Live Report - Stone Music https://stonemusic.it Il Portale in cui batte un vero cuore rock Fri, 28 Jun 2019 13:37:23 +0000 it-IT hourly 1 https://i1.wp.com/stonemusic.it/wp-content/uploads/2019/05/cropped-favicon-1.png?fit=32%2C32&ssl=1 Live Report - Stone Music https://stonemusic.it 32 32 178453812 Live Review: Alessandro Quarta all’Auditorium Parco della Musica di Roma https://stonemusic.it/20253/live-review-alessandro-quarta-allauditorium-parco-della-musica-di-roma/ https://stonemusic.it/20253/live-review-alessandro-quarta-allauditorium-parco-della-musica-di-roma/#respond Wed, 29 May 2019 15:31:26 +0000 http://stonemusic.it/?p=20253 Alessandro Quarta Plays Astor Piazzolla Per la rubrica “Live Review” la nostra lettrice Maria Ludovica De Dominicis ci…

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Alessandro Quarta Plays Astor Piazzolla

Per la rubrica “Live Review” la nostra lettrice Maria Ludovica De Dominicis ci ha inviato la sua recensione del concerto di Alessandro Quarta

Non solo con il poderoso vigore espressivo della sua interpretazione e con la perfezione del suono, ma anche con una sapiente narrazione, Alessandro Quarta ha sedotto ed ipnotizzato il pubblico dell’Auditorium parco della musica di Roma, dinanzi al quale ha presentato il suo Alessandro Quarta Plays Astor Piazzolla, già candidato ai Grammy e primo album al mondo con sonorità jazz registrato in 3 D.

Racconta, Quarta, delle origini del tango ed evoca oscuri sobborghi di Buenos Aires odorosi di salsedine ed alcol, e di milonghe dolcissime ballate in lontane balere; narra di tanghi danzati nei bordelli vicino al porto e di una fisarmonica -il bandoneon – creata per suonare in Chiesa a lode di Dio, ma destinata ad accompagnare “prostitute bellissime e sporche” in danze intrise d’erotismo e di fierezza; racconta, infine, d’un Piazzolla che stravolge il tango e fugge a Parigi, inseguito da cento pugnali.

“Ed ora, se ci sono bambini in sala, tappate loro le orecchie, perché questo è sesso” avvisa il maestro, e la sua musica sprigiona una potenza erotica e creatrice, sembra portare sul palco la furia degli elementi, ma è una furia che esplode tra la perfezione  degli arrangiamenti, nel rigore ritmico, nella perfezione dei virsuosimi. Ed è qui che nasce la bellezza, dal connubio d’irruenza e di temperanza tra cui si snodano, una dopo l’altra, la “Habanera”di Bizet e “Por una cabeza” di Gardel seguite da un ineguagliabile Fracanapa: il nuevo tango di Piazzolla. I brani sono  magistralmente eseguiti anche grazie alla sintonia con l’ensemble composto dai talentuosi Giuseppe Magagnino (piano), Michele Coaci (contrabbasso), Franco Chirivì (chitarra) e Cristian  Martina (batteria). 

Parigi sembra emergere e prendere forma

Fugge, dunque, Piazzolla, a Parigi, ed ecco comparire una musica lieve, “Chau Parìs”, poi la grazia di “Rio Sena”, e….” Parigi…”- sussurra Quarta indicando con un cenno del volto il suo violino,  dal quale davvero Parigi sembra emergere e prendere forma dinanzi agli occhi incantati degli spettatori –  e pare al  pubblico di vedere l’eleganza spensierata del liberty, donne esili dagli ombrellini in pizzo e baluginii di luce sul lungosenna. Riprende la narrazione,  Quarta, e racconta di pittori che escono dalle accademie, di musicisti cacciati dai conservatori, di come tutto ciò che oggi diciamo “classico” sia stato in origine rottura, tradimento, innovazione, dissacrazione.

Con la parola e con l’archetto Quarta squarcia come inutili “vesti senza significato” archetipi e vecchi schemi,  per giungere al cuore vero delle cose: “non esiste musica classica e musica leggera – spiega il Maestro citando Bernstein – : esiste solo musica bella e musica brutta” . E la musica bella può avere origine ovunque, persino là dove abbiamo dimenticato che sia nata: Quarta racconta con sincera partecipazione delle lettere in cui Mozart confidava al padre la sua malinconia: “sono stanco di suonare per gente che non mi ascolta”, cioè in feste in cui la sua musica – tra le più grandi, le più sublimi di tutti i tempi – era sommersa da risate e chiacchiericci, “perché Mozart faceva in realtà quello che noi oggi chiamiamo piano bar”.

