Lorenzo Becciani - Stone Music https://stonemusic.it Il Portale in cui batte un vero cuore rock Fri, 28 Apr 2023 18:43:17 +0000 it-IT hourly 1 https://i1.wp.com/stonemusic.it/wp-content/uploads/2019/05/cropped-favicon-1.png?fit=32%2C32&ssl=1 Lorenzo Becciani - Stone Music https://stonemusic.it 32 32 178453812 Live Review – Blazing World, The Osiris Club https://stonemusic.it/62962/osiris-club-live-review/ https://stonemusic.it/62962/osiris-club-live-review/#respond Fri, 28 Apr 2023 18:41:11 +0000 https://stonemusic.it/?p=62962 La nostra recensione di Blazing World degli Osiris Club, opera prima della band londinese prog rock.

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Artista: The Osiris Club

Titolo: Blazing World

Etichetta: INDIE RECORDINGS

Autore: Lorenzo Becciani

The osiris club Blazing world
The Osiris Club - Blazing world

Maestri dell’occulto
L’opera prima di questi londinesi, ensemble prog rock guidato dal batterista degli Angel Witch, Andrew Prestridge (al microfono l’ex Peach Simon Oakes, a chitarre e synth Chris Fullard, anch’egli in passato alla corte di Kevin Heybourne), è uno dei migliori esempi di sempre di fusione tra hard prog anni Settanta, post punk e art rock.
Le influenze di King Crimson, Goblin e primi Genesis appaiono evidenti, ma ciò non impedisce all’impianto strumentale di risultare originale, con pezzi immediati come That’s Not Like You e The Bells alternati ad architetture sonore più complesse.
L’oscuro concept è sviluppato secondo i dettami di Margaret Cavendish, scrittrice e filosofa del XVII secolo passata alla storia per Blazing World, primo racconto utopico con una donna come protagonista. Il mixaggio di Randall Dunn (SUNN O))), Lesbian) esalta il profilo avanguardistico del lavoro, che recupera certe idee degli Zoltan e trova la massima compiutezza con Solid Glass e Seize Decay.

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God Save the PUNK: gli Offspring sono tornati (e noi li abbiamo intervistati) https://stonemusic.it/53256/god-save-the-punk-gli-offspring-sono-tornati-e-noi-li-abbiamo-intervistati/ https://stonemusic.it/53256/god-save-the-punk-gli-offspring-sono-tornati-e-noi-li-abbiamo-intervistati/#respond Tue, 27 Apr 2021 16:00:48 +0000 https://stonemusic.it/?p=53256 Il punk aveva bisogno di loro e gli Offspring sono tornati con un disco avvincente e ricco di…

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Il punk aveva bisogno di loro e gli Offspring sono tornati con un disco avvincente e ricco di sorprese.

Intervista: Lorenzo Becciani

Non ero ancora maggiorenne quando cominciai a frequentare il Cencio’s di Prato, uno dei locali fondamentali per capire cos’era la scena rock italiana nella prima metà dei 90’s, e nel giro di un paio di anni SMASH scatenò un vero putiferio. Improvvisamente canzoni come Come Out And Play, Self Esteem e Gotta Get Away diventarono gli inni di un’intera generazione e si convertì al punk anche chi non aveva la minima idea di cosa si trattasse. IXNAY ON THE HOMBRE e AMERICANA sono riusciti a mantenere i californiani a livelli elevati di popolarità ma, a partire da CONSPIRACY OF ONE, anche loro hanno dovuto cedere il passo a nuovi trend.

I giudizi contrastanti ottenuti da DAYS GO BY hanno probabilmente convinto Dexter Holland e soci a prendersi più tempo del previsto prima di tornare nei negozi. La causa legale intentata dall’ex membro Greg Kriesel non ha certo aiutato, così come l’inattesa emergenza sanitaria. Abbiamo così dovuto attendere quasi dieci anni per ascoltare una nuova manciata di canzoni, ma LET THE BAD TIMES ROLL è un disco in grado di scuotere una scena punk messa alle strette dalla sospensione dell’attività dal vivo, oltre che un’attestazione di forza e una base di partenza per dare continuità alla propria discografia con un monito preciso: non guardarsi mai alle spalle.

