Willie Dixon: il bluesman che ispirò Led Zeppelin e Rolling Stones

Dietro le fila musicali della Chicago anni '40 affiora l'iconico nome di Willie Dixon, contrabbassista, cantautore e produttore che ha illuminato la strada alle giovani rock band della Swinging London anni '60, saziando la loro fame di blues. 

Negli anni Sessanta Willie Dixon ha cinquant'anni, una rodata carriera alle spalle e un pubblico di giovani musicisti affamati di blues. Ecco dunque che il 20 novembre 1964, i Rolling Stones, guidati dall'euforia di Mick Jagger, si esibiscono in tv a Ready, Steady Go! sulle note di Little Red RoosterMa forse pochi sanno che in origine il pezzo si intitolava The Red Rooster e apparteneva a Howlin' Wolf, che a sua volta l'ha ottenuto dalle abilità compositive di Dixon. Perché la carriera come musicista, cantautore e arrangiatore del bluesman del Mississipi dava a Dixon un valore peculiare come artista. E il blues era stata la salvezza per un ragazzo cresciuto negli anni Venti nel cuore di un'America ancora orribilmente connotata in chiave razzista. Dixon non si aspettava che l'Inghilterra anni Sessanta e il rock 'n roll gli sarebbero stati così debitori. 

Nella palpitante Swinging London i musicisti forgiavano il sound del domani su capisaldi della tradizione come Dixon. Lo racconta Giorgio Gomelsky, nota firma produttiva degli Stones e degli Yardbirds, descrivendo gli incontri indimenticabili delle giovani band al Crawdaddy Club di Londra

C'erano Howlin' Wolf, Sonny Boy e Willie Dixon, tutti e tre seduti su questo divano... Willie stava cantando e battendo sullo schienale della sedia e Sonny Boy suonava l'armonica e così inventavano nuove canzoni. In una certa misura, è per questo che la gente conosceva quelle canzoni e le registrava in seguito. Ricordo che 300 Pounds Of Joy, Little Red Rooster, You Shook Me erano tutte canzoni che Willie trasmise in quel momento. Jimmy Page veniva spesso, gli Yardbirds, Brian Jones...

In particolare il compianto chitarrista dei Rolling Stones vedeva nel blues una promessa e il centro propulsore verso cui spinse la sua band agli esordi, nonostante i produttori sostenessero fosse un suicidio commerciale. Lo stesso Dixon, come riportato nella biografia I Am The Blues di Don Snowden, afferma: 

I ragazzi venivano e dicevano che a loro piaceva la nostra musica e volevano cantare la nostra musica. A volte la scrivevo per loro. A volte la mettevo su un nastro. È così che i Rolling Stones e gli Yardbirds hanno ottenuto le loro canzoni.

Ma i futuri Led Zeppelin si sono spinti un po' oltre con l'ispirazione compositiva, tanto che Dixon ha citato in giudizio la band per violazione di copyright in due situazioni. La prima per la canzone Bring It Homedove a muoversi è stata la Arc Music, che ha cercato di non far avere un soldo a Dixon. La seconda per la celebre Whole Lotta Loveche Dixon ha ricondotto alla sua You Bring LoveTuttavia, seppur accompagnati da peripezie legali, questi esempi mostrano quanto fosse fondativo il ruolo di Dixon. E pensare che quest'ultimo, alla fine degli anni Cinquanta, stentava a mettere insieme $100 a settimana per mantenere la sua famiglia. Era ciò che rimaneva dell'epoca della Chess Records dei fratelli Chess, con cui Dixon aveva spiccato il volo negli anni Quaranta. 

Così Dixon ha consolidato le basi su cui sono nate due band simboliche del rock 'n roll. Tuttavia, come i migliori, il bluesman rimane il burattinaio dietro le quinte che, nel corso della sua vita, ha accettato i compromessi di un'industria musicale ingiusta. E se il suo nome rimane nascosto tra le pieghe del tempo, la sua eredità rivive nelle canzoni di coloro che lo elessero a divinità del blues. Lo confermano anche due dei massimi riconoscimenti per un musicista: la Blues Hall Of Fame (1980) e la Rock And Roll Hall Fame (1994)

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