L’Italia che resiste di Francesco De Gregori

Crediti foto: Daniele Barraco
Crediti foto: Daniele Barraco

Quando De Gregori scrisse Viva l'Italia ricordò i momenti bui che avevano piegato il Belpaese. Sono passati altri anni e altri drammi da allora, ma il brano risuona oggi più forte che mai.

Il 31 marzo scorso, Rai 1 ha trasmesso Musica che unisce, uno show che ha visto intervenire numerosi artisti per un sostenere una raccolta fondi destinata alla Protezione Civile, impegnata quotidianamente contro ‪il Coronavirus. Tra le esibizioni, non è mancata quella di Gigi Proietti. L'attore ha declamato il testo di Viva l'Italia di Francesco de Gregori. Un brano che racconta la storia, la bellezza, ma anche gli orrori vissuti dal nostro Paese, e che termina con un necessario (oggi più che mai) "viva l'Italia, l'Italia che resiste".

Oggi vogliamo analizzare proprio una delle sue canzoni più famose, chiedendoci se, più di quarant’anni dopo la sua pubblicazione, possa ancora insegnarci qualcosa.

Francesco De Gregori registrò Viva l'Italia per l'omonimo album del 1979. Il brano venne pubblicato anche in 45 giri insieme a Banana Republic, che il cantautore aveva già presentato in coppia con Lucio Dalla (mentre nel disco la interpreta da solo).

Il singolo di Viva l'Italia venne poi esportato anche in Brasile con la traduzione in portoghese di un ancora poco noto Paulo Coelho.

Ogni volta che canto quella canzone sento che ogni parola di quel testo continua ad avere un peso.

Così ha dichiarato De Gregori in un’intervista rilasciata in tempi recenti al «Corriere della Sera». Il brano, infatti, è un racconto lucido e impietoso della storia d'Italia nei suoi momenti più bui. Il cantautore sembra dare il giusto peso a ogni parola, mentre elenca pregi e difetti del popolo italiano, come della sua nazione.

Viva l'Italia
L'Italia liberata
L'Italia del valzer e l'Italia del caffè
L'Italia derubata e colpita al cuore
Viva l'Italia
L'Italia che non muore.

Il viaggio di De Gregori comincia così. L'Italia di cui canta De Gregori è quella che ha saputo risollevarsi dopo il doloroso periodo del nazifascismo. "Viva l'Italia!", accanto a "Viva l'Italia libera!" è infatti il suggello di molte lettere di condannati a morte durante la Resistenza.

La nazione che De Gregori canta è anche una nazione allegra, l'Italia dei valzer d'opera, dei caffè cittadini. Un'Italia che, dal dopoguerra all'epoca del cantautore, non sembra aver ritrovato ancora la sua allegria, essendo stata "colpita al cuore". 

Siamo nel 1979, alla fine di quegli anni di piombo che avevano piegato nuovamente il Paese dopo la guerra. Anni di tensione e di terrorismo che De Gregori ricorda senza lasciarsi andare a formalismi o vana retorica.

Viva l'Italia,
Presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
Viva l'Italia,
l'Italia che non ha paura.

Dal 1979 a oggi si è decisamente abusato del brano di De Gregori, che è stato suonato in tante di quelle occasioni da non riuscire nemmeno a contarle: comizi di partiti più svariati, persino Mondiali di calcio.

Se ci si sofferma sul testo della canzone, tuttavia, ci si rende conto di come De Gregori sia tanto elogiatore del popolo italiano, quanto fustigatore di alcuni suoi atteggiamenti: l'Italia non è solo la nazione derubata, ma è anche l'Italia che tradisce, che ha commesso e continua a commettere ingiustizie. Nel raccontarne la storia, il musicista ricorda gli anni del boom economico, della speculazione edilizia e dell'avvento dei mezzi di comunicazione di massa.

E poi, la notte scura, quella degli attentati, della contestazione e delle prime stragi. L'Italia sotto assedio.

Viva l'Italia,
l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
Viva l'Italia,
l'Italia tutta intera.

Viva l'Italia,
l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera e l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
Viva l'Italia,
l'Italia sulla luna.

Nelle strofe successive, De Gregori amplia il proprio punto di vista raccontando l'Italia in generale, attraverso un gioco di ossimori e opposizioni. L'Italia non è solo una nazione dimenticata, trascurata, ma è anche una nazione che in certi momenti sarebbe da dimenticare. Dove c'è un giardino, c'è stata e c'è anche una galera

Con l'Italia sulla Luna (un'Italia, beninteso, tutta intera, senza divisioni di alcun tipo), il cantautore torna poi a un anno ben preciso: il 1969, anno che avvia la canzone verso la sua conclusione.

Viva l'Italia,
l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere,
l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
Viva l'Italia,
l'Italia che resiste.

Il 12 dicembre del 1969, alle 16:37, in piazza Fontana a Milano, presso la Banca Nazionale dell'Agricoltura, esplose la prima di cinque bombe. De Gregori ricorda la "madre di tutte le stragi" per riallacciarsi alla Resistenza. Traccia così un parallelismo tra l'Italia con gli "occhi aperti", nuda e sincera dieci anni dopo l'attentato, e l'Italia combattente e clandestina durante la Seconda Guerra Mondiale.

Io pensavo a quest'Italia che scendeva in piazza a opporsi a chi invece questa Italia la voleva chiusa dentro le case. Penso alle manifestazioni dopo le stragi, dopo le bombe come piazza Fontana.

E ora? Ora nelle piazze non ci possiamo andare. Restiamo, feriti, chiusi tra le mura della nostra abitazione, a pregare che ciò che stiamo vivendo sia solo un altro momento, passeggero, della "notte scura".

De Gregori ci mostra un'Italia colpita al proprio interno. Ma anche un'Italia che, tra peripezie e difficoltà, ha saputo in qualche modo farsi gli "anticorpi". La parola "anticorpi" in un periodo come quello che stiamo vivendo, non risuona poi così fuori luogo.

Non sarà forse il caso di rileggere con attenzione il testo di Viva l'Italia e, in questo periodo, intonarla più forte?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like