Il consiglio di Max dei MCR su come essere felici, e altre 5 domande

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© Modena City Ramblers
Ieri abbiamo chiacchierato con Massimo Ghiacci dei Modena City Ramblers del nuovo album, del tour e della loro partecipazione al Kaulonia Tarantella Festival. E già che c’era, ci ha dato anche un paio di dritte su come viversi al meglio la vita.

1. Innanzi tutto, come è stato per voi vedere, per la seconda volta, l’aiuto della vostra ciurma di fan contribuire concretamente per rendere Altomare realtà? Pensate di aver soddisfatto le aspettative di chi, con questo gesto, ha creduto in voi?


In un mondo che cambia molto velocemente, in cui il digitale sta assorbendo sempre di più la realtà e la musica non necessita più strettamente di un supporto fisico, noi vogliamo e cerchiamo di continuare ad essere artigiani della musica. Il nostro pubblico rispetta e supporta questa cosa, inoltre con l’ultimo disco abbiamo anche chiuso i rapporti con l’etichetta - la fu Polygram - per cui il riscontro che abbiamo ricevuto dai nostri fan attraverso il crowdfunding è andato molto al di là delle nostre aspettative. Non ci saremmo mai aspettati, lo dico senza falsa modestia, di riuscire addirittura a stampare un cd e pubblicare una Limited Edition in vinile. Per rispondere alla tua seconda domanda, invece, stiamo ricevendo un’ottima risposta dal punto di vista dell’apprezzamento da parte dei fan, e anche questo ci fa molto piacere. In queste prima parte del tour abbiamo già eseguito molti dei brani e sospettiamo che alcuni di questi diventeranno presto dei classici nelle nostre scalette future. Infatti siamo rimasti fedeli all’immaginario più combat folk con influenze punk cui gran parte del nostro pubblico è affezionato, ma non solo: ci sono anche anche numerose sonorità reggae, ritmi africani, e riferimenti alla tradizione popolare italiana, che sono stati ben accolti durante i concerti.

2. Parliamo invece del brano in collaborazione con i Punkreas, Resistenza Globale: “si bacia il rosario se l’ampolla è finita” è una frase apparentemente semplice ma racchiude un forte riferimento politico. Siete consapevoli di aver scritto l’inno perfetto per i cortei a venire?

Beh sarebbe un’onore, non ne sono consapevole anche perché tendo a vedere la cose con grande modestia. Al di là dei concerti e della dimensione personale, fare canzoni che possano essere usate durante manifestazioni è una grande soddisfazione ed emozione, anche quando mi capita di sentire la nostra musica in qualche corteo mi meraviglia. Il nostro obiettivo è molto distante dalla musica retorica, dallo scrivere dei testi scontati e compiacenti solo per vendere; bensì cerchiamo, con la forza della nostra identità, di lanciare un messaggio politico che possa essere recepito attraverso la musica: ed è esattamente quello che Resistenza Globale vuole essere, un piccolo inno pacifico, un grido collettivo che afferma che c’è ancora un mondo di generazioni diverse che non si riconosce nell’ipocrisia della politica italiana.

3. Cosa vi aspettate invece dal Kaulonia Tarantella Festival, che oltre ai valori di inclusione, integrazione e solidarietà che condividete con l’evento, porta alto il baluardo della cultura autoctona e non solo?


Sarà sicuramente un’occasione per fare festa, nell’accezione migliore del termine. Torneremo a far parte di un mondo che ci ha accolto tante volte, una parte d’Italia che ha un’identità che fa della musica un elemento simbolico e di profondissimo valore culturale. Noi siamo una band emiliana, per cui nel nostro DNA non abbiamo propriamente i ritmi caldi tipici meridionali: ma quei ritmi abbiamo imparato ad amarli, conoscerli e viverli proprio in quelle terre. Infatti è proprio questa la bellezza del valore musicale in Calabria, il fatto che la musica non la ascolti o la suoni  semplicemente: qui la festa è un compartecipare di elementi sonori, sapori, colori, movimenti ed emozioni che te la fanno vivere veramente, la musica.

