Il cinquantesimo anniversario di Led Zeppelin

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Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham non hanno ancora un nome né una casa discografica quando incidono il loro primo album insieme.

O meglio, un nome ci sarebbe: quello con cui avevano appena affrontato una decina di date in Scandinavia (The Yardbirds). Ma su quel punto ci sono seri dubbi, sia per motivi legali che per le insistenze delle recenti reclute Plant e Bonham, fermi nell’intenzione di presentarsi al mondo con un moniker nuovo di zecca. Almeno, però, un manager i futuri Led Zeppelin ce l’hanno: è quel Peter Grant che di lì a qualche mese si sarebbe dimostrato uno dei più formidabili asset della band, praticamente un quinto imprescindibile membro.

L’assenza di legami discografici, poi, si rivela un fatto positivo, perché garantisce a Jimmy Page e soci una libertà creativa inconsueta per i tempi. Non dovendo rispondere di nulla a nessuno, Page – che di fatto è il leader incontrastato – si sente libero di sperimentare a suo piacimento e di perseguire la visione che già da qualche tempo aveva maturato su quale dovesse essere il suono di una moderna rock band. Paga d’altronde di sua tasca, con i suoi risparmi, il costo della sala e dell’ingegnere del suono (Glyn Johns), in tutto 