La bella musica ed il bel canto possono dunque nascere ovunque e Quarta le cerca nelle balere oscure e malfamate di Buoenos Aires, nelle sfide danzate tra uomini per la conquista della la più bella tra le prostitute in attesa, e la sua musica è cuore di un umanesimo disarmante, che prima trascina il pubblico in un tango che “è sesso, è attrazione fisica, è sudore” , e  poi, dopo averlo fatto così piacevolmente peccare, lo assolve, con la dolcezza di “Years of Solitude”, in un’esecuzione indimenticabile non solo per  l’intensità espressiva, la dolcezza,  e l’empatia profonda per un Piazzolla intriso di nostalgia per la sua terra, ma anche per la perfezione di alcune singole note, quelle finali, in particolare, che da sole sono avventure compiute, nel loro lungo vibrare come stelle tremule, assottigliarsi così tanto da temere che si spezzino, così tanto che si vorrebbe correre in loro soccorso e quasi proteggerle, per poi sopirsi in un corale sospiro del pubblico, che si lascia andare sugli schienali, stremato.

Un eclettismo che seduce gli spettatori

Musicista di formazione classica, Quarta vanta un curriculum prestigioso: cresciuto con i più grandi direttori al mondo,ha suonato con musicisti del calibro di L. Maazel, E. Inbal, C. Dutoit, M. Rostropovich, M.W. Chung, G. Pretre, Z. Metha. È stato arrangiatore e solista con i Solisti dei Berliner Philharmoniker e di recente autore del brano Dorian Gray per Roberto Bolle. Il concerto tuttavia svela un talento  eclettico, affinato anche grazie alle incursioni del Maestro Quarta nel blues, nel pop e nel rock: nella sua carriera, Quarta ha affiancato musicisti come Ray Charles, Dee Dee Bridgewater, Mike Stern, Joe Cocker, Mark Knoplfer.

È questo eclettismo che consente all’ormai celebre violinista di sedurre i frequentatori delle più esclusive sale da concerto come quelli delle grandi arene del rock; di suonare – come un grande musicista classico –   con una passione che non deraglia mai dai binari della temperanza e di una rara  padronanza tecnica ma anche, come una vera rock star, e di fare di se stesso e del suo pubblico la vera materia del suo suonare.

Ed è uno spettacolo osservarlo, Quarta, mentre suona con anima e corpo, trasformandosi lui stesso in musica – un sol, fa, sol e tutti i muscoli della fronte e delle sopracciglia si alzano, si abbassano, si alzano ancora- trasformando in musica un pubblico ormai in delirio, mentre lui, dopo averci ricordato che siamo nelle tranquillizzanti braccia di infallibili serie matematiche, fiammeggia, con  una travolgente esecuzione di  “Oblivon”, seguita da “Adios Nino“, “Jeanne Y Paul”, ed infine “Libertango”, nel gioioso possente miscuglio di stili e danze da cui ogni musica trae origine e canta, con Borges, gli antenati del suo sangue e dei suoi sogni.

 

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Live Review: Pinguini Tattici Nucleari al Teatro della Concordia https://stonemusic.it/18908/live-review-pinguini-tattici-nucleari-al-teatro-della-concordia/ https://stonemusic.it/18908/live-review-pinguini-tattici-nucleari-al-teatro-della-concordia/#respond Sun, 05 May 2019 07:10:26 +0000 http://stonemusic.it/?p=18908 “Tetris fra Gioventù e Tradizione”: la recensione del concerto dei Pinguini Tattici Nucleari  dell’11 aprile al Teatro della…

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“Tetris fra Gioventù e Tradizione”: la recensione del concerto dei Pinguini Tattici Nucleari  dell’11 aprile al Teatro della Concordia di Venaria (To)

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Alessandro Peiretti ci ha inviato la sua recensione del concerto dei Pinguini Tattici Nucleari

É giovedì sera, piove su Venaria Reale (TO) ed il Teatro della Concordia registra un sold-out inconsueto. Non si tratta di un artista inflazionato, bensì dell’apparentemente innocua band bergamasca chiamata “Pinguini Tattici Nucleari” e del suo indie-rock variegato.

Il sestetto (nato nel 2012), ha saputo attrarre verso di sé un pubblico eterogeneo negli anni, con quattro album pubblicati che spaziano dall’indie al progressive rock, con assaggi funk, metal e rock demenziale.

Uno spettacolo di assoluta qualità e costanza

Lo spettacolo da loro proposto è di assoluta qualità e costanza: il frontman Riccardo Zanotti regge il palco con energia e coinvolgimento (aiutato in questo dallo spassoso tastierista Elio Biffi), ma il resto del gruppo non è da meno, unendo queste caratteristiche ad una evidente e ben spesa preparazione tecnica.

Il concerto in questione rientra nel tour del loro ultimo lavoro “Fuori dall’hype”, il primo prodotto per Sony Music Italia, del quale ripropongono tutti i singoli estratti: “Verdura”, “Sashimi”, “Fuori dall’hype”, senza contare “Antartide”, “Freddie” e “Monopoli”, altri brani presenti nell’album.

Non possono mancare anche i loro maggiori successi precedenti (vedasi “Cancelleria”, “Irene”, “Gioventù Brucata”, “Tetris” ecc.), accompagnati da scenografie ad hoc e cantati con il pubblico ad una sola voce.