Quando uscì, SMASH cambiò letteralmente la mia vita e il modo di vedere il punk di tanta gente. Adesso, dopo un quarto di secolo, il punk va ancora forte e voi siete in grande forma. Qual è il segreto di tale longevità?

(Kevin “Noodles” Wasserman): Credo sia soprattutto il fatto che amiamo quello che facciamo. Ci piace scrivere musica, suonare dal vivo e viaggiare per il mondo. Ci fa sentire giovani.

Come avete trovato la scena punk dopo tutto questo tempo?

(N): Ci sono tante band in giro. Sei-sette anni fa ho cominciato ad andare per concerti con mio figlio e mi sono reso conto che la scena è ancora vibrante. Tanti adolescenti che suonano ma anche vecchie band che amiamo da sempre come X o Fear, con cui abbiamo suonato di recente. Probabilmente, la scena non è stata mai forte come in questo periodo.

Perché avete aspettato così tanto a tornare nei negozi?

(Dexter Holland): Sono tornato a scuola per un po’ di tempo. Ho acquisito il dottorato in biologia molecolare e le procedure hanno subito un rallentamento. Inoltre abbiamo registrato il materiale tra un tour e l’altro e poi, inevitabilmente, la pandemia ha rinviato l’u- scita del disco. Amo stare in studio ed essere creativo, ma in questo momento mi manca la connessione con i nostri fan.

(N): Quando è scattata l’emergenza sanitaria stavamo lavorando agli ultimi dettagli del disco. Dopo circa un anno abbiamo deciso di farlo uscire comunque e di non aspettare più. Volevamo che i nostri fan ascoltassero le nuove canzoni.

La title-track è geniale. Com’è nato il contrasto tra un testo così inquietante e un chorus pop?

(D): È una canzone molto importante per noi, perché il messaggio è serio: il mondo sta andando a rotoli e abbiamo pensato di scrivere un pezzo divertente da ascoltare. Il testo è oscuro ma anche sarcastico in un certo senso, ed è un invito a non deprimersi, seppur inserito in un contesto musicale leggero. Non siamo una band politica ma ci piace comunque commentare certi eventi o porre domande. Quello che più mi preoccupa è che i leader delle nazioni più importanti non sembrano interessati a risolvere i problemi, ma quasi a creare conflitti e peggiorarli. È un’attitudine pericolosa.

Pensate che i testi di Come Out And Play e Self Esteem siano ancora rilevanti al giorno d’oggi?

(N): Direi proprio di sì, vedendo la reazione che scatenano ancora. È la chiave del songwriting: scrivere pezzi che si possano cantare senza problemi anche dopo venticinque anni.

Nell’album troviamo anche una reprise al pianoforte di Gone Away. Come è nata?

(D): L’abbiamo eseguita dal vivo per circa due anni e la risposta del pubblico è stata eccezionale. A tal punto che ci hanno chiesto in parecchi di registrarla. È una versione che mi fa sentire molto vulnerabile, perché non ho la chitarra a nascondere le imperfezioni della voce.

(N): Io non suono il piano così bene, altrimenti potremmo portarne due sul palco. Però posso divertirmi con l’assolo di In The Hall Of The Mountain King di Grieg. È sempre più veloce, musica classica con un punk beat. Perfetta per volare sul pubblico.

Non sei l’unico punk ad avere intrapreso una carriera universitaria. È solo un caso?

(D): È vero, anche Milo Aukerman dei Discendents, laureato in bio-chimica, e Greg Graffin dei Bad Religion, professore di paleontologia e scienze, hanno proseguito gli studi! Sono felice di essere finalmente nel club. Non so se ci sia una connessione, ma potremmo senza dubbio prendere ispirazione per i testi. Magari in futuro scriveremo una punk opera sui virus oppure pezzi come Gimme Gimme Gimme The Vaccine.