4. Il Kaulonia Tarantella Festival inoltre propone numerosi talk e approfondimenti ad accesso libero per entrare ancora più nel vivo della città di Caulonia e del festival stesso; secondo voi, qual’è l’attività che assolutamente non bisogna perdersi?


Istintivamente, sarebbe bello imparare e rieducarsi (parlo per primo) all’ascolto dell’altro, in modo reciproco, per cambiare il mondo. Mi spiego meglio; mi sembra che sempre di più ci si parli addosso, si parli in continuazione in prima persona singolare, ponendosi davanti all’altro in modo chiuso. In un contesto di ascolto invece, come quello del festival, sarebbe bello ritrovare una condizione di apertura mettendosi in ascolto di ciò che ti circonda: un suono, una voce di un padre, di un figlio. Mi rendo conto che però un elemento di distacco dal proprio interlocutore è anche il cellulare: ci diseduca a interagire verbalmente e fisicamente, e riduce di moltissimo la capacità di concentrazione e ascolto. Se tutto il mondo passa attraverso il telefono è difficile barcamenarsi, a meno che non si diventi una sorta di freak fuori dal mondo. Ma quanto vuoi uniformarti e assecondare dove sta andando il mondo? Lungi da me il voler essere contrario ai social o il telefono, è un’appendice vitale, ma il fatto è che evolutivamente parlando, stiamo andando in una direzione che rischia di cambiarci come esseri umani, annullando quelle connotazioni fondamentali che sono i gesti, gli sguardi, i movimenti.

5. E tutto ciò, secondo te, ha anche a che fare con i contenuti che porta la nuova generazione di artisti del panorama musicale contemporaneo?


Al di là del genere, punk, reggae, rap che sia, la musica vera regala tanto. Nelle relazioni, nei rapporti, nella propria sensibilità, la musica ti fa capire che non sei solo, non sei diverso. Ed è fondamentale riuscire ad aprirsi alle emozioni, esplorare le proprie paure, guardando in faccia i propri demoni, i sogni, le idee e le utopie. E tutto questo ti fa crescere, ti rende umano, ti rende più autentico perché - se l’ascolti veramente - in qualche modo ti forza a guardarti dentro. E qui torniamo sul discorso dell’ascolto: ascoltare la musica, per ascoltare il rimando interno. Per poi riuscire a riflettere quell’autenticità con gli altri, e questa è una cosa che ho capito con l’esperienza: la strada per essere più felici e sereni è non porsi limiti nell’esprimere sé stessi con gli altri. Altrimenti finisci per costruirti attorno un castello di apparenze che dopo anni e anni inizia a corrodere la tua integrità. Una maschera di falsità che prima o poi ti chiederà il conto, e che sarà salatissimo.

6. Un’ultima domanda: una volta terminato il tour, che sembra stia andando molto bene, quali sono i prossimi progetti? Avete già in mente quale sarà il vostro prossimo passo?


Questo tour che è appena iniziato ci auguriamo che in qualche modo possa continuare per tutto il 2023 e ci auguriamo il prossimo 2024, visto che non pubblicavamo materiale inedito dal 2017 abbiamo tante nuove canzoni che vogliamo suonare ovunque; attualmente abbiamo anche un progetto su cui stiamo lavorando, che prevede la collaborazione di artisti africani come Thetha Mama aka The One Who Sings, che ha suonato con noi anche nel brano Per quanto si muore (insieme con Ian Anderson, n.d.r.) che abbiamo conosciuto l’anno scorso e con la quale vorremmo dare seguito ai brani già iniziati a registrare a Johannesburg insieme. Inoltre vorremmo riproporre Scatterlings Of Africa, creando una nuova collaborazione con il figlio di Johnny Clegg… dovremo capire a fine estate come riuscire ad incastrare il tutto. Nel frattempo, abbiamo una tournée europea nel mese di ottobre, in Irlanda, e anche questo ci terrà impegnati in qualcosa che non è il nostro solito modo di fare musica in Italia, poiché suoneremo anche per persone che non ci conoscono e non conoscono la lingua. Sarà elettrizzante!

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