Questi ragazzi hanno saputo unire un format di spettacolo accattivante a musica non banale, creando un ponte tra il gusto dei giovanissimi e quello dei più “anziani”, trattando ironicamente tematiche accessibili quali le fatiche quotidiane, pregiudizi generazionali e amore, permeate da sottile sarcasmo politico e autobiografismo.

 

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Live review: Chris Stills al Big Mama https://stonemusic.it/18356/live-review-chris-stills-al-big-mama/ https://stonemusic.it/18356/live-review-chris-stills-al-big-mama/#respond Tue, 23 Apr 2019 09:11:31 +0000 http://stonemusic.it/?p=18356 La recensione del concerto di Chris Stills del 4 aprile al Big Mama di Roma Per la rubrica…

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La recensione del concerto di Chris Stills del 4 aprile al Big Mama di Roma

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Filippo de Orchi ci manda la sua recensione del concerto di Chris Stills.

Chris Stills Live@Big Mama – Roma 4 aprile 2019

Snoopy avrebbe iniziato così: “era una notte buia e tempestosa”. Ebbene sì, il 4 aprile qui a Roma pioveva in modo monotono e insistente, e per uscire dopo cena per andare al Big Mama a sentire Chris Stills bisognava avere davvero tanta voglia e coraggio.

Ho sempre nutrito una certa diffidenza delle capacità dei figli delle star internazionali di emulare i propri genitori e in questo caso parliamo di gente del calibro di Stephen Stills e Véronique Sanson. Tutti i dubbi vengono subito fugati appena varcato l’ingresso di questo storico locale. Ho la fortuna di incrociare Chris al bar e grazie a due miei amici (che saranno l’openig act della serata) entro nella dressing room per gli ultimi ritocchi alla scaletta e qui ho l’occasione di scambiare qualche parole e rubare qualche scatto informale a Chris.

Una serata di ottimo Rock’n’Roll

Lo accompagneranno Olivier Brossard al basso e Marco Rovinelli alla batteria:

L’inizio dello show è acustico ed intimo e da solo sul palco intona in sequenza “Sweet California” e “Just Like The Rain”; cambio di chitarra, entra in scena una Gibson Firebird e la musica vira immediatamente su suoni anni ’70; la sequenza dei brani è micidiale: “Hellfire Baby Jane”, “Calling Underground”, “In The Meantime”, “Lonely Nights”.

Tra un brano e l’altro Chris, oltre a presentare, interagisce e scherza con il pubblico.

A metà show rimane solo sul palco, si siede alla tastiera ed inizia a cantare in maniera molto ironica una divertente “Bohemian Rhapsody” con tutto il pubblico a fargli da coro; si continua con “In Love Again” e “Criminal Mind”.

Siamo ai saluti finali e pronti per il bis: salgono invitati sul palco da Stills anche i miei amici Francesco Lucarelli e Stefano Frollano, ambedue cantautori romani che avevano già avuto l’occasione di suonare con Crosby, Nash e …suo padre, a cantare una torrida e diluita “Ohio”.

Adesso tutto è finito ed è stata solo e soltanto una serata di buon – anzi ottimo – rock ‘n roll.

Uscendo dal locale la pioggia ha smesso di cadere, e si conclude così la splendida serata.

Buona notte!

 

 

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Live Review: John Mayall a Roma https://stonemusic.it/18268/live-review-john-mayall-a-roma-2/ https://stonemusic.it/18268/live-review-john-mayall-a-roma-2/#respond Sun, 21 Apr 2019 06:57:17 +0000 http://stonemusic.it/?p=18268 Una seconda recensione del concerto di John Mayall del 26 marzo, Auditorium Parco della Musica di Roma Per…

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Una seconda recensione del concerto di John Mayall del 26 marzo, Auditorium Parco della Musica di Roma

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Filippo de Orchi ci manda la sua recensione del concerto del 26 marzo a Roma di John Mayall.

John Mayall – 85th Anniversary Tour Auditorium Parco della Musica 27 marzo 2019

Il leone di Manchester John Mayall, classe 1933, è tornato a ruggire sul palco dell’Auditorium Parco della Musica per presentare il suo nuovo lavoro intitolato “Nobody Told Me”. Ad accompagnarlo per il suo 85th Anniversary Tour ci sono tre valentissimi musicisti: Carolyn Wonderland alla sei corde, Greg Rzab e Jay Davenport che sono la potentissima sezione ritmica rispettivamente al basso e batteria.
Per oltre 60 anni, John Mayall è stato il pioniere della musica blues, guadagnandosi il titolo di The Godfather of British Blues. Questa sera ha dimostrato che non ha nessuna intenzione di riporre in soffitta chitarra, armonica, Hammond e tastiera.

Ricordiamo ai più distratti che “the Lord of Blues” ha scoperto e suonato con quanto di meglio ci sia stato nel panorama rock/blues: Eric Clapton, Mick Taylor, Larry Taylor, Peter Green e Jack Bruce. La scaletta è un misto di pezzi originali e cover più due brani cantati dalla voce potente e roca di Carolyn Wonderland.

