Innegabile che Eunice Kathleen Waymon in arte Nina Simone, scomparsa appena settantenne ventuno anni fa, sia stata una delle figure più carismatiche e influenti della musica del secolo scorso; non esattamente una madre di quello che per semplicità chiamiamo “rock”, dato che la sua discografia fu inaugurata nel 1959, ma una sorta di madrina senza dubbio sì, alla luce di quanti nell’ambito le hanno reso omaggio in mille modi diversi. Pianista, eclettica compositrice, arrangiatrice, performer assai poco convenzionale, attivista e soprattutto (?) cantante dalla voce duttile e tremendamente suggestiva, la Signora non ha mai avuto successi davvero significativi nelle classifiche, ma ha tuttavia impresso un segno profondo nella Storia, divenendo a tutti gli effetti un’icona.
In questo magnifico cofanetto di otto Cd confezionato da uno dei tanti sottomarchi della Cherry Red sono contenuti – con l’aggiunta di qualche bonus dagli archivi – altrettanti album, quelli pubblicati in origine dalla Colpix tra il 1959 e il 1964: in pratica, tutta la produzione iniziale (manca solo il debutto LITTLE GIRL BLUE, su Bethlehem), per un totale di ben centosette brani. Nelle sue sette ore, le doti di interprete e (in misura minore) autrice dell’artista emergono prorompenti, alla pari della sua straordinaria capacità di spaziare con estrema naturalezza fra il jazz e il blues/r&b, il soul e il folk, il gospel e la classica, non senza deviazioni verso il pop (“alto”, va da sé). I suoi lavori più celebrati, è noto, sono quelli editi tra il 1965 e il 1969 prima dalla Philips e poi dalla RCA, ma in questi reperti “giovanili” (le virgolette ci stanno: quando si affrancò dalla Colpix, Nina Simone aveva trent’anni) vantano già tutte le caratteristiche che l’hanno resa grande. Anzi, immensa.