LET THE BAD TIMES ROLL è stato recensito su «Classic Rock» n. 101.

Questa intervista è tratta da «Classic Rock» n.102, disponibile in tutte le edicole e sul nostro store online.

Classic Rock 102 Sprea Editori

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Grey Daze: “Nel nuovo album la voce di Chester Bennington mette i brividi” https://stonemusic.it/34013/grey-daze-nel-nuovo-album-la-voce-di-chester-bennington-mette-i-brividi/ https://stonemusic.it/34013/grey-daze-nel-nuovo-album-la-voce-di-chester-bennington-mette-i-brividi/#respond Mon, 13 Apr 2020 12:00:02 +0000 https://stonemusic.it/?p=34013 I Grey Daze, la vecchia band di Chester Bennington dei Linkin Park, ci raccontano come è nato AMENDS,…

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I Grey Daze, la vecchia band di Chester Bennington dei Linkin Park, ci raccontano come è nato AMENDS, il nuovo album dove risentiremo la voce di Chester.

La tragica scomparsa di Chester Bennington ha sconvolto addetti ai lavori e fan di tutto il mondo. La sua vecchia band, con cui aveva ricucito i rapporti e pianificato di pubblicare un nuovo album, ha portato avanti questo progetto ambizioso e, adesso che AMENDS è realtà, ascoltare di nuovo la voce di Chester mette i brividi. Abbiamo chiacchierato con la band per sapere di più di questo progetto, la cui pubblicazione – prevista inizialmente per questo 10 aprile – è stata posticipata al 26 giugno a causa del Coronavirus.

Quando avete deciso che era il momento giusto per pubblicare AMENDS?

Avevamo già iniziato a lavorarci quando Chester era vivo. Volevamo divertirci come ai vecchi tempi. Il piano era fargli registrare le parti vocali mentre era in tour con i Linkin Park. Dopo la sua morte abbiamo bloccato tutto per circa otto mesi. Un giorno mi sono alzato e, parlando con mia moglie, ho deciso che avrei dovuto portare a termine il progetto. Dopo averne discusso col resto della band, ho chiamato Talinda [moglie di Chester] e mi ha dato la sua benedizione; allora ho chiamato i suoi genitori e anche loro mi hanno detto che era la cosa giusta da fare. A quel punto abbiamo ripreso alcune registrazioni e cercato di capire cosa era utilizzabile dei vecchi demo.

Avevate fin da subito una visione chiara di come avrebbe dovuto suonare l’album?

Avevamo 27 canzoni e ne abbiamo completate 11. La visione è diventata sempre più chiara man mano che ci avvicinavamo alla fine. Lo scopo era avere un suono moderno, come se Chester avesse registrato le parti vocali una settimana prima, e mantenere l’integrità del materiale. Quando abbiamo terminato di registrare l’ultima traccia, la versione acustica di Sometimes, non ci sembrava vero. Sono stati tre anni di duro lavoro, ma abbiamo reso ogni pezzo veramente speciale.

Qual è stato il contributo di Munky e Head dei Korn?

Hanno suonato su B12Chester li adorava e, tramite lui, siamo diventati amici. Hanno dimostrato una disponibilità unica ed è anche grazie a loro se il pezzo è venuto così bene.

Come pensate di promuovere l’album?

Non faremo tour con altri cantanti. Al limite, qualche tribute show con degli ospiti. Per noi queste canzoni hanno un significato troppo importante e devono rimanere incontaminate.

