MASTERS vol.2: tutto ciò che c’è da sapere sulla nuova raccolta dedicata a Battisti

In occasione dell’uscita del secondo volume di MASTERS, il chitarrista Alberto Radius e il fonico Gaetano Ria ci raccontano i retroscena della realizzazione del cofanetto e alcuni aneddoti su Battisti

Proprio oggi, venerdì 27 settembre esce MASTERS vol.2, che completa il lavoro iniziato due anni fa con l’uscita di Masters vol.1, dell’opera Battisti come non lo hai mai ascoltato: 48 brani estratti direttamente dai nastri analogici originali restaurati e rimasterizzati a 24bit/192KHZ.

In questo secondo volume, si riparte da alcuni dei personaggi chiave del mondo battistiano, come il produttore e discografico Alessandro Colombini e i musicisti Alberto Radius e Franz Di Cioccio, che già si erano prestati al lavoro di storytelling del primo volume di MASTERS. A loro si sono aggiunti Mario Lavezzi, il fonico Gaetano Ria, Phil Palmer, la discografica Mara Maionchi e Renzo Arbore, che ebbe un ruolo molto importante per i primi passi della carriera di Lucio.

Abbiamo quindi intervistato Alberto Radius e Gaetano Ria, ai vecchi studi dell’RCA di via Imbonati, che ci hanno svelato retroscena, punti di vista e aneddoti legati al mitico Lucio.

Raccontateci di questo secondo volume di MASTERS e cosa si prova a collaborare in un progetto così particolare e che rivive nella storia di Battisti. Ma sopratutto, cosa significa parlare di Battisti oggi?

G: Significa mantenerlo sempre vivo, il parlare di Battisti è sempre e comunque un modo per non farlo dimenticare. Bisogna cercare di aprire una linea di dialogo non tanto con le persone adulte (che possono naturalmente riscoprire e riascoltare i dischi vecchi di Battisti), ma quanto nei giovani, far scoprire alle nuove generazioni che la musica non è soltanto rap ma è molto di più, è melodia.

A: Questo obiettivo mi sembra molto lontano in realtà. Ho fatto un concerto in piazza San Babila in cui suonavo e cantavo Battisti, ho fatto sold out e partivano ma gli spettatori partivano dai 45 in su, si parla di un pubblico molto adulto. Mentre solo un 10% erano ragazzi…

Quale potrebbe essere la chiave per far apprezzare Battisti oggi ai giovani?

G: Farglielo sentire, fargli sentire la differenza rispetto a ciò che sono abituati ad ascoltare adesso. Un’idea potrebbe anche essere quella di farlo tramite le scuole. Io, per esempio, sono stato chiamato un paio di volte dal comune di Roma per andare a fare delle conferenze nelle scuole, per parlare del mio ruolo nella musica.

A questo proposito, quanto può incidere l’inserimento sulle piattaforme digitali dell’opera di Battisti e Mogol (se ci sarà)? Potrebbe portare a una riscoperta di Lucio da parte dei giovani?

G: Dico solo che vengo chiamato “Gaetano Ria, l’ingegnere del suono analogico”, perciò forse non sono la persona più adatta per rispondere a questa domanda. Però capisco che il mondo vada verso una certa direzione e che i giovani ormai fruiscano della musica principalmente attraverso le piattaforme digitali. I ragazzi oggi sono talmente abituati ad avere la testa incanalata in una certa maniera che forse potrebbe anche essere utile.

Quanto è stato importante il lavoro di Geoff Westley nella carriera di Lucio?

G: Ho incontrato Westley per la prima volta alla presentazione di MASTER vol.I, in quell’occasione gli ho posto una domanda: “Com’era Lucio a Londra?” e mi ha risposto: “Non era nessuno in particolare, un agnellino. Non riuscivo a capire se fosse contento o scontento del lavoro, se gli piacesse o no ciò che stavamo facendo.” Questa risposta mi è sembrata molto strana perché in realtà Lucio non è così, lui è uno che ha sempre voluto partecipare e far capire la sua opinione. Forse quella situazione l’ha presa semplicemente come un’esperienza per capire come andare avanti, dove poteva arrivare. Comunque lavorare con Westley è stato per lui sicuramente un vantaggio e ha arricchito la sua carriera.

E Mogol, durante l’incisione dei dischi, solitamente era in studio?

G: Mai, Mogol non stava mai in studio. Lucio gli mandava la cassetta con la melodia, con la ritmica registrata insomma, e con la finta voce, dopodiché Mogol scriveva il testo. Battisti si raccomandava con Mogol che rispecchiasse la scansione delle parole. Da lì in poi si coronava questo matrimonio perfetto, ed è indubbio che quando si sono separati ne abbiano perso entrambi…

Un aneddoto divertente riguardante Battisti?

G: Mi ricordo di un giorno in cui stavamo lavorando insieme, eravamo in studio e mi chiese se avevo la macchina. Dopodiché mi disse di chiudere lo studio e andare via. Mi portò al cinema a vedere i film di Totò, che lo divertivano moltissimo. Dopodiché tutti i giorni alle quattro di pomeriggio per una settimana intera. Abbiamo fatto la stessa cosa. È stato un piccolo segreto tra me e lui.

A: Invece, la barzelletta più stupida del mondo me l’ha detta proprio lui (e me l’ha ripetuta una cinquantina di volte): “Il prossimo figlio lo chiamo Erno, così quando mi vedono mi riconoscono come il padre et Erno”. E si divertiva solo lui quando la raccontava, ripetendola per una settimana.

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