Eroi per una notte: quella festa per Bowie raccontata da chi c’era

David Bowie during David Bowie’s 50th Birthday Celebration Concert at Madison Square Garden in New York City, New York, United States. (Photo by KMazur/WireImage)

Nel 1997, David Bowie invitò personalmente al Madison Square Garden alcune star per un concerto/festa in occasione dei suoi 50 anni. Ecco cosa accadde, la magia e i ricordi...

Testo: Niall Doherty

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Per tutti gli anni 90, David Bowie lavorò per rimettersi in riga. Nel decennio precedente era pericolosamente prossimo a darsi per scontato, ma il pensiero di ritrovarsi a suonare e risuonare i classici per il resto della vita, sfruttando la nostalgia dei fan, lo spinse a rimettersi in gioco. Nei cinque dischi pubblicati tra il 1993 e il 1999, Bowie tornò a spalancare i suoi orizzonti musicali, sperimentando col drum’n’bass, la jungle, panorami sonori industrial, jazz, electro rock e molto altro. Ancora una volta, insomma, Bowie si reinventava, come nessun altro sapeva fare.

Ma in mezzo a questo coraggioso andare avanti, ci fu una notte in cui si concesse il lusso di una autocelebrazione. Accadde il 9 gennaio 1997, quando Bowie, il suo gruppo e alcuni ospiti di livello stellare si radunarono al Madison Square Garden di New York, per festeggiare il suo 50esimo compleanno (che in effetti era stato il giorno prima). Il concerto vide lo Starman dividere il palco con Foo Fighters, Robert Smith, Billy Corgan, Frank Black, Sonic Youth e Lou Reed per una setlist che comprendeva brani vecchi e nuovi, alcuni classici e alcuni che lo sarebbero diventati.

Non mi sarei mai aspettato, alla mia età, di avere una tale fame di vita”, dichiarò Bowie al «New York Daily News». “Pensavo, come tutti i grandi eroi romantici, di aver dato tutto. Ma non è cambiato nulla. Mi sento ancora carico”. Etichettato come David Bowie and Friends: A Very Special Concert, lo show sold out fu trasmesso dalla Pay-Per-View negli USA, e gli incassi sia dei biglietti che della Pay-Per-View andarono a Save The Children. A ripensarci oggi, 25 anni dopo, sembra quasi troppo bello: un gruppo di star la cui fama travalicava le generazioni, unito per onorare la più grande di tutte. Ma chi era presente può testimoniare che accadde. Accadde davvero.

Thurston Moore, Kim Gordon, Dave Grohl, Robert Smith, David Bowie, Billy Corgan, Pat Smear, Kim Gordon and guests (Photo by Kevin Mazur Archive/WireImage)

Kim Gordon (bassista/chitarrista/cantante, SonicYouth): Ci sentimmo lusingati e onorati di essere stati invitati. Mi sento sempre un po’ fuori posto, in situazioni del genere. Psicologicamente fu grandioso, perché non ci consideravamo parte del mainstream. Ammiravamo Bowie, per cui fummo davvero colpiti che ci avesse chiesto di suonare per la sua festa di compleanno.

Brian Molko (cantante, Placebo): Ricordo che Bowie era affascinante e molto affabile. Un po’ come quando incontri il presidente: ti fa sentire come la persona più importante nella stanza. In questo David era bravissimo. Non importava se eri Bono o un semplice fattorino.

Nate Mendel (bassista, Foo Fighters): Per noi fu un momento molto importante, perché fu l’ultima volta che William Goldsmith, il nostro primo batterista, suonò col gruppo. Era la nostra prima volta al Madison Square Garden, la prima volta che incontravamo Bowie, la prima volta che suonavamo su un palco così immenso. Eravamo più o meno a metà delle registrazioni di THE COLOUR AND THE SHAPE, per cui uscimmo dallo studio in cui ci eravamo rintanati, arrivammo a New York, incontrammo una leggenda vivente, e avemmo tutte queste prime volte. Fu una cosa incredibile. Eravamo eccitatissimi.

Dave Grohl of Foo Fighters and Nirvana (Photo by Kevin Mazur/WireImage)

Mike Garson (pianista): Be’, gli ospiti erano cresciuti tutti ascoltando David, giusto? Per cui lui era il Re. E loro i futuri Re e Principi. Ma erano tutti nervosi, e felici di essere stati invitati. Tutti molto rispettosi e nessuno che volesse primeggiare. L’atmosfera era: “Siamo una squadra, dobbiamo fare un concerto memorabile”.

