Da un lato un regista premio Oscar che vuole trasporre sullo schermo l'autobiografia di Steve Jones, dall'altro il frontman dei Sex Pistols, John Lyndon, che rivendica l'ultima parola sull'uso delle canzoni. Come andrà a finire?
Un terremoto sta scuotendo i già fragili equilibri dei rimanenti Sex Pistols in una guerra di Johny Lyndon aka Johnny Rotten contro gli ex colleghi Steve Jones e Paul Cook. Sul piatto c'è la narrazione sullo schermo della frenetica vita dei Sex Pistols, prossima a essere protagonista della serie TV in sei episodi Pistol. Questa verrà trasmessa sul canale FX nel 2022 ed è diretta dalle sapienti mani di Danny Boyle, autore dell'ipnotico e periferico immaginario cult di Trainspotting (1996), sullo sfondo della Edimburgo divorata dalla tossicodipendenza. Ancora una volta Boyle sceglie un gruppo di ragazzi protesi in un turbine autodistruttivo, memori dell'eterna figura punk di Sid Vicious. E i Sex Pistols, seppur catapultati in una famelica e febbrile carriera, spentosi poco dopo aver lanciato una rivoluzione, hanno una delle storie rock più interessanti da raccontare, ma non a tutti piace com'è stata descritta.
Lyndon infatti ha storto il naso sull'autobiografia del chitarrista Jones, che è stata il punto di partenza per la realizzazione del progetto. Si intitola Lonely Boy: Tales From a Sex Pistol (2016) e non offre un ritratto particolarmente allettante del frontman, descrivendolo come "un fastidioso teppistello". Niente di nuovo se pensiamo all'irriverenza, alla schiettezza e alla spregiudicatezza con sui i Sex Pistols sono diventati i cavalieri anarchici di una nuova Gran Breatagna musicale dopo l'epopea progressive. La loro affermazione è stata distruzione degli stilemi tradizionali, al pari di una vera avanguardia artistica. E ora la battaglia continua in tribunale. Lyndon ha infatti portato gli ex colleghi davanti al giudice per una questione preminente.
Questa riguarda l'utilizzo delle canzoni del gruppo nella serie TV, a cui Jones e Cook hanno dato il rispettivo benestare, dichiarando chiusa la questione. Peccato che Lyndon insista che la sua ultima parola sia decisiva. E si tratterebbe anche di un'opinione accettabile se non fosse che, nel 1998, i tre musicisti hanno firmato un accordo per cui tutti gli accordi di concessione di licenza sarebbero stati stipulati in accordo al volere della maggioranza. Ma democrazia e anarchia non vanno d'accordo, come evidenziato anche dall'avvocato di Jones e Cook, Edmund Cullen, che ha sottolineato la fragilità e la precarietà del rapporto tra i musicisti. Per ora la questione è in sospeso e verrà dibattuta ancora la prossima settimana. Ma Lyndon non demorde e il suo intento è quello di portare anche Boyle e la produzione alla sbarra.
Penso che questa sia la schifezza più oltraggiosa che abbia mai dovuto sopportare. Sono arrivati al punto di ingaggiare un attore per interpretarmi ma su cosa sta lavorando questo tizio? Sicuramente non sul mio personaggio. Questa storia non può finire in un posto diverso se non in tribunale.
Insomma, Lyndon sembra non accogliere bene il tradizionale itinere tra realtà e finzione attoriale del cinema. Sullo schermo il suo ruolo sarà interpretato da Anson Boon, già sullo schermo con il film candidato agli Oscar, 1917. E possiamo già preannunciare che il rapporto tra lui e Lyndon non sarà idilliaco come quello tra l'attore Douglas Booth e Nikki Sixx. Magari con il tempo Lyndon accetterà il compromesso.