Dalla potente voce di David Byron alla genialità compositiva di Ken Hensley fino alla sempre fedele chitarra di Mick Box, gli anni Settanta degli Uriah Heep hanno cavalcato l'onda del prog. Ma conosciamo tutti i loro grandi bassisti?
Paul Newton
Conosciuto come il primo bassista degli Uriah Heep, Paul Newton ha fornito il suo magico tocco nei primi tre album della band: VERY ‘EAVY…VERY ‘UMBLE (1970), SALISBURY (1971) e LOOK AT YOURSELF (1971). Tra la genialità compositiva di Ken Hensley nell’era di David Byron alla voce, l’album di debutto porta anche la firma di Newton sul brano Dreammare. Nel 1971 il bassista lascia la band, senza dimenticare quell’esordio rivoluzionario che lo ha portato a partecipare a concerti degli Uriah Heep Legends. La sua ultima collaborazione è però a fianco del cantante Chris Rainbow con l’album LICENSE TO ROCK (2017) che, nonostante l’apporto innovativo, porta due brani degli Heep in scaletta, tra cui Baby Please Don’t Go, voluti fortemente da Rainbow, fan della band.
Mark Clarke
Dopo la triade di apertura di Newman, Mark Clarke avanza in una fulminea apparizione con gli Uriah Heep. La sua stagione si limita a un album leggendario, DEMONS & WIZARDS (1972) e a una sola canzone, The Wizard. Un brano senza tempo, pubblicato come singolo nel 1972 e che ancora oggi si posiziona al quinto posto tra i brani più ascoltati della band su Spotify, con 5.287.025 ascolti. Tuttavia la carriera di Clarke, che si è testimoniato nel tempo come un ottimo bassista, è ricordata per la sua militanza nei Colosseum, storico gruppo progressive londinese nato nel 1968. Quattro anni dopo, sarà il suo fondatore, il batterista Jon Hiseman, grande amico di Clarke, a ricreare con quest’ultimo i Tempest, fino al 1975. E prima dell’esperienza con i Mountain, anche Clarke torna in territorio Uriah Heep con due album accanto al vecchio collega Hensley.
Gary Thain
Gary Thain, figlio del blues rock londinese, è considerato la grande firma al basso degli anni ’70 per gli Uriah Heep. Il suo tocco virtuoso, elegante, preciso e al tempo stesso dirompente tratteggia le ballad del gruppo con un marchio riconoscibile. Così tutte le tracce di DEMONS & WIZARDS, tra cui la punta di diamante, Easy Livin’, si destreggiano sulle note del suo basso. Ma è in THE MAGICIAN’S BIRTHDAY, pubblicato nel novembre 1972, che Thain si dà anche alla composizione di due brani, Spider Woman, che raggiunse la 14esima posizione in classifica in Germania, e Sweet Lorraine, che si inserì nella Billboard Hot 100. La sua carriera continua con SWEET FREEDOM (1973) e WONDERWORLD (1974), prima di arrestarsi un momento prima di quella che poteva essere una luminosa ascesa. Il cuore palpitante degli Uriah Heep si spegne l’8 dicembre 1975 a causa di una crisi respiratoria dovuta a un’overdose di eroina. Aveva solo 27 anni.
John Wetton
Ma i problemi di droga di Thain avevano già intaccato l’equilibrio della band, tanto che, all’inizio del 1975, il bassista viene allontanato dal gruppo. Al suo posto entra in formazione John Wetton, agli albori degli anni Settanta con i Mogul Thrash e poi con i Family nel 1972. Fino alla propizia chiamata di Robert Fripp, che lo porta in squadra con i suoi King Crimson, lungo la nuova rifondazione con il trittico LARK’S TONGUES IN ASPIC (1973), STARLESS AND BIBLE BLACK (1974) e RED (1974). Quest’ultimo, in particolare, vede una maggiore incidenza compositiva di Wetton, dettata anche dalle fragilità interne del gruppo dopo il precedente album sperimentale. Quando finisce l’esperienza con i musicanti del Re Cremisi, Wetton non solo ha perfezionato la sua tecnica al basso e anche al canto, con un marchio inconfondibile, ma si è fatto anche un nome di spessore nel mondo prog, che lo porterà a collaborare anche con il supergruppo degli Asia fino alla sua morte, nel 2017 a causa di un cancro. Rimane però eterna la sua eredità con gli Heep, negli ultimi due album che chiudono l’epopea di Byron.
Trevor Boulder
Ultimo a chiudere la parentesi anni Settanta, ma detentore di una lunga permanenza con gli Uriah Heep è Trevor Boulder. Il quinto bassista vanta 11 album con la band e uno stile orientato con precisione verso gli albori della sua tecnica, nel blues anni ’30 e ’40. Da lì Boulder fa proprio l’insegnamento maestro di Jack Bruce, passando per esempi stilistici come John McVie, John Entwistle e Paul McCartney. Ma la sua prima grande esperienza sul palco con una star è all’inizio degli anni Settanta, con David Bowie and The Spiders From Mars. Boulder viene identificato come l’amico strano di Ziggy Stardust, prima della sua caduta nel 1973. Perché Boulder non ama gli orpelli e le maschere del glam rock o la sua filosofia estetica complessa e patinata. Sul palco sono solo lui e il suo basso, anche se non si definisce solo un bassista, in quanto anche ottimo trombettista, da cui acquista quel tocco melodico che imprime al suo sound.