1986, l’anno del thrash

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© Tony via Flickr
Negli anni 80, i Metallica fanno esplodere il thrash. Fra fiumi di vodka, eroina, coltelli a serramanico e botte da orbi. Era il 1985, quasi l’86 per l’esattezza…

Era difficile farsi spazio sulla scena musicale di quel periodo. Born In The U.S.A. di Bruce Spingsteen era l’album più venduto, Mtv era nata appena da quattro anni e i gruppi rock più in voga erano i Judas Priest, i Deff Leppard, Ozzy Osburne, mentre i Motley Crue troneggiavano a Los Angeles a capo di un movimento neo-glam che avrebbe ben presto portato altri artisti a riempirsi di matita per gli occhi e lacca per capelli. Qualcosa però si stava muovendo, sotto ai piani alti, il thrash metal, discendenza blasfema dell’heavy metal e del punk rock si stava raggrumando intorno alla zona di San Francisco con i Metallica, gli Slayer e i Megadeth.

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Hanno aspettato per tre anni più o meno in silenzio, ma nell’85 ormai i Metallica, campioni indiscussi, avevano firmato con l’Elektra, e gli altri produttori discografici tenevano d’occhio i loro progressi con ammirazione.
Il 27 dicembre del 1985, in una Copenaghen imbiancata dalla neve, i Metallica davano gli ultimi ritocchi al loro terzo disco, Master Of Puppets. Sarebbero poi stati spediti a Los Angeles per essere missati da Michael Wagener, che aveva già lavorato anche con i Motley Crue. Non lo sapevano, ma i dodici mesi successivi avrebbero cambiato ogni cosa, per loro e per il movimento di cui si erano ritrovati alla guida.
James Hetfield: “Quelle canzoni mi ricordano un periodo più innocente. Non stupido, ma ancora non rovinato dalla fama e dal successo. L’onestà e l’innocenza del vivere nello studio di registrazione, avendo dentro ancora il sacro fuoco, con solo i Metallica in mente. Credo che Master Of Puppets fosse tutto quello a cui pensavamo”. E continua: “C’era innocenza e al tempo stesso un atteggiamento alla ‘fottetevi tutti’.” I pezzi diventavano sempre più grandiosi e potenti, e le canzoni piene di energia."
Lars Ulrich: “Ci preparammo alle urla e alle lamentele della comunità trash per le chitarre acustiche e per esserci ‘venduti’. Ma dovevamo farlo così, perché era la nostra cosa giusta”.

Tratto dal numero #48 di Classic Rock.

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