Qui di seguito la setlist eseguita a Roma il 26 marzo:

  • Nothing to Do With Love

  • Why Did You Go Last Night

  • Dirty Water

  • You Don’t Love Me

  • What Have I Done Wrong

  • One Life To Live

  • The Devil Must Be Laughin

  • Distant Lonesome Train

  • Early In The Mornin’

  • So Many Roads

  • Chicago Line

Encore:

  • I Want All My Money

Lo show scorre serrato e torrido lasciando spazio agli assoli superlativi dei componenti della band. Siamo arrivati alla fine di questo concerto e come recita la canzone regina del blues “…we went to the crossroad, fell down on our knees”. Onorati di aver assistito a questa bellissima leggenda.

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Live Review: Punkreas https://stonemusic.it/18187/live-review-punkreas/ https://stonemusic.it/18187/live-review-punkreas/#respond Sat, 20 Apr 2019 04:35:48 +0000 http://stonemusic.it/?p=18187 Punk in equilibrio: la recensione del concerto dei Punkreas del 12 aprile all’Hiroshima Mon Amour (To) Per la…

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Punk in equilibrio: la recensione del concerto dei Punkreas del 12 aprile all’Hiroshima Mon Amour (To)

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Alessandro Peiretti ci ha inviato la sua recensione del concerto dei Punkreas.

A quasi un anno dall’ultima tappa torinese, lo storico quintetto punk di Milano ritorna all’Hiroshima per celebrare e raccontare il suo ultimo lavoro. Pubblicato per Garrincha Dischi, “Inequilibrio Instabile” nasce dalla sintesi di due EP pubblicati nel 2018, che raccontano cosa succeda alla politica, alla società e all’individuo singolo del ventunesimo secolo, servendosi sia di allegorie sia di immagini esplicite.

 

I Punkreas non mollano mai

Se apparentemente i fans più accaniti potrebbero ad un primo ascolto denunciare uno stemperamento dei toni, quest’impressione verrebbe duramente smentita da uno spettacolo come quello al quale ho assistito. I Punkreas non mollano mai: Cippa (voce) e Gagno (batteria) sempre sul pezzo con assoluta concentrazione, Paletta (basso), Noyse (chitarra) e Andrea (chitarra) trainano come i primi, concedendosi però salti e scorrazzate per il palco. In scaletta, tutto ciò che il pubblico vuole sentire: da “Il Vicino”, “Vulcani”, “Voglio Armarmi”, sino alle nuove uscite tratte da “Il Lato Ruvido” e “Inequilibrio Instabile” (“Marta”, “Fermati e Respira”, “U-Soli”, ad esempio).

Una performance senza sbavature, costante, precisa, diretta, che pondera abilmente “soste” e musica non-stop, consigliata per chi non teme pogo e messa in discussione dei propri valori. Sono da sottolineare una grande potenza sonora ed una stupefacente interpretazione dei nuovi brani che, tendendo ad un punk più moderato, hanno reso quei 120 minuti più interessanti e stimolanti di quanto non lo fossero prima della loro pubblicazione.

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Live Reviews: Larkin Poe allo Spazio Teatro 89 di Milano https://stonemusic.it/17955/live-reviews-larkin-poe-allo-spazio-teatro-89-di-milano/ https://stonemusic.it/17955/live-reviews-larkin-poe-allo-spazio-teatro-89-di-milano/#respond Mon, 15 Apr 2019 08:25:12 +0000 http://stonemusic.it/?p=17955 La recensione del concerto dei Larkin Poe del 29 marzo a Milano Per la rubrica “Live Review” il…

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La recensione del concerto dei Larkin Poe del 29 marzo a Milano

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Giampaolo Rigolin ci manda la sua recensione del concerto dei Larkin Poe

2019 l’anno delle donne rock! Nel mese di febbraio sono rimasto incantato dalla chitarra di Joanne Shaw Taylor, nei prossimi mesi avremo sui palchi italici Samantha Fish e Ana Popovic.

La sera del 29 marzo, sul palco dello Spazio teatro 89, sono rimasto elettrizzato dallo show delle LARKIN POE. Le sorelle Rebecca e Megan Lovell, accompagnate da Tarka Layman al basso e Kevin McGowan alla batteria, hanno infuocato il pubblico per 150 minuti filati. A scaldare la platea ci pensa il duo inglese FOREIGN AFFAIRS, che propone un folk con influenze country rock. L’impatto delle LARKIN POE è travolgente: giovani, carine e con una energia che lascia senza fiato.

 

Rebecca è molto loquace, sempre pronta a raccontarsi e intrattenere il pubblico, mentre la sorella  Megan è più silenziosa, sorridente e pronta a lanciarsi in assoli lancinanti con la slide. Un grande show in cui alternano loro composizioni, su tutte TROUBLE IN MIND, BLEACH BLONDE BOTTLE BLUES e CALIFORNIA KING e cover di classe come la rockeggiante BLACK BETTY, il blues di Blind Willie Johnson JOHN THE REVELATOR, per finire con COME ON MY KITCHEN di Robert Johnson.

