CREPAX A 33 GIRI, un’intervista per raccontare Guido Crepax

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Abbiamo intervistato Antonio, figlio di Guido Crepax che ci ha voluto raccontare meglio il catalogo CREPAX A 33 GIRI e qualche aneddoto su suo padre

CREPAX A 33 GIRI (presentato da Vololibero Edizioni e BTF, volume a cura del figlio di Guido, Antonio, è il primo catalogo completo degli oltre 250 art work realizzati da Guido Crepax, colui che lavorerà fianco a fianco col fratello Franco per dare un’identità grafica alla produzione del vinile in Italia e che diverrà poi fumettista di fama internazionale grazie al personaggio di Valentina. Impreziosisce l’opera una graphic novel colorata dallo Studio Crepax in esclusiva per questo volume.

Ecco un’intervista ad Antonio, che ci aiuterà a entrare ancora meglio all’interno di questo libro, ma soprattutto all’interno del lavoro di Guido Crepax.

-Da cosa è nata l’idea d voler racchiudere in questo volume la storia e le grafiche di Guido Crepax?
L’idea nasce dal motivo per cui diciassette anni fa abbiamo creato Archivio Crepax: far conoscere, tutelare e riproporre il ricco patrimonio di immagini e contenuti frutto del lavoro di nostro padre. Da tempo volevamo far conoscere questo aspetto meno noto del lavoro di Guido Crepax, riunendo in una mostra e in un libro tutte le oltre 300 cover da lui realizzate. La mostra l’abbiamo fatta l’anno scorso, quando ancora si poteva (“Crepax X Music”). Il libro è nato quest’anno grazie a Claudio Fucci di Vololibero e Massimo Buffa del sito btf.it.

-Quanto è stata importante la musica nella vita di Crepax, escludendo il piano grafico? Cosa amava ascoltare mentre creava?
Quando disegnava Il suo giradischi era quasi sempre acceso. Il jazz è sempre stato la sua passione, il ritmo sincopato che accompagna meglio le scene d’azione. La classica ce l’aveva nel sangue, dal momento che il padre Gilberto, cui era molto legato, è stato primo violoncello alla Scala. La classica è la musica dei ricordi, della riflessione. Ma ascoltava anche un po’ di rock e i cantautori che gli abbiamo fatto scoprire noi figli. I preferiti? Parker e Mulligan nel jazz, Bach e Beethoven per la classica, Dylan e i Beatles nel country rock.

-Ma come nasceva una copertina di disco firmata Guido Crepax?
Le prime copertine le faceva quasi in serie, dal momento che ne faceva tantissime. Non c’era tempo per un ascolto. Il jazz lo conosceva meglio perché è sempre stato la sua grande passione, e per lo stile si rifaceva al designer americano David Stone Martin. Anche la classica era un genere “famigliare”. Per quanto riguarda tutte le altre, si può dire che siano nate più che altro da intuizioni del momento e talvolta il fatto che il disegno c’entrasse poco con la musica poteva anche incuriosire il pubblico. Da quando cominciò a fare Valentina su Linus (nel 1965), però, la sua produzione discografica si ridusse ed egli ebbe più tempo per ascoltare i dischi che gli venivano proposti e creare grafiche sempre più originali e attinenti. Frequenti erano anche i collegamenti con le altre cose che disegnava in quel momento, in primis con le sue storie a fumetti.

-Qual è la copertina che lo rappresenta maggiormente?
La copertina dove nostro padre esprime maggiormente la sua arte è senza dubbio la grande cover a 3 ante del disco “Nuda” dei Garybaldi. Questo perché mette insieme la forza seducente del grande corpo di donna in copertina (che non è altro che Bianca, la protagonista dell’ultima storia di Crepax) a un interno dove le parole delle canzoni diventano i testi di una vera e propria storia a fumetti. Una cosa mai vista prima.

-Quando è nata l’idea di trasformare un passatempo (Guido infatti amava decorare le buste dei suoi dischi jazz) in un lavoro vero e proprio?
Per questo bisogna ringraziare il fratello di papà, nostro zio Franco, che nel 1953 lavorava già alla Voce del Padrone ed è sempre stato un grande talent scout anche di suo fratello, molto più timido e riservato. Franco voleva distinguersi nel suo lavoro vendendo sempre più dischi e fare delle copertine più moderne e accattivanti gli era sembrata la carta vincente, come effettivamente è stato. Guido aveva già un tratto molto “americano” che poteva piacere, dal momento che tutto ciò che veniva dagli Stati Uniti diventava subito oggetto del desiderio. Ed è così che un semplice passatempo sarebbe diventato la “wild card” di uno studente di architettura con la passione del disegno.

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