Queen: l’incredibile debutto di cui nessuno si era accorto

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Il 13 luglio 1973, un venerdì, i Queen debuttano ufficialmente sul mercato discografico britannico con il loro primo, omonimo Lp distribuito dalla EMI. La settimana prima era in realtà già uscito un singolo, Keep Yourself Alive, ma nessuno se ne era accorto.

Testo di Giovanni Capponcelli

Con l’album, alla fine, la storia sarà differente. Registrato, assemblato, atteso da tempo ma per troppe settimane accantonato in cerca di un editore, finisce per essere pubblicato in un periodo affollato, poco dopo HOUSES OF THE HOLY e ALADDIN SANE, esattamente nel mezzo tra YESSONG e TALES FROM TOPOGRAPHIC OCEANS. Zeppelin, Bowie, Yes. Ovvero hard rock, glam e prog: i vertici di quell’ideale triangolo che domina la scena in quello scorcio di anni 70.

Una zona fertile in cui la giovane band londinese s’inserisce con irruenza, comoda ed entusiasta. Un esordio certo, ma da molti punti di vista già maturo, anche se ancora impersonale. La band è del resto già ben rodata da un paio di anni di attività live culminata con la “presentazione ufficiale” al Marquee, nell’aprile 1973. L’album ha avuto gestazione lunga, se si pensa che le prime incisioni risalgono addirittura all’autunno del 1971, ovvero alle radici stesse della band, appena scaturita dalle ceneri degli Smile.

In quel periodo, i neonati Queen ebbero l’occasione di utilizzare gratuitamente i nuovi De Lane Lea Studios, quasi fossero dei collaudatori. Fu qui che incisero tra l’altro le prime bozze di brani come Great King Rat e Jesus, oltre a sviluppare la propria conoscenza della sala d’incisione e a migliorare l’intesa reciproca, lavoro che li tenne occupati fino alla metà del 1972.

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Da queste prime più grossolane interpretazioni, cominciò quel certosino lavoro di produzione che caratterizzerà altri lavori della band, e in cui già si percepisce la grandeur del progetto di Roy Thomas Baker, giovane produttore fresco di esperienze in studio con T-Rex e Nazareth subito colpito dai demo che circolavano col materiale dei De Lane. È lui il regista delle definitive session ai Trident Studio da cui scaturisce la veste definitiva dell’album: è la seconda metà del 1972 ma, in mancanza di una casa discografica, la band dovrà attendere ancora otto mesi prima di vedere il suo esordio effettivamente nei negozi.

Corredato da una violacea ed elegante copertina, il disco restituisce l’immagine di una band forte, vorace, disinibita e assai volubile. Un classico quartetto con voce e chitarra come guide, capace di passare da una suggestione all’altra nello spazio di una strofa. Ne risulta un ascolto frammentario, a tratti caotico, spiazzante per la quantità di vie di fuga che sa trovare questo mercuriale flash rock emozionale, figlio di CLOSE TO THE EDGE come di LED ZEPPELIN IV, di Chuck Berry come dei Beach Boys. Un’ecletticità figlia del lungo arco temporale in cui il disco era stato scritto, oltre che delle diverse storie dei componenti del gruppo.

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Questo Modern Time Rock’n’Roll salta a piè pari tutta la grande esperienza del british blues, preferendo alle 12 battute una matrice pop spiccatamente melodica, anche se sempre tagliente: più Marc Bolan che Free, più Slade che Rolling Stones. Nel lotto, ci sono opposti ben conciliati. C’è Doing All Right, la mini-suite che schizza dall’arpeggio sussurrato all’assolone spaccaculo; un art rock a volte artificioso, assai sicuro di sé anche se non perfettamente nitido. C’è il pop tagliente dal gusto glam di un’opener coi fiocchi, quella Keep Yourself Alive destinata a restare a lungo in scaletta nei live; un brano veloce, di quelli che non si dimenticano – quasi come se fosse la faccia più sorridente di Communication Breakdown dei Led Zeppelin.

E sullo stesso versante robusto, ecco il riffone di Liar, portato in dote da Mercury dopo la rottura coi Sour Milk Sea, la sua prima band: 6 minuti di hard rock per sovrapposizione di cori e overdub selvaggi. Non manca il fantasy progressivo e fatato di My Fairy King, favola che potrebbe stare su qualche album mai inciso dai Genesis, così come l’atmosfera lunare di The Night Comes Down pare rimasticata dai primissimi incerti Deep Purple. E poi, il boogie in quinta marcia di Modern Times Rock’n’Roll, brano programmatico scritto da Taylor che si toglie pure lo sfizio di cantarselo.

Tutto questo e infine quel “...and nobody played synthesizer” scritto in calce sul retrocopertina. Una precisazione non richiesta, che smarca però i Queen dai paragoni con la pomposa scena prog del periodo e vuole testimoniare di un rock corporeo, diretto ed emotivo ma dal suono lussureggiante e multistratificato. Montagne russe che hanno come denominatori, più o meno comuni, la predilezione per la melodia e ovviamente la voce di Freddie Mercury, che svetta già sicura e luminosa. Una voce bella, poco avvezza ai tormenti blues e naturalmente sfogata nell’acuto squillante, nel fraseggio pulito e impeccabile.

Sull’altra sponda sta la clamorosa esuberanza del gruppo, che rende il disco a volte pretenzioso, soprattutto dalle parti di Brian May, pronto a giocare da subito all’asso pigliatutto tra assoli, fraseggi intricati, sovraincisioni a valanga e galoppate di glam metallico ancora non benedette dal Dio del rock degli stadi, eppure figlie delle grandi architetture di Page come dei forsennati ritmi di Townshend.

All’uscita, l’album gode di tiepido successo e buone recensioni. “Sono i primi di un’intera nuova ondata di rocker britannici”, scrive Gordon Fletcher su «Rolling Stone», dimostrando come una nuova generazione, erede precoce tanto di Stairway To Heaven che di Starman, sia già pronta a divenire protagonista. Purtroppo per lui, questo bell’esordio, negli anni immediatamente seguenti, si vedrà comprensibilmente schiacciato e soverchiato dall’imponenza e dalla fortuna del catalogo di una band nel frattempo divenuta una superpotenza mondiale. Non sarà però mai del tutto dimenticato, e anzi oggi prende la sua meritata rivincita, apparendo ben più attuale di altri dischi dei Queen dimostratisi troppo figli del loro tempo.

Questo articolo è tratto da «Classic Rock Speciale n.11», disponibile in digitale e cartaceo sul nostro store online.

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