Grande serata!

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Live Review: John Mayall a Firenze https://stonemusic.it/17915/live-review-john-mayall-a-firenze/ https://stonemusic.it/17915/live-review-john-mayall-a-firenze/#respond Sun, 14 Apr 2019 10:17:42 +0000 http://stonemusic.it/?p=17915 La recensione del concerto di John Mayall del 25 marzo a Firenze Per la rubrica “Live Review” il…

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La recensione del concerto di John Mayall del 25 marzo a Firenze

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Riccardo Iapucci ci manda la sua recensione del concerto di John Mayall.

THE SAME OLD BLUES, BUT I LIKE IT

Quando ho visto i cartelloni che annunciavano il Tour di John Mayall per il suo 85° compleanno mi sono venute in mente 2 cose… lo fa perché è a corto di soldi, oppure ha ancora voglia nonostante l’età e gli acciacchi di una vita non ordinaria di andare in giro a portare il suo “verbo” blues. Siccome sono un sognatore e per fortuna non sono il solo, ho optato per la seconda ipotesi e ho acquistato il biglietto con un misto di ammirazione e incredulità.

Quando sono arrivato al Tuscany Hall giusto in tempo per l’inizio del concerto, l’atmosfera era rilassata e il pubblico (composto – come mi aspettavo – di 50/60enni, ma anche con mia somma sorpresa e soddisfazione da persone molto più giovani) era in religioso silenzio in attesa delle prime note.

Quando Mayall è uscito capitanando un classico quartetto formato da batteria/basso/tastiere e chitarre l’applauso è stato caloroso. Il vecchio bluesman alla cui scuola si sono formati decine di musicisti fra cui molti importantissimi chitarristi del rock anni 60/70 (cito solo Eric Clapton, Peter Green e Mick Taylor), è partito subito al trotto eseguendo in rapida sequenza STREMLINE (vecchio brano dei BLUESBREAKERS), WHAT HAVE I DONE WRONG (dal suo ultimo lavoro NOBODY TOLD ME a cui hanno partecipato fra gli altri Joe Bonamassa, Todd Rundgren Alex Lifeson e Stevie Vandt Zandt) e IF I DON’T GET HOME, allungando il kilometraggio dei pezzi per permettere alla sua band di dimostrare il suo valore, ritagliandosi un posto di accompagnatore con le testiere e naturalmente cantando con la sua caratteristica voce stentorea e monocorde, comunque riconoscibilissima fra tante anche a distanza di anni.

Poi ha eseguito un classico di Mose Allison come PARCHMAN FARM guidato dalla sua amatissima e inseparabile armonica. Pescando dal suo vastissimo repertorio ha ripreso un brano da USA UNION, NATURE’S DISAPPEARING che tratta di temi ecologisti, dove ha dato libero sfogo alla band (Jay Davemport alla Batteria/Greg Rzab al Basso e Carolyn Wonderland alle chitarre), con una nota di merito per la chitarrista (una rossa occhialuta con qualche punto di contatto con Bonnie Raitt) che si è esibita in una sciolta tecnica Finger-Picking virata al rock e con buone qualità anche come cantante, segno che il fiuto per la scelta dei musicisti non si è affievolito con gli anni.

Con A DREAM ABOUT THE BLUES si è messa in evidenza anche la sezione ritmica, precisa dinamica e muscolare nei momenti giusti, la forza propulsiva che ogni band deve avere, con brevi ma significativi assoli dove il bassista ha pure accennato al riff di Smoke On The Water forse per un suo vezzo o per dare le coordinate dei sui gusti musicali. Stesso trattamento allungato quasi a farne delle piccole jam session anche per FLOODIN’ IN CALIFORNIA (cover di Albert King) e CONGO SQUARE di Sonny Landreth. Non può mancare in un concerto di John Mayall un brano dedicato al suo eroe di gioventù, quel J.B. Lenoir a cui il nostro si è sempre ispirato, in questo caso si tratta di MAMMA TALK TO YOUR DAUGHTER, e qui lo vediamo cantare veramente ispirato e quasi in modo devozionale, e anche la band sembra capire il momento lasciando al maestro il proscenio.

A questo punto la sala è calda e ogni brano che viene eseguito suscita applausi quasi meravigliati per la bravura dei solisti e di ammirazione per il vecchio John, che scherza con il pubblico che approva la scelta dei brani da eseguire e sembra divertirsi come ai tempi belli. C’è ancora da segnalare una WHY DID YOU GO LAST NIGHT di Clifton Chenier, e dopo quasi 2 ore di musica – e vorrei dire buona musica – eseguita con perizia e bravura la band saluta;  c’è da chiedersi come un uomo nato nel 1933 riesca ancora a stare su un palco anche se con passo incerto, ma suonando e cantando traendo la forza da chissà dove.