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Alter Bridge: prepariamoci a WALK THE SKY https://stonemusic.it/26075/alter-bridge-prepariamoci-a-walk-the-sky/ https://stonemusic.it/26075/alter-bridge-prepariamoci-a-walk-the-sky/#respond Sat, 28 Sep 2019 06:02:49 +0000 https://stonemusic.it/?p=26075 Il 18 ottobre uscirà per Napalm Records, WALK THE SKY, l’ultimo album degli Alter Bridge. Ecco cosa possiamo…

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Il 18 ottobre uscirà per Napalm Records, WALK THE SKY, l’ultimo album degli Alter Bridge. Ecco cosa possiamo dirvi…

Le riflessioni che hanno seguito la fine del lungo tour promozionale di THE LAST HERO (non accolto in maniera unanime dalla critica, ma dal quale sono stati estratti gli incredibili LIVE AT THE O2 ARENA + RARITIES e LIVE AT THE ROYAL ALBERT HALL) hanno portato a un mutamento drastico dell’approccio compositivo all’interno degli Alter Bridge

Dopo tanti anni trascorsi insieme, Myles Kennedy e Mike Tremonti hanno compreso che lavorare separati avrebbe potuto rivelarsi produttivo, intanto per evitare che gli impegni solisti divenissero fonte di stress e poi per lasciare emergere liberamente le proprie differenze stilistiche. Ne è uscito fuori un album bilanciato alla perfezione tra la dimensione più heavy del chitarrista, spinta all’eccesso in DUST e A DYING MACHINE, e gli spunti melodici del frontman, sempre più convincente al fianco di Slash.

Una scaletta molto varia e costruita sulle dinamiche che può vantare almeno sei-sette potenziali singoli, ma che risulta ugualmente compatta. Dal punto di vista lirico siamo quasi all’opposto di AB III e ogni ritornello possiede l’epicità degli esordi, soprattutto di BLACKBIRD, ancora oggi considerato dai fan il capolavoro della band.

WALK THE SKY ha però tutto ciò che serve per rappresentare l’apice in carriera; è abile a catturare l’attenzione dell’ascoltatore fin dai primi istanti e a trascinarlo grazie a un impatto ritmico notevole e risvolti armonici da primi della classe.

Non potrà sfruttare l’onda dell’alternative metal come allora ma sembra scritto apposta per porsi in modo trasversale sul mercato, tra le miriadi di uscite che nascondono il rock dietro a produzioni di plastica e la dilagante tendenza al revival anni 70. Le linee vocali sono superbe, alcuni riff sono tra i migliori mai composti da Tremonti e le numerose sfumature dell’album affiorano di ascolto in ascolto. Sarebbe del tutto inutile citare un pezzo piuttosto che un altro, perché siamo al cospetto di un lavoro dal contenuto tecnico e artistico quanto mai elevato e omogeneo. La storia ci insegna che gli americani hanno sempre saputo far crescere il proprio materiale in tour. In questo caso sarà complicato, ma è una sfida che lanciamo con piacere.


Per altre recensioni non perdere il numero 83 di Classic Rock. In edicola e sul nostro store online

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Blues Pills – Recensione – Blues Pills https://stonemusic.it/669/recensione-blues-pills-blues-pills/ https://stonemusic.it/669/recensione-blues-pills-blues-pills/#respond Mon, 09 Nov 2015 08:46:50 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=669 Artista: Blues Pills Titolo: Blues Pills Etichetta: NUCLEAR BLAST Autore: Lorenzo Becciani   Hard blues dal retrogusto vintage…

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Blues-Pills-Blues-Pills

Artista: Blues Pills

Titolo: Blues Pills

Etichetta: NUCLEAR BLAST

Autore: Lorenzo Becciani

 

