Quando De André superò i Led Zeppelin nelle classifiche

Ispirandosi all’Antologia di Spoon River, De André e Piovani costruiscono un ambizioso concept sul tema dei vizi e delle virtù. E sbancano le classifiche. Battendo persino i Led Zeppelin.

La Spoon River Anthology è una raccolta di poesie pubblicate da Edgar Lee Masters tra il 1914 e il 1915 sul «Mirror» di St. Louis, nelle quali, in forma di epitaffio, i residenti sepolti nel cimitero locale, raccontano in prima persona gli accadimenti di un’immaginaria cittadina statunitense. L’opera fu introdotta in Italia da Cesare Pavese che, insieme a Fernanda Pivano che la tradusse, curò la prima edizione italiana pubblicata nel 1943. Eravamo in pieno regime fascista e, subito dopo la pubblicazione, il libro fu sequestrato per “immoralità della copertina”, che era semplicemente bianca orlata di verde.

Così Fabrizio De André racconta a Fernanda Pivano, che lo intervista per le note di copertina:

Spoon River l’ho letto da ragazzo. Avrò avuto 18 anni. Mi era piaciuto [...] forse perché in questi personaggi si trova qualcosa di me. Poi mi è capitato di rileggerlo, 2 anni fa [1969, ndr], e mi sono reso conto che non era invecchiato per niente. Soprattutto mi ha colpito un fatto: nella vita, si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso o a non essere sinceri, nella morte, invece, i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare.

Partendo da questa intuizione, De André non si limita a utilizzare la traduzione delle poesie originali ma rielabora i testi, sviluppando i temi dell’invidia e della scienza, cercando di adattarli alla realtà e al linguaggio dei suoi tempi. 

Con NON AL DENARO NON ALL'AMORE NÉ AL CIELO, De André ha fatto centro. È un 33 subito bello al primo ascolto: la voce “evocativa” di De André affascina ancora di più perché, per la prima volta, si distende in un canto armonioso. Ma il contenuto? Cos’è rimasto dell’aspra denuncia di Lee Masters, il poeta americano che nel 1915 scrisse questi versi con rabbia e dolore? Fabrizio li ha scritti con vena studiata, accompagnandosi con una musica che ti accarezza, s’insinua e ti fa aprire gli occhi di meraviglia. 

In un'intervista a «Oggi» del gennaio 1972, De André parla così del suo lavoro:

Allora Fabrizio, non ti sembra di avere addolcito troppo il discorso sociale di Masters?

Non sono d’accordo. C’è dolcezza perché tutto sommato sono cose dette e non semplicemente scritte: e la mia voce è particolarmente dolce, anche se io ho cercato di inasprirla un po’. Semmai, si tratta di una questione interpretativa, non di scrittura: certe volte, anzi, ho persino manipolato il senso della poesia di Masters per renderlo più duro...

Ma questo inasprimento la gente non l’avverte: rimane distratta dalla tua voce e dalle tue cantilene.

È il rischio che devo necessariamente correre tutte le volte che canto: ma se io ho una voce evocativa, o il diavolo che è, non posso mica farne a meno... Queste ballate bisogna sentirle 2 o 3 volte e, una volta sgomberato il pensiero dal richiamo fonetico, il contenuto deve rimanere. D’accordo: c’è l’impressione del buon ascolto e del buon sound che la voce e i suoni evidenziano: ma dietro c’è un lavoro di 9 mesi... e se io e quelli che mi hanno aiutato non siamo completamente cretini penso che qualcosa di valido l’abbiamo pur fatto... E poi, via, in questo album la mia voce non è sonnolenta come altre volte: ho cercato di cantare in diversi modi, proprio a livello di tono: la mia voce è diventata più espressiva e meno raccontiera del solito, e sono contento dei risultati perché ho dimostrato a me stesso di poter raggiungere delle tonalità alte che ritenevo al di fuori delle mie possibilità. Prima avevo la mania della bella forma, del bel dire: invece, tutto sommato, va bene così, anche se a un certo punto rischi la raucedine...

Perché Spoon River oggi? Tu hai voluto fare un discorso inserito nel tuo tempo o ti sei affidato all’istinto, alla tua umanità?

Il discorso è sempre mio. Mi sono ritrovato in questi personaggi di Spoon River come si sono ritrovati altri: perché ci rassomigliamo un po’ tutti. Il fatto clamoroso è che questi personaggi che si muovevano nella piccola borghesia dell’America degli anni 10 sono gli stessi che si muovono nella borghesia della grande Europa del 1971, o del grande mondo. È abbastanza angosciante il fatto che non sia cambiato proprio niente... Anche adesso esistono giudici nani che per rivincita diventano carogne... Anche adesso esistono scemi del villaggio e sempre in maggiore quantità... Comunque il mio è stato solo un lavoro di mosaicista. Masters aveva già detto tutto: io non ho fatto altro che ricomporre questi versi in modo tale che potessero essere detti in canzoni... un lavoro a tavolino, e un lavoro più da artigiano che da artista.

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