Dopo aver visto un concerto del genere, che devo dire mi sono goduto dal primo all’ultimo minuto, mi viene da augurare a quest’uomo che quando giungerà il momento di salutarci che lo possa fare dopo aver suonato la sua musica e quindi che vada felice e con il sorriso sulla bocca. Thank you John, e tanti auguri Nonno Blues!

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Live Reviews: Uriah Heep https://stonemusic.it/15345/live-reviews-uriah-heep/ https://stonemusic.it/15345/live-reviews-uriah-heep/#respond Fri, 15 Feb 2019 11:00:08 +0000 http://stonemusic.it/?p=15345 Il reportage del concerto dello storico gruppo inglese tenutosi a Roncade (TV) il 31 gennaio Di Matteo Trevisini…

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Il reportage del concerto dello storico gruppo inglese tenutosi a Roncade (TV) il 31 gennaio

Di Matteo Trevisini

Ci sono delle sicurezze nella vita di un rocker che non cambiano mai e poi mai: passano i decenni, le mode e le ere geologiche, e alcune band rimangono tali e quali: delle icone che pubblicano dischi e macinano migliaia di chilometri all’anno incuranti di tutto. Gli Uriah Heep fanno parte di questa categoria; entrati di diritto nel sacro “big four” dell’hard rock inglese (naturalmente gli altri tre sono i Led Zeppelin, i Black Sabbath e i Deep Purple!!!) sono per l’ennesima volta in giro per l’Europa per promuovere il nuovo disco Living The Dream uscito per l’italiana Frontiers. La dimostrazione pratica gli Huriah Heep la danno anche questa sera in un New Age pieno come un uovo; lo storico locale veneto dispensa l’intero corollario di “fan”, dagli adolescenti curiosi ai “matusa” testimoni dei loro mitici tour italiani nei primi anni ‘70. Naturalmente è il pubblico “senior” con molti capelli bianchi (maforse è più veritiero scrivere “con pochi capelli bianchi”!) che va in visibilio quando i cinque arrivano sul palco, e il New Age è già una sauna!

Lo show è inaugurato da “Grazed by Heaven” tratta dall’ultimo disco, e il cantante Bernie Shaw si dimostra ancora una volta animale da palco fin dalle prime note, tenendo botta con la voce per tutto il set e regalando una prova di grande impatto, mentre Mick Box sorride serafico salutando le prime file.

La vecchia “Return to Fantasy” alternata alla nuova “Living the Dream”, il vecchio e roccioso classico “Too Scared to Run” ed il nuovo bellissimo singolo “Take Away My Soul”: c’è poco da fare, la classe non è acqua! Gli Heep pigiano ancora sull’acceleratore con la nuova e incalzante “Knocking at My Door”, dove la chitarra di Mick Box è nuovamente grande protagonista. A 70 anni, il leader e fondatore se la ride dietro i suoi baffoni d’ordinanza ormai candidi (chissà se ai tempi di Salisbury avrebbe mai immaginato che più di quarant’anni dopo, la band sarebbe stata cosi viva e frizzante sopra un palcoscenico?). Arriva il primo classico degli anni d’oro con “Rainbow Demon” ed il pubblico la canta in coro insieme a Bernie che fa il piacione da navigata rockstar. Segue “Waters Flowin'”, e ancora un estratto dall’ultimo album con la lunga “Rocks in the Road”, a metà fra hard rock e sfumature prog ma senza che la lunghezza annoi i presenti, grazie anche all’eccelso lavoro di Phil Lanzon ai tasti d’avorio. Il merito va anche alla sezione ritmica “giovane” degli Heep che producono un “wall of sound” impressionante: il batterista Russell Gilbrook ed il bassista Dave Rimmer sono il tappeto perfetto per donare una seconda giovinezza (forse anche terza !) ai brani degli Heep.

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Arriva il momento dove la band lascia spazio a tutti i vecchi cavalli di battaglia (doverosi quando si ha una discografia come quella degli Heep! ): parte l’organo di “Gypsy”, uno dei brani più noti e stasera particolarmente focoso: ”… was only seventeen I fell in love with a gypsy queen…she told me: “Hold on !!!”, seguito dal classico “Look at Yourself”. A questo punto, in prossimità dell’imminente rush finale, Box imbraccia la sua chitarra acustica ed ai presenti non è difficile intuire che è arrivato il momento di “July Morning”, uno dei loro pezzi più famosi e conosciuti di sempre, cantata a squarciagola da tutti, insieme a Bernie. La magistrale “Lady In Black” ci provoca più di qualche brivido, con il pubblico che continua a cantarla mentre la band lo saluta prima della consueta pausa prima dei bis (la canzone è stata coverizzata anche da Caterina Caselli nel 1972 con il titolo “L’uomo del paradiso”: se non mi credete cercatela!).

