10 curiosità sulle copertine dei Van der Graaf Generator

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Quali dinamiche e storie hanno caratterizzato l'aspetto visuale e grafico delle copertine dei Van Der Graaf Generator? 

Il PH/VDGG STUDY GROUP sta ultimando la realizzazione di un nuovo volume che prende in esame tutte le copertine degli album dei Van Der Graaf Generator. Non si tratta di un semplice catalogo destinato ai collezionisti, ma di un modo diverso di avvicinarsi alla musica dei generatore, raccontando le dinamiche e le storie che hanno caratterizzato l'aspetto visuale e grafico del gruppo inglese. Ecco una gustosa anteprima…

1. THE AEROSOL GREY MACHINE (1969)

Nel 1969 THE AEROSOL GREY MACHINE venne pubblicato dalla Mercury solo in America. Eppure a un certo punto la casa discografica ipotizzò anche l’eventualità di una stampa inglese. A questo scopo, venne progettato e realizzato un artwork completamente differente: gatefold innanzitutto, declinato su tonalità meno accese rispetto alla grafica delle versione a stelle e strisce e più aderenti al titolo dell’album. Ma soprattutto, con in copertina la foto di una bella ragazza intenta a diffondere il contenuto della fatidica “macchina dello spray grigio”. La stampa vera e propria però non andò mai in porto e così di quella cover alternativa sono rimaste solo pochissime (e preziosissime) copie promozionali.

2. THE LEAST WE CAN DO IS WAVE TO EACH OTHER (1970)

Il secondo album dei VdGG, THE LEAST WE CAN DO IS WAVE TO EACH OTHER (1970), venne pubblicato negli Stati Uniti dalla Probe. Per l’occasione, l’artwork venne completamente rivisitato: le foto a colori dei componenti della band, che nella versione inglese andavano a occupare la parte interna della copertina, appaiono infatti sulla cover nella forma di cerchi da cui escono delle mani in un contesto “psichedelico”

3. H TO HE WHO AM THE ONLY ONE (1970) 

Il terzo album della band, H TO HE WHO AM THE ONLY ONE (1970) sancisce l'inizio del sodalizio tra i Van der Graaf Generator e l’artista inglese Paul Whitehead. Oltre a firmare anche la copertina del successivo PAWN HEARTS, Whitehead sarà l’artefice delle cover dei primi due album solisti di Hammill. Eppure la partenza della collaborazione non è delle migliori: come immagine per H TO HE Paul propone infatti un bozzetto che non soddisfa le aspettative del gruppo e viene rigettato. Fortunatamente sarà un’altra opera di Whitehead, un dipinto intitolato Birthday (compleanno), a catturare l’attenzione di Hammill che lo vorrà in copertina, mentre all’interno troverà spazio un’altra creazione dello stesso autore, intitolata Checkmate.

4. PAWN HEARTS (1972)

La cover dell'edizione brasiliana di PAWN HEARTS (1972) rappresenta un esempio di riutilizzo creativo: la copertina originale di Paul Whitehead infatti viene fotografata aperta e posizionata interamente sul front tra due bande nere, all’interno delle quali viene inserito il nome del gruppo e il titolo dell’album. Praticamente una versione in 16:9!

5. Il nuovo logo

Nel 1975, in concomitanza con la reunion del gruppo la Charisma decise di dotare i Van der Graaf Generator di un vero e proprio logo: fino a quel momento in ogni artwork il nome della band aveva avuto un aspetto differente. Il celebre logo metallico con la lettera V allungata e modellata a forma di triangolo fu realizzato da John Pasche, l’autore della celeberrima lingua dei Rolling Stones, e venne utilizzato per i tre album pubblicati nel 1975 e 1976, oltre che per PRESENT nel 2005. Fu lo stesso Pasche, nel 1977, a creare anche il nuovo logo con la denominazione accorciata in Van der Graaf.

6. STILL LIFE (1976) 

Il soggetto ritratto nella copertina di STILL LIFE (1976) è stato per anni oggetto di discussione tra gli appassionati. Visto il titolo dell’album “natura morta”, molti hanno pensato si potesse trattare di una pianta pietrificata, di un’alga o di un corallo. In realtà quella raffigurata è “semplicemente” la scarica elettrica emessa da un generatore di Van de Graaff, fissata in una lastra di acrilico. Questo tipo di immagine è nota come “figura di Lichtenberg”, dal nome del fisico tedesco a cui è dovuta la scoperta e lo studio di questo fenomeno. Fu David Jackson, mentre era in attesa dal dentista, a notare l’immagine su una rivista scientifica e a proporla come foto di copertina per il nuovo album.

7. THE QUIET ZONE/THE PLEASURE DOME (1977)

Il celebre fotografo e regista olandese Anton Corbijn è l’autore dei due scatti in bianco e nero presenti nell’inner sheet di THE QUIET ZONE/THE PLEASURE DOME (1977): nel primo i quattro musicisti sono ritratti in quello che sembrerebbe essere il backstage di un concerto; nel secondo la band è invece immortalata in azione. 

8. VITAL (1978)

L'artwork del doppio live VITAL (1978) ha una piccola particolarità: il collage di foto presente all’interno della confezione della versione americana comprende due foto differenti rispetto a quella inglese. Si tratta di due scatti in cui sono presenti due donne, poi rimossi e sostituiti con due immagini della band. Il motivo? Le indagini sono ancora in corso...

9. MERLIN ATMOS (2015) 

Se vi siete chiesti cosa rappresenti lo strano disegno presente sulla copertina del live MERLIN ATMOS (2015) ecco la risposta: si tratta del celebre motore Merlin della Rolls-Royce Limited che durante la Seconda guerra mondiale alimentò alcuni gloriosi velivoli tra cui lo Spitfire britannico e il P-51 Mustang statunitense. Il motivo dell’utilizzo del Merlin in copertina (e nel titolo dell’album) è dovuto alla presenza nella tracklist dell’album di Flight, la lunga suite composta e registrata da Hammill nel 1980 che in questa nuova versione si apre e si chiude proprio con il rombo di un aereo riprodotto dall’organo di Hugh Banton.

10. DO NOT DISTURB (2016)

La foto di copertina dell'ultimo album dei VdGG, DO NOT DISTURB (2016) è stata scattata durante un servizio fotografico a Bermondsey, nella parte sud di Londra. Il riflesso che si vede nell’immagine non è presente sulla foto originale ma è stato creato in grafica da Paul Ridout. La cosa più interessante però è il nome dell’autrice dello scatto, Tamra Grey, ovvero la primogenita del batterista Guy Evans

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