I The Who sbarcano in America
Uno scontro all’ultimo sangue: The Who contro l'America.
Dal bagno esalava un fetore asfissiante: era l’odore di carne putrefatta mischiata all’afrore rancido di sigarette e alcool vecchio di giorni. L’inserviente spinse il carrello per le pulizie attraverso la porta e precipitò nel buio assoluto. Era giorno, ma il precedente occupante, Keith Moon, aveva lasciato le tapparelle chiuse, come a celare le prove di un qualche crimine spregevole. L’inserviente aprì la porta del bagno con una certa apprensione. Gli occhi le caddero prima sulla vasca da bagno mezza vuota, poi sull’acqua sul pavimento. Infine lo vide – avvolto nella carta igienica e posato sul coperchio della tazza, come il peggior regalo di compleanno possibile, un piranha morto, con i denti stirati in un terrificante ghigno dettato dal rigor mortis.
Era il luglio del 1967. Gli Who erano in tour negli USA come gruppo di apertura di un gruppo inglese, gli Herman’s Hermits, e Keith Moon aveva comprato il pesce da un negozio di animali del posto. È tutto vero. E l’albergo era a Vancouver. O forse era Oklahoma City?
The Who: un viaggio in America fra mito, leggenda e distruzione
Quando si parla degli Who e di Keith Moon, il mito e la leggenda regnano indiscussi. Harvey Lisberg, all’epoca manager degli Herman’s Hermits, era anche lui in tour e ricorda l’incidente – più o meno. “Un piranha?”, ci dice oggi. “Ah sì. Avevo sentito del piranha. Ma a dire la verità credevo ce ne fosse più d’uno”.
Il tour degli Who dell’estate 1967 fu quello in cui Keith Moon uccise almeno un pesce di acqua dolce onnivoro e – se le voci sono vere – fece esplodere la tazza del cesso di un albergo e poi festeggiò il suo ventunesimo compleanno guidando una Lincoln Continental dentro la piscina di un altro albergo. O no? Una cosa è sicura: gli Who andarono negli USA promettendo di “lasciare il segno”. Lo fecero. Dopo tre mesi di concerti lasciarono il Paese, non senza un tentativo di farsi esplodere in diretta tv nazionale. Un’America ferita e stravolta non li avrebbe dimenticati tanto presto.
In effetti, era un autentico miracolo che gli Who fossero riusciti anche solo ad arrivare negli USA. Giunti al 1967, per poco non si erano già sciolti. Due volte. I successi, compresi My Generation e Substitute, avevano aiutato la band a ricompattarsi, ma i rapporti tra di loro restavano diciamo… tesi. Da una parte c’erano Keith Moon, il bassista John Entwistle e il chitarrista e direttore creativo Pete Townshend, che sguazzavano in qualsiasi cosa si potesse sniffare, ingoiare, iniettare e assumere in qualsiasi altro modo possibile. Dall’altra c’era il cantante Roger Daltrey, del tutto contrario all’uso di droghe.
The Who: l'innata capacità di scioccare e terrorizzare il pubblico dal vivo
La prima crisi avvenne nel 1965, quando Daltrey fu licenziato dopo aver dato un cazzotto a un Moon strafatto nel backstage di un concerto in Danimarca. L’anno successivo, dopo una difficile riconciliazione, il cantante se ne andò da solo. Non si trovava a proprio agio negli Who e voleva fondare un suo gruppo più orientato verso il soul. Ma ancora una volta tornò nella “famiglia disfunzionale”. Lo stile compositivo di Townshend ormai aveva portato gli Who molto lontano dal classico r&b suonato dai ragazzi bianchi inglesi dell’epoca. Il loro secondo disco, A QUICK ONE, pubblicato nell’inverno del 1966, comprendeva A Quick One While He’s Away, oscuro racconto di infedeltà sessuale e primo tentativo di Townshend di creare un’opera rock.
Di lì a poco I’m A Boy, che parlava di un ragazzo costretto a vestirsi da donna, e Pictures Of Lily, un inno alla masturbazione, riportarono gli Who nelle classifiche inglesi dei singoli. Ma Daltrey non era sicuro di poter rendere al meglio gli strani testi di Townshend. In effetti, la sola cosa di cui gli Who erano certi era la loro capacità di scioccare e terrorizzare il pubblico dal vivo. Lo avevano mpiamente dimostrato al Monterey Pop Festival in California nel giugno del ’67: alla faccia dei richiami alla pace, all’amore e ai fiori nei cannoni, la loro esibizione era culminata con Townshend e Moon che distruggevano i rispettivi strumenti. Il pubblico ne era rimasto stravolto e affascinato.
Sulla carta, i loro partner nel tour, gli Herman’s Hermits, erano i perfetti anti-Who: un gruppo pop carino e sorridente, guidato da Peter Noone, un bel ragazzo apparentemente innocuo, gli Hermits non cantavano di crossdresser e masturbazione. Preferivano puntare sulla buona vecchia tradizione melodica, con brani che parlavano di belle ragazze – si spera vestite da ragazze. “I gruppi erano totalmente incompatibili, ma la cosa non importava”, dice Lisberg. “Gli Herman’s Hermits erano molto più importanti e gli Who dovevano fare un po’ di gavetta negli USA”. Townshend, un genio delle public relations, creò subito un caso, attaccando gli Hermits sulle pagine della rivista USA per adolescenti 16: “Questi Herman’s Hermits sono il gruppo più famoso in America”, sentenziò.
“La mia missione è liberare il mondo da questa merda”.