La band torna sul palco per la doverosa “Sunrise” e l’inno immancabile, nonché una delle canzoni più coverizzate di sempre, “Easy Livin'” con la platea, a questo punto, presa dall’esaltazione più totale: tanto di cappello!!! Il pubblico è visibilmente provato e sudato dopo un’ora e tre quarti di hard rock e divertimento senza tempo, ingredienti fondamentali per una band che va avanti come un treno a dispetto delle mode e dei tempi che cambiano.

Che dire? Gli Heep sono fatti così, ce l’hanno nel DNA: dove arrivano, lo spettacolo è assicurato.

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13 febbraio 2019

REPORTAGE: CARL PALMER AL TEATRO PARIOLI DI ROMA IL 6 FEBBRAIO

Di Giovanni Davoli

Carl Palmer e i Goblin una quarantina di anni fa avrebbero riempito il Palasport, da soli; oggi, insieme, devono accontentarsi di un Teatro Parioli solo pieno A METÀ. Non ha certo aiutato una campagna pubblicitaria modesta e un orario d’inizio (9.30) non adeguato per un doppio concerto di più di 3 ore: ad ascoltare “Profondo Rosso” all’una di notte, non eravamo rimasti in tanti, ma eravamo soddisfatti. Abbiamo goduto di un Carl Palmer ancora in gran forma alla sua età e che non pare aver perso molto della velocità, potenza e precisione dei tempi d’oro. Accompagnato inoltre da due giovani mostri dei loro strumenti: Simon Fitzpatrick al basso 6 corde e al Chapman Stick e Paul Bieletowicz alla chitarra, con molti effetti e distorsioni.
Si tratta di rifare, con questi mezzi, un repertorio che era in origine dominato dalle tastiere, e l risultato non può che essere diverso: più duro, quasi metal a tratti, con molto spazio per i virtuosismi dei tre. Si aggiunge alla voce Lino Vairetti degli Osanna, in un paio di pezzi. Vairetti punta meno sulla potenza vocale e sembra quasi recitare il testo. Superato lo shock di sentire Karn Evil (“Welcome back my friends…”) cantata con un’inevitabile accento italiano, il risultato resta pregevole. Altra piccola chicca: “Lucky Man” con Vairetti alla voce e Simonetti alle tastiere: un momento forse non tra i piu musicalmente significativi del concerto, ma di grande importanza per il tastierista romano la cui vita cambiò grazie al suono di Moog di Keith Emerson.

In generale, Palmer si è dato con generosità, come ai tempi migliori e ci ha regalato anche un lungo (forse troppo!) assolo, non risparmiandosi sudore e fiatone. Non resta che ringraziarlo per avere voglia, a 68 anni, di andare in tour a portare questa musica immortale per audience a volte così ristrette.

 

 

E veniamo ai Claudio Simonetti’s Goblin, che ci hanno dato un live di grande musica. Qui il risultato è stato più fedele alle incisioni originali, anche se Titta Tani alla batteria e Cecilia Nappo al basso creano una base ritmica più rotonda e rock. In gran serata il chitarrista Mauro Previtali, che ci ha regalato un paio di perle solistiche. La setlist non riserva grandi sorprese: non manca quasi nulla, in un viaggio da “Mater Lacrimarum” a “Profondo Rosso”, passando per gli obbligatori “Tenebre” e “Suspiria”. Simonetti si diverte, dialoga con il pubblico, saluta amici con una mano mentre con l’altra suona e sorride tanto. Sa di avere prodotto una musica immortale che qualche decade dopo è già nel Pantheon dei classici, e se la gode. E noi con lui.

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ROCK LIFE: Carlo Caprioglio & Billy Gibbons https://stonemusic.it/15232/rock-life-carlo-caprioglio-billy-gibbons/ https://stonemusic.it/15232/rock-life-carlo-caprioglio-billy-gibbons/#respond Wed, 13 Feb 2019 11:00:14 +0000 http://stonemusic.it/?p=15232 13 febbraio 2019 ROCK LIFE: inizia oggi la nuova rubrica dei nostri lettori Inauguriamo oggi la nuova rubrica…

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13 febbraio 2019

ROCK LIFE: inizia oggi la nuova rubrica dei nostri lettori

Inauguriamo oggi la nuova rubrica “Rock Life” con l’immagine che ci ha inviato Carlo Caprioglio di Torino: il nostro lettore lo scorso luglio si trovava al al Carroponte di Sesto San Giovanni, al concerto dei Supersonic Blues Machine, ed è risucito a farsi scattare una foto insieme a Billy Gibbons, il celebre chitarrista degli ZZTOP! Grazie Carlo!

Invitiamo tutti i nostri lettori a inviarci la loro immagine preferita insieme a uno dei loro artisti preferiti, o di un momento (un concerto, per esmpio) importante che vogliono condividere: scriveteci a redazione@stonemusic.it grazie!