Mike Garson: Erano tutti preparatissimi. Ogni cantante avrebbe potuto fare la propria canzone anche senza David. Conoscevano i testi, ed erano carichi.

Tim Pope: Ricordo di aver visto David e Robert Smith esibirsi assieme per la prima volta, e Bowie disse: “Oh, Smith e Jones di nuovo assieme!”. David mi disse anche: “Probabilmente viene anche Madonna, ma non lo sapremo fino a quando non andremo in scena”.

Reeves Gabrels: Non sapevamo che Madonna sarebbe dovuta venire. O Courtney Love. L’idea di Madonna che cantava The Jean Genie non mi faceva impazzire. Mia opinione, chiaro. Ma alla fine Madonna non ce la fece, e Courtney non si fece vedere.

Tim Pope: Un giorno Bowie mi disse: “Ah, oggi viene Lou Reed”.

Reeves Gabrels: Eravamo tutti intimiditi da Lou Reed. Non David. Ma noi giovinastri ci dicevamo: “Non far incazzare papà!”. Lou era un brontolone. Non ridicolo, ma solo un newyorkese un po’ ingrugnato. E io ho dovuto insegnargli Queen Bitch. Suonavamo, e continuava a sbagliare un accordo. Io glieli avevo scritti, e così gli dissi: “Ma hai dei problemi con un accordo?”. “Sì, questo”. E lo indicò. “Be’, ma è un RE maggiore”. “No. Non è un RE maggiore. È una parodia di RE. Sembra un RA”. Allora lo corressi leggermente, e gli dissi: “Ora va meglio Lou?”. “Sì. Molto meglio”. Non so se lo faceva solo per cazzeggiare.

Reeves Gabrels: Il backstage era elettrico. Si sentiva. Era la prima volta che stavano tutti insieme. Era come una festa di compleanno, quelle feste a sorpresa quando cerchi di mantenere il segreto ma sono tutti straeccitati. Solo che in questo caso la sorpresa era per il pubblico, perché David sapeva benissimo cosa sarebbe successo.

Lou Reed and David Bowie during David Bowie's 50th Birthday Celebration Concert at Madison Square Garden in New York City, New York, United States. (Photo by KMazur/WireImage)

Reeves Gabrels: Quando partì il concerto, fu come ritrovarsi legati a un razzo lanciato a tutta velocità. Ogni tanto davo un’occhiata in giro per il palco e [la bassista] Gail Ann Dorsey mi fissava con gli occhi spalancati alla “cazzocazzocazzo!”.

Mike Garson: In quel momento eravamo un gruppo favoloso: Reeves, io, Gail e [il batterista] Zack Alford. Ho suonato in tredici gruppi di sup-porto a Bowie dal 1972, e quello era il mio preferito. Mi stavo divertendo. Quella sera fu come le altre, con in più la magia del suo compleanno. Tirammo fuori una torta e io suonai Happy Birthday. Era rilassato. Era David Bowie. Era Re Mida, e qualsiasi cosa toccasse la trasformava in magia.

NEW YORK - JANUARY 09 : Singer David Bowie performs on stage during his 50th birthday benefit concert held at Madison Square Garden in New York City on January 09, 1997. (Photo by George De Sota/Redferns)

La setlist della serata:

LITTLE WONDER

THE HEARTS FILTHY LESSON

SCARY MONSTERS (AND SUPER-CREEPS) (con Frank Black)

FASHION (con Frank Black)

TELLING LIES

HALLO SPACEBOY (con i Foo Fighters)

SEVEN YEARS IN TIBET (con Dave Grohl)

THE MAN WHO SOLD THE WORLD

THE LAST THING YOU SHOULD DO (con Robert Smith)

QUICKSAND (con Robert Smith)

BATTLE FOR BRITAIN (con The Letter)

THE VOYEUR FOR UTTER DESTRUCTION (AS BEAUTY)

I’M AFRAID OF AMERICANS (con i Sonic Youth)

LOOKING FOR SATELLITES

UNDER PRESSURE

“HEROES”

QUEEN BITCH (con Lou Reed)

I’M WAITING FOR MY MAN (con Lou Reed)

DIRTY BLVD. (con Lou Reed)

WHITE LIGHT / WHITE HEAT (con Lou Reed)

MOONAGE DAYDREAM

ALL THE YOUNG DUDES (con Billy Corgan)

THE JEAN GENIE (con Billy Corgan)

SPACE ODDITY

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