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Il regno oscuro dei King Crimson | PROG GLORIE

di Maurizio Maus Principato

Un’aura di profonda ammirazione, timoroso rispetto e devota reverenza ha circondato i King Crimson di Robert Fripp sin dal loro debutto, l’album “In The Court Of The Crimson King”, uscito il 10 ottobre 1969. I King Crimson: o li si ama o li si odia, non ci sono mezzi termini, è così da 44 anni. La loro influenza è stata profonda e classificarli come un gruppo progressive è riduttivo. Ma chi, o meglio, cosa sono i King Crimson? Lo abbiamo chiesto a Fripp, straordinario chitarrista e cofondatore della band, che nel corso del tempo ne è diventato il leader maximo. «Non esiste un’unica risposta ma ci sono diversi approcci alla questione. Possiamo analizzare l’oggetto ‘King Crimson’ in uno dei seguenti modi: degli individui che operano in uno o più gruppi; uno o più gruppi di individui che cooperano; una società inserita in un microcosmo; una struttura commerciale, destinata cioè a produrre reddito; un luogo dove si incontrano il possibile e l’impossibile o lo spirito e la materia; una scuola di apprendimento empirico, basata sull’esperienza e sulla pratica; un repertorio musicale; un modo di fare le cose. King Crimson non è solo la musica, inafferrabile eppure riconoscibile, dei King Crimson. Questa ‘creatura’ è vissuta abbastanza per superare ogni aspettativa iniziale».


Per chi crede nel motto ‘la libertà è dentro la struttura’, le indicazioni di Fripp saranno sicuramente utili: lui decide come muoversi, il potenziale ascoltatore agirà di conseguenza e, alla domanda “Chi o cosa sono in King Crimson?”, non potrà che rispondere: un enigma.

The best

«Quando iniziammo avevamo un solo obiettivo: essere il migliore gruppo del mondo e diventare una leggenda» ha dichiarato Robert Fripp, aggiungendo: «Greg Lake, Ian McDonald, Michael Giles e io intendevamo raggiungere un apice creativo, pertanto la parola ‘migliore’ è da intendersi in questo senso. Nella cultura popolare, invece, ‘migliore’ è sinonimo di ‘successo’, a sua volta sinonimo di grossi guadagni. Però quando ci sono grossi guadagni la creatività si dissolve».

Schizoid show

9 aprile 1969. Allo Speakeasy (Margaret Street n. 48, nei pressi di Oxford Circus, Londra) salì sul palco una nuova band, i King Crimson. Tra il pubblico c’erano parecchi musicisti, tra cui Ginger Baker (Cream), i Moody Blues, i Manfred Mann e gli Yes. Il batterista di questi ultimi, Bill Bruford, stava mangiando un sandwich innaffiato da whisky e cola. All’improvviso il silenzio scese nel locale e Bruford smise istintivamente di masticare. Le cameriere interruppero il servizio. I musicisti sul palco, ognuno al proprio strumento, erano immobili, con lo sguardo in un punto lontano ma indefinito: per un lungo, interminabile minuto nessun di loro produsse i soliti ‘rumori di assestamento’ che precedono uno show: il batterista che scalcia alla grancassa, il chitarrista che accenna un fraseggio velocissimo per far capire quanto è bravo, il cantante che dice qualche parola al microfono per verificare che sia acceso. Di colpo partì “21st Century Schizoid Man” e il pubblico fu letteralmente spalmato sulle pareti dello Speakeasy. Un testo crudo e allucinato scritto dal poeta Pete Sinfield e cantato da Greg Lake tratteggiava l’avvento di un nuovo oscurantismo. Nel tema portante del brano, la musica era una violenta celebrazione del suono distorto, metafora di una condizione di umana sofferenza. La sezione centrale del pezzo, denominata “Mirrors”, si apriva con un frenetico space-rock in 6/8 arricchito da cadenze jazz.

Le dissonanze del sax di Ian McDonald e i fraseggi iper-cinetici della chitarra di Robert Fripp si muovevano sulle fluide linee di basso di Greg Lake e sul frenetico drumming sincopato di Michael Giles. Poi il brano tornava su parti cantate per concludersi nel frastuono assoluto, trascinando il pubblico nel caos che evocava la condizione di totale disfacimento cerebrale e psichico dell’uomo schizoide del 21esimo secolo.

…continua nel secondo numero di Prog Glorie, dal 4 agosto in edicola e online!

Mila Spada

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