Jethro Tull: la recensione di THE ZEALOT GENE

Un ritorno senz'altro gradito, quello dei Jethro Tull, dopo quasi vent'anni di silenzio discografico, ma THE ZEALOT GENE avrà rispettato le aspettative degli appassionati?

THE ZEALOT GENE è stata l'ultima fatica discografica dei Jethro Tull, capitanati da un ispirato Ian Anderson ossessionato dallo scorrere del tempo e, sofferenti dell'assenza dello storico chitarrista Martin Barre. L'album si propone come un lavoro della band con tutti i crismi, pur non presentando alcuna novità significativa. Un disco che ha creato innumerevoli divisioni e che, spesso e volentieri, si mostra come un soliloquio di Anderson più che uno sforzo collettivo. 

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Gli highlight di THE ZEALOT GENE 

Ian Anderson e i suoi Jethro Tull rimangono un marchio storico per il rock. Il loro apporto alla storia della musica contemporanea è profondo e massivo. Per questa ragione, anche un'opera oggettivamente meno trionfante come THE ZEALOT GENE, si presenta, comunque, con un disco forte di interessanti highlights. Su tutti, la ricercatezza sonora. Se è vero, infatti, che per quanto eclettiche siano, le strumentali si rivelino spaventosamente ripetitive, queste trovano nell'utilizzo di strumenti poco convenzionali, un modo per proporre l'inconfondibile sound dei Jethro Tull in una veste parzialmente rinnovata

A farla da padrone, poi, il flauto traverso di Anderson, trademark assoluto della band che arricchisce i brani con un senso di piacevole nostalgia; qualcosa che strizza sicuramente l'occhio agli appassionati della vecchia guardia. Altro punto importante dell'album è la creatività e la sagacia con la quale Anderson ha firmato i testi. I brani trattano tematiche bibliche, esplorando i meandri più oscuri del Testo Sacro, rapportandolo ad eventi della storia moderna e a fenomeni quotidiani. La penna di Anderson rimane tagliente e precisa, mentre la sua voce muta, succube dell'inesorabilità del tempo e delle patologie polmonari che hanno affetto l'artista, senza, però, deludere l'ascoltatore e, in determinati punti, collimando alla perfezione con l'indole mite del disco. 

I difetti dell'album 

Bisogna ammetterlo, THE ZEALOT GENE è ben lontano dai giorni di gloria dei Jethro Tull e di sicuro, non è tra i loro lavori migliori. Il disco si presenta sin dalle prime note come un enorme esercizio di stile progressivo. Le strumentali sono tanto precise da risultare scolastiche e, in linea generale, l'opera si presenta anonima dal punto di vista musicale. Come già precedentemente accennato, il flauto di Anderson domina l'album nella sua totalità e, per quanto riporti alla mente i fasti dei Jethro Tull, in alcuni momenti può risultare eccessivo nella sua onnipresenza. Le chitarre hanno ben poche valvole di sfogo, nonostante fungano da formidabile tappeto melodico per la sezione ritmica. 

Conclusioni

Ian Anderson ha fatto molto parlare di sé nei mesi antecedenti l'uscita del disco. Possiamo sicuramente affermare che le tattiche di marketing più astute siano ben padroneggiate dai giganti del rock. In diversi casi, però, le speranze dei fan si sciolgono come neve al sole dopo aver eretto castelli di aspettative troppo alte da raggiungere. THE ZEALOT GENE è l'esempio lampante di quanto facile sia assecondare le preferenze dei fedelissimi, piuttosto che compiere scelte audaci per accogliere nuovi ascoltatori. Comunque sia, il nuovo album dei Jethro Tull è un disco abbastanza eccentrico, ben strutturato e con diversi punti a favore che si guadagnerà sicuramente un posto nelle collezioni degli appassionati più irriducibili, anche se non consumerà le puntine di troppi giradischi. 

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