The Same, al boogie tirato di All Over The Road. Ospiti d’onore Jamey Johnson nella ballata con resofoniche Lonesome For A Livin’ e Warren Haynes, che fa miagolare la chitarra di All Rise Again. Commovente la ninna nanna arpeggiata di Old Enough To Know, strappamutande il bluesaccio Old Scarecrow, che chiude in honky tonky quest’ottimo lavoro. Assolutamente da vedere live, non appena possibile.

Luca Fassina

Blackberry Smoke, YOU HEAR GEORGIA

Billy Gibbons, HARDWARE

Terzo album solista per il barbuto chitarrista degli ZZ Top, che ripropone la collaborazione con Matt Sorum e Austin Hanks con la quale aveva già dato vita all’ottimo THE BIG BAD BLUES. Prodotto con Mike Fiorentino con il contributo del tecnico del suono Chad Shlosser, HARDWARE è un’alternanza di rock, tanto blues e persino surfWest Coast Junkie non starebbe affatto male in un film di Tarantino, al quale forse hanno pensato realizzando il simpatico video (a me ricorda la serie Misfits). Shuffle, Step & Slide è un titolo che racchiude l’essenza del bluesman: lo shuffle è il marchio di fabbrica del blues, che Billy adora suonare in slide, e i due elementi, se ben combinati, assicurano una bella serata di quelle in cui il pubblico impazzisce e inizia a ballare.

Spazio anche per la cover di Hey Baby, Que Paso dei Texas Tornados e per l’ospitata, in una Stackin’ Bones carica e a tratti be-bop, delle Larkin Poe delle sorelle Megan e Rebecca Lovell (moglie del chitarrista blues Tyler Bryant), delle quali Billy è un sincero ammiratore sin dal concerto benefico Love Rocks NYC nel 2019. Molto coinvolgente la ballata Vagabond Man, una delle ultime composte, nata dalla riflessione sui cinquant’anni passati on the road e di come a volte possa essere solitario viaggiare da una città all’altra ogni sera, vivendo come un homeless; uno dei momenti di maggior poesia assieme alla spoken word di Desert High: dedicata alla memoria di Gram Parsons, scomparso nel 1973 a Joshua Tree, vicino al luogo in cui l’album è stato inciso. Un lavoro che ci terrà compagnia mentre aspettiamo il nuovo album degli ZZ Top, in via di scrittura.

Luca Fassina

Billy Gibbons, HARDWARE

Toto, WITH A LITTLE HELP FROM MY FRIENDS

Un live dei Toto senza Africa? Qualcuno, forse, storcerà la bocca, ma gli altri classici ci sono tutti: Hold The Line, Pamela, Stop Loving You, Rosanna... È un live speciale, la presentazione della nuova line-up con cui Steve Lukather, Joseph Williams e David Paich proseguono l’avventura dei Toto, registrato la sera del 21/4/2020 a Los Angeles e disponibile come Cd, Lp, Dvd e Blu-ray: uno di quei dischi dal vivo con un suono da album di studio e una sfilza di impeccabili esecuzioni di canzoni favolose che ci ricordano un’epoca in cui il rock “commerciale” (come lo definivano i critici con la puzza al naso) sapeva essere raffinato e potente.

Giuseppe de Felice

Toto, WITH A LITTLE HELP FROM MY FRIENDS

David Bowie, THE WIDTH OF A CIRCLE

Si pensava che le celebrazioni per i 50 anni di THE MAN WHO SOLD THE WORLD si fossero esaurite con il deludente METROBOLIST ma invece, a sorpresa, arriva ora questo ben più allettante doppio Cd che copre il periodo (disordinato ma pregno di intuizioni e collaborazioni) precedente a THE MAN..., proponendo, per una volta, diversi inediti. Cronologicamente, i primi brani sono i 5 che aprono il Cd 2, realizzati a inizio 1970 con il tastierista Michael Garrett per lo show di Lindsay Kemp Pierrot in Turquoise: il remake minimal per voce e organo di When I Live My Dream con annessa reprise, il cabaret di Threepenny Pierrot (London Bye, Ta-Ta con liriche diverse) e due bozzetti in stile folk (Columbine e The Mirror). Da qui si passa alla “storica” ses-sion con John Peel del 5 febbraio 1970, quella con Mick Ronson per la prima volta alla chitarra.

Sei dei 14 pezzi erano già apparsi su BOWIE AT THE BEEB. Qui però si possono ascoltare anche le restanti 8 tracce, tra cui spiccano ben due cover di Biff Rose, comico/cantautore californiano per il quale Bowie nutriva una quasi-venerazione: la rarissima Buzz The Fuzz e una Fill Your Heart che per freschezza e slancio interpretativo è preferibile a quella presente su HUNKY DORY. E anche l’altra BBC session sul Cd 2, quella del 25 marzo 1970 all’Andy Ferris Show, è presentata qui “completa” della cover di Waiting For The Man dei Velvet Underground “glammizzata” e di una The Width Of A Circle ancora in nuce. Una dozzina di riempitivi (di base: remix 2020 dei singoli dell’epoca) chiudono il quadro di un’uscita di grande valore storico, consigliata soprattutto ai fan più accaniti del Duca Bianco.

Francesco Donadio

David Bowie, THE WIDTH OF A CIRCLE

Questo articolo è tratto da «Classic Rock» n.103, disponibile in tutte le edicole e sul nostro store online, dove potrai scoprire anche i numeri che potresti aver perso.

Classic Rock Italia 103 Sprea Editori
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