Hard blues dal retrogusto vintage
Ascoltando la fantastica opener High Class Woman, sembra di trovarsi di fronte a dei musicisti consumati da lunghi tour e con numerosi dischi alle spalle, e non certamente a quattro ragazzi poco più che ventenni, con il futuro ancora nelle loro mani. Un Ep edito per Crusher Records e poi il contratto con l’etichetta metal più importante al mondo hanno portato la band all’attenzione del pubblico nel giro di un paio di anni, ma, prima di avere nei negozi il debutto su lunga distanza, abbiamo dovuto attendere l’uscita di altri due Ep e una serie di date con Orchid e Scorpion Child.
Devil Man e Live at Rockpalast hanno alimentato l’attesa, un po’ come avviene di consueto con i grandi eventi commerciali. Eppure di commerciale gli svedesi in pratica non hanno nulla. Quello dei Blues Pills è un blues rock spiritato, che richiama alla mente il sound della Jimi Hendrix Experience, Cheap Thrills dei Big Brother & The Holding Company e, volendo essere più intriganti, gli Shocking Blue di At Home (1969) o gli Undisputed Truth di Cosmic Truth (1975). Per fare centro al primo colpo, si sono rivolti al produttore Don Alsterberg, che con Hisingen Blues e Lights Out dei Graveyard aveva fissato gli standard per tutta la scena vintage nordeuropea. Tanto sono polverosi e retrogradi certi stacchi strumentali, che il disco sembra registrato nel giugno del 1966, quando Frank Zappa e le Mothers of Invention pubblicarono Freak Out!, introducendo di fatto l’utilizzo del multitraccia.

[quote align=’left’]Sembra di trovarsi di fronte a dei musicisti consumati da lunghi tour e con numerosi dischi alle spalle, e non certamente a quattro ragazzi poco più che ventenni.[/quote]

Oltre al singolo Jupiter, Black Smoke e Little Sun sono gli altri passaggi che vi manderanno fuori di testa, con il cantato sporco alla Janis Joplin della bellissima Elin Larsson a fare da perfetto contraltare per la chitarra di Dorian Sorriaux, acceso come un esorcista all’opera. Il resto lo fanno gli ex Radio Moscow Cory Berry e Zack Anderson, con grasse linee di basso, feroci parti di batteria e una disarmante attitudine live. A riprova che nulla è stato lasciato al caso, la scaletta è completata dalla cover di Gypsy di Chubby Checker, mentre la copertina è stata realizzata dalla madre della psichedelia, Marijke Koger-Dunham, che, nel corso della sua carriera, ha venduto dipinti e costumi ai Beatles, colorato le chitarre di George Harrison ed Eric Clapton e realizzato la scenografia del musical Hair. A corredo della release infine, un Dvd contenente il concerto tenuto dalla band lo scorso anno al rinomato festival tedesco Hammer of Doom.

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Opeth – Recensione – Pale Communion https://stonemusic.it/727/opeth-recensione-pale-communion/ https://stonemusic.it/727/opeth-recensione-pale-communion/#respond Thu, 27 Aug 2015 10:31:09 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=727 Artista: Opeth Titolo: Pale Communion Etichetta: ROADRUNNER Autore: Lorenzo Becciani   Volevamo di più! Mikael Åkerfeldt aveva annunciato…

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Opeth Pale Communion

Artista: Opeth

Titolo: Pale Communion

Etichetta: ROADRUNNER

Autore: Lorenzo Becciani

 

Volevamo di più!
Mikael Åkerfeldt aveva annunciato un album più heavy rispetto all’introspettivo Heritage,
ma la sua passione per la materia retro-prog si è rivelata preponderante e la difficoltà nel coniugare entrambe le anime della band, quella aggressiva e quella sperimentale, è ormai palese. La complessa gestazione aveva fatto sperare in un colpo d’orgoglio, eppure l’ispirazione di Ghost Of Reveries e Wathershed sembra relegata al passato.
Si rivela un approccio vocale più melodico, al servizio di splendidi assoli di chitarra e arrangiamenti complessi e ampollosi, che avranno dato filo da torcere in sede di mixaggio a Steven Wilson, che è comunque riuscito a compire un miracolo, pur intervenendo in un contesto privo di sorprese.
Cusp Of Eternity è un esempio dell’impasse in cui cade sovente l’album: oltre cinque minuti per dire qualcosa per cui sarebbero stati sufficienti trenta secondi.
Decisamente più interessanti gli arrangiamenti di Eternal Rains Will Come, esplicito omaggio a EL&P, e Moon Above, Sun Below, per i quali si comprende la scelta di registrare in Galles ai celebri Rockfield Studios, frequentati dai Queen a metà anni Settanta.
Dal nome principale della scena retro-prog, era comunque lecito attendersi di più.

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