 

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Per la prima volta, gli U2 https://stonemusic.it/13023/per-la-prima-volta-gli-u2/ https://stonemusic.it/13023/per-la-prima-volta-gli-u2/#respond Thu, 13 Dec 2018 14:47:34 +0000 http://stonemusic.it/?p=13023 La nostra lettrice Nadia Ongeri ha partecipato ad una delle tappe dell’eXPERIENCE + iNNOCENCE Tour degli U2, lo…

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La nostra lettrice Nadia Ongeri ha partecipato ad una delle tappe dell’eXPERIENCE + iNNOCENCE Tour degli U2, lo scorso ottobre al Mediolanum Forum di Assago, e ci ha raccontato la serata. Ecco il suo live report.

Wow, finalmente ce l’ho fatta. Mi sono guadagnata un posto in tribuna. Dico guadagnata perché non è stato facile prendere il biglietto; sono stati necessari svariati tentativi, 2 pc e tanta pazienza. Il tour precedente, con le date di Torino, era stato soltanto un miraggio, purtroppo. Ho deciso di andare sola per la prima volta, dopotutto nessuno era veramente interessato a venire, ed è un’esperienza così importante per me, da sempre grande appassionata di musica…

Arrivo nel primo pomeriggio, ed è già notevole la calca di gente che attende l’apertura dei cancelli. Dopo una breve passeggiata nei dintorni ed un pasto veloce, decido di tornare al Forum e mettermi in fila. Dopo una mezz’oretta di coda, ed i controlli di rito all’ingresso, sono dentro, finalmente. Prima fermata: stand del merchandising e acquisto T-shirt con logo e date del tour. Soddisfatta, cerco il cartello che corrisponda al varco d’ingresso segnato sul biglietto, e dopo una camminata quasi interminabile (il mio posto è dalla parte opposta del palazzetto) eccomi arrivata.

Entro e scendo le scale, il mio posto è nell’anello B, in curva, quasi dietro al palco principale. Nonostante la mia posizione, noto con piacere che ovunque ci si trovi si ha una visione buona, il palco è stato strutturato in modo perfetto. Dico palco ma dovrei usare il plurale, dato che i palchi sono 2: quello principale (classico, senza fronzoli) ed uno sul lato opposto, più piccolo e tondo; i due sono collegati da una struttura particolare, che somiglia quasi ad un ponte, un lungo corridoio coperto ai lati con due maxischermi. Questa struttura renderà se possibile ancora più spettacolare la serata.

Finalmente si abbassano le luci. Parte una musica in sottofondo, riconosco la canzone, è “It’s a beautiful world” di Noel Gallagher (grande amico di Bono e suo partner sul palco come band di supporto negli ultimi tour con i suoi High Flying Birds). Si accendono gli schermi, un video molto toccante ci fa vedere gli orrori lasciati dalla guerra, con Charlie Chaplin ed il suo discorso tratto dal film ‘Il Grande Dittatore’. Ed eccoli, sento il boato dei fan, li vedo da lontano salutare il pubblico ed intrufolarsi sul palco. La prima parte del concerto è tutta all’interno della passerella, che si piega quasi a sembrare in salita, con i ‘ragazzi’ che si intravedono da dietro i maxischermi.

Capisco subito che questo non sarà un concerto come tanti, sarà speciale.

La prima canzone, The Blackout, non la conoscevo; ammetto infatti di non essere una super fan del gruppo, mi sono sempre piaciuti ma non posso ritenermene profonda conoscitrice. Nonostante ciò, ho sempre voluto vederli, penso che per un appassionato di musica sia d’obbligo andare almeno ad un loro show. Dal vivo, la band è ancora meglio di quanto mi aspettassi, sono invecchiati, certo, ma rimangono quattro ragazzi irlandesi che fanno rock, hanno quell’attitudine un po’ ribelle che mi piace un sacco.

Per tutta la sera si alternano momenti divertenti a momenti in cui riflettere; come quando, sulle note di Summer of love, nel maxischermo compaiono immagini di migranti in mare, a precedere Pride (In the Name of Love), o come quando dal palco principale si materializza una gigantesca bandiera Europea.

Il palco piccolo viene utilizzato dopo un video animato stile fumetto che racconta le vicissitudini del gruppo fino ad oggi. Qui eseguono tra le altre, Vertigo ed Elevation , brani che dal vivo secondo me rendono molto meglio, e fanno ballare tutto il palazzetto con la loro energia. C’è anche il tempo di qualche chiacchiera, Bono come sempre coglie l’occasione per sensibilizzare il pubblico su temi molto seri (qui non essendo io bravissima con il suo inglese “irlandesizzato” devo ammettere di aver capito ben poco).

Uscita dal palazzetto, con le orecchie che ancora fischiano e la voce che manca, mi sento viva.

Devo ammettere che nonostante siano passati un paio di mesi e non ricordando la scaletta della serata con precisione, mi ha fatto piacere trasmettere le sensazioni provate, a maggior ragione da me che non li avevo mai visti. In conclusione, consiglio vivamente gli U2. Nonostante il costo del biglietto (120 euro) all’inizio mi sia sembrato esorbitante, a fine serata posso assicurare di aver pensato: mai soldi furono spesi così bene.

Nadia Ongeri

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