Lo speciale sui JETHRO TULL è finalmente qui!

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Su grande richiesta, abbiamo pubblicato uno speciale sui JETHRO TULL con la discografia commentata album per album, line-up e curiosità da This Was al 7 Decades Tour… leggi un estratto qui!
Tratto da: “1971: AQUALUNG”
È la fotografia di un clochard a ispirare la canzone simbolo del quarto album dei Jethro Tull, che in verità, originariamente, avrebbe dovuto intitolarsi MY GOD, dal brano omonimo scritto l’anno prima e già testato dal vivo.
 

Nel 1970 Jennie Franks studia fotografia in un college londinese. “Le venne assegnato il compito di immortalare dei senzatetto”, rivelerà suo marito Ian Anderson a «Guitar World» nel 1996, “così andò tra le persone che vivevano in scatole di cartone in una certa zona di Londra. Dietro quella foto in particolare, aveva scritto la frase ‘Sun streaking cold, an old man wondering lonely’, ma l’idea del riff duro dell’introduzione fu mia”. È dunque la fotografia di un clochard a ispirare la canzone simbolo del quarto album dei Jethro Tull, che in verità, originariamente, avrebbe dovuto intitolarsi MY GOD, dal brano omonimo scritto l’anno prima e già testato dal vivo. Se non fosse che Ian viene battuto sul tempo dai produttori di un bootleg: i Jethro Tull, infatti, stanno conducendo un’intensissima attività concertistica, che li ha portati al leggendario festival all’isola di Wight del 30 agosto 1970.

LICENZIAMENTO AL CHECK-IN
Ma c’è qualcosa che scricchiola, ed è la posizione di Glenn Cornick. “Credo che Ian, nonostante le apparenze, sia in fondo un po’ puritano”, dirà il bassista a Scott Allen Nollen, l’autore del libro Jethro Tull: A History of the Band, 19682001. “I suoi genitori si vergognavano di come vestiva on stage e lui cercava di non farsi mai vedere da loro. Eravamo in tour in America e io me la spassavo con le ragazze. Voglio dire, avevo 21 anni, c’era più abbondanza di quanta avrei potuto mai trovare in tutta la vita e cercavo di trarne vantaggio”. A fine tour, nel novembre 1970, è il manager Terry Ellis a comunicare a Cornick che Anderson non vuole più lavorare con lui. Il colloquio avviene in un bar dell’aeroporto JFK di New York, mentre il resto della band è già sul volo per Londra. Così dopo le prime session avviate con Cornick nel mese di aprile, al resto delle registrazioni, che avvengono tra dicembre 1970 e febbraio 1971 presso i nuovi studi della Island Records a Basing Street, si unisce Jeffrey Hammond, il vecchio amico di Anderson addirittura citato in tre canzoni tratte dagli album precedenti.
In questo album Martin Barre conquista uno spazio maggiore; la chitarra elettrica, con le sue sferzate distorte, è il necessario collante per traghettare le canzoni in area più rock, e i solchi regalano un paio dei migliori assolo di sempre del chitarrista. Clive Bunker, invece, fornisce un importante contributo tribale con una serie di rullate e colpi sui tom che frammentano la ritmica in maniera originale. John Evan, poi, finalmente promosso membro effettivo della band, dà un contributo determinante in canzoni come Hymn 43 e soprattutto Locomotive Breath. Quest’ultima, in realtà, è prevalentemente registrata da Anderson, il quale, oltre che le parti di flauto e chitarra acustica, suona anche grancassa, charleston e alcune linee di chitarra elettrica. Dopo aver realizzato la base, tutto diventa più facile per Bunker e Barre, che devono soltanto colmare le lacune, mentre Evan aggiunge la celebre intro al piano.

LO STILE ANDERSON
In questo disco, Anderson incrementa la quantità di canzoni acustiche (che canta e suona con l’unico ausilio di una leggera sezione ritmica o una sottile linea di archi arrangiata da David Palmer) e cresce anche a livello vocale: il timbro nasale non è certo tra i più gradevoli, né si può dire che sia dotato di grande estensione. Ma è una voce particolare che sa modellare con grande versatilità, rendendola beffarda e ironica, sarcastica o disillusa, meravigliata o arrabbiata. Ma, ove necessario, anche insolitamente dolce e delicata, come avviene per esempio in Slipstream. In un paio di occasioni (Mother Goose su tutte) Anderson evoca chiaramente un altro songwriter britannico, Roy Harper, come conferma Cornick: “La voce e il modo di suonare la chitarra di Ian arrivano direttamente da Harper: è davvero impressionante quanto il loro stile sia simile, persino il manierismo…

Continua sullo speciale a cura di Mario Giammetti, disponibile qui!

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