MÅNESKIN: l’Italia si è presa il trono del rock?

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Måneskin in concerto al Rock am Ring al Nürburgring, Nürburg, Germania 2022 – Photo: Sven Mandel
Måneskin sì, o Måneskin no? Francesco Donadio e Cristiana Turchetti ci raccontano il loro punti di vista pari e opposti…

Francesco Donadio: Il peccato originale

“Voi ce li vedreste i Måneskin sulla copertina di «Classic Rock»? Io, se un giorno dovesse succedere, giuro che mi ritiro a vita privata”

“Contano” oggi i Måneskin nel mondo? Non c’è alcun dubbio. Hanno totalizzato negli ultimi tre anni più di tre miliardi di stream, i loro video sono tra i più visti – l’ultimo, quello di Honey (Are You Coming)?, si attesta al momento in cui scrivo su 5,1 milioni di visualizzazioni su YouTube – e i loro concerti sono (quasi) sempre sold out, un po’ ovunque. Sono famosi, eccome se lo sono. Poi però c’è la prima parte della domanda. Sono una “rock band”? A me pare di no, se non superficialmente. Il concetto di “rock band” nasce suppergiù nel 1962/1963, con i Beatles. Un quartetto basso chitarra e batteria che si era fatto le ossa concerto dopo concerto e che dopo una lunga gavetta aveva conquistato il mondo con canzoni di propria composizione, provate e riprovate dal vivo o in sala fino a essere portate a perfezione. Un format, questo, che da 60 anni è stato replicato tale e quale da ogni “rock band” degna di questo nome: dagli Stones e dagli Who, dai Radiohead e dai Blur, dagli Strokes e dai Libertines... e via discorrendo. La tv, nella vita di queste band, non è mai stata molto considerata. Sì, magari dopo aver avuto un singolo di successo ci si esibiva anche a Top of the Pops o da Conan O’Brien al fine di amplificare la propria fama. Ma solo dopo e, in genere, senza grande entusiasmo. Ebbene, i Måneskin si portano appresso questo peccato originale, quello di essersi fatti conoscere principalmente con la tv. Una modalità molto “pop” – non che ci sia nulla di male – ma che se da un lato rappresenta un’autostrada verso il successo, dall’altro svuota – nonostante una certa gavetta che, pure, hanno fatto – la loro carriera, e la loro immagine, da quel “payin’ one’s dues” che a tutt’oggi costituisce una sorta di linea di demarcazione tra quelle che sono considerate “rock band” e quelle che non lo sono... 

...E tuttavia: avete mai provato a vedere quanta gente figura tra gli autori dei (più recenti) pezzi dei Måneskin? Sul già citato Honey (Are You Coming)? sono (a parte Damiano & Co.): Rami Yacoub, Sylvester Sivertsen, Justin Tranter, Jussi Karvinen e Cxloe. Nientemeno che cinque “aiutini” esterni: cose da Avril Lavigne, o da Rihanna – che nessuno si sognerebbe mai di definire “rock” – quanto mai distanti dalla filosofia di Lennon-McCartney, di Strummer-Jones e di Albarn-Coxon. Come anche, per dire, di Pagani-Mussida con la PFM (talvolta citata quale esempio di band italiana di successo in America “prima” dei Måneskin)...

...Sono uno dei più grossi fenomeni pop degli ultimi anni e non è una cosa da poco (e se vogliamo inorgoglirci in quanto italiani, facciamolo pure, ma io non sono molto sensibile a questo nazionalismo in campo musicale), ma... Voi ce li vedreste i Måneskin sulla copertina di «Classic Rock»? Io, se un giorno dovesse succedere, giuro che mi ritiro a vita privata, seduta stante. Giurin giurello.

Cristiana Turchetti: Zitti e buoni

“Sono talmente rock and roll che possono permettersi di non snobbare Sanremo
e l’Eurofestival”

La premessa è d’obbligo: chi dice di non aver provato un po’ di orgoglio nel vedere i Måneskin aprire il tour degli Stones mente sapendo di mentire. Mick Jagger ha sempre saputo scegliere i suoi supporter e qualcosa di buono deve averlo visto nella band più osannata all’estero e più snobbata in Italia in questo momento. L’MTV Award quale miglior rock band dell’anno dovrebbe bastare a mettere a tacere tutti i detrattori di Damiano&Co, visto che il premio se lo sono guadagnato contro tipi del calibro di Foo Fighters, Linkin Park, Metallica, Muse e Red Hot Chili Peppers... Eppure, i soliti noti, quelli che “il vero rock è morto nel 1969” e quelli che “il vero rock è morto nel 1978” (quindi tutti quelli nati negli anni 70 e 80 sarebbero destinati a una triste necrofilia musicale) sono riusciti a sminuire anche questo momento epocale, liquidandolo come mera operazione di mercato. Sarà anche commerciale, ma quella dei Måneskin è un’operazione che funziona. Funziona perché non sono scomparsi dopo un anno, come predetto da tanti, ma sono cresciuti e hanno confermato una credibilità in un genere musicale che, per gli italiani, è sempre stato off limits...

... E sono talmente rock and roll che possono permettersi di non snobbare Sanremo e l’Eurofestival. Quando ero piccolina e studiavo in UK, la sola canzone italiana che passassero i jukebox era Gioca Jouer di Cecchetto. Erano gli anni Ottanta, va bene, ma non c’era altro. I grandi gruppi prog italiani non hanno mai sfondato la barriera del confine anglofono. Altri, come i Lacuna Coil, per esempio, si sono conquistati un posto di nicchia, rispettosissimo, ma niente che possa essere paragonato al successo e al riconoscimento che i Måneskin ricevono senza passport control. Sono loro la migliore rock band del momento? Probabilmente no. Sono loro la sola rock band italiana che abbia mai avuto un successo così universale e acclarato? Sì, senza ombra di dubbio. E a quelli che continuano a snobbare i 40 milioni di album venduti, 6 dischi di diamante, 34 dischi d’oro e oltre 4 miliardi di stream, solo zitti e buoni!

 

…Tratto dall’ultimo numero di Classic Rock, disponibile in edicola e online!

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