Otis Redding e quell’ultimo tour sventurato

Il 10 dicembre 1967 il mondo del soul diceva addio a Otis Redding, il giovane e talentuoso cantante della Georgia che aveva soppiantato Elvis Presley, valicando con la musica le barriere razziali. Ma cosa successe quel giorno?

Lo chiamavano Soulman o Big O, perchè bastava un semplice soprannome per incorniciare una delle voci più indimenticabili degli anni Sessanta. Nel 1962, a soli 21 anni, Otis Redding era volato sotto l'ala protettrice della Stax Records, a Memphis, che lo avrebbe reso un'icona della musica soul moderna, tale da non ricadere nelle usuali sonorità del rhythmn 'n blues. Il suo maestro era Sam Cooke, celebre cantautore R&B che, nel 1964, fu ucciso a colpi di arma da fuoco in un albergo. E quando accadde quel tragico evento, Otis era già indirizzato verso una luminosa carriera. Nel 1967, infatti, illuminava il palco del Festival di Monterey, cantando la celebre Respect

E proprio quella canzone avrebbe dato il successo alla Regina del Soul, Aretha Franklin, anche lei presente al Festival, dove Big O si faceva conoscere a una giovane generazione di bianchi.

Non erano più gli anni Cinquanta della segregazione razziale, i tempi stavano cambiando e Otis avvertiva che il soul riusciva a insinuarsi sempre di più nell'apprezzamento collettivo. Lui credeva nella contaminazione di generi e nella maturazione dell'ambiente musicale. E anche il mondo ci credeva dato che, proprio nel 1967, il referendum annuale di «Melody Maker» aveva riconosciuto a Redding la migliore voce, superando Elvis Presley. Così si prospettava un anno più che positivo, con la recente pubblicazione di LIVE IN EUROPE. Ma la sua chiusura portò con sè una tragedia. 

L'8 dicembre 1967 Otis stava registrando con la sua nuova e giovanissima band, i Bar-Kays, (Sittin' On) The Dock Of The BayUna ballad ipnotica che avrebbe spopolato tra il pubblico in poche settimane. Otis non era molto convinto della sua stesura e pensava di riarrangiarla e modificarla in seguito.

Tuttavia, quel giorno era particolarmente di fretta, perché l'indomani lo aspettava la prima tappa del suo tour, a Nashville. E il produttore della Stax, Jim Stewart, ha ricordato come avesse già un brutto presentimento quella sera in cui, a causa della fuga repentina di Otis, non aveva potuto salutarlo prima che si imbarcasse. Non fu però il primo aereo a portare con sé una sfortunata conseguenza. 

Accadde tutto due giorni dopo, quando la band si imbarcò per la terza tappa, Madison, di mattino presto, con un'ultima chiamata di Otis alla moglie Zelma prima della partenza. Il resto lo racconta la storia, poiché quello sventurato aereo si schiantò poco distante, nel Lago ghiacciato di Monona. Solo due superstiti, tra cui il trombettista dei Bar-Kays, Ben Cauley.

Il bassista James Alexander, invece, aveva preso un auto dopo aver perso il volo e sarebbe stato lui a ricostruire la band, decimata a solo un anno dalla sua formazione. Ed è ancora più triste pensare che i giovani musicisti avevano chiesto il permesso ai genitori per poter intraprendere il tour con il grande Otis. Un'occasione più unica che rara per un gruppo emergente. 

Li ricordiamo accanto a Redding nella loro ultima esibizione televisiva prima dello schianto, in cui il soulman aveva cantanto Try A Little Tenderness, un brano sofisticato, commovente e memorabile. Perché era questa la magia interpretativa di Big O: rendere personale ed emotivamente profondo qualsiasi suo brano, toccando corde vibranti poliedriche e ineguagliabili. Un lascito musicale testamentario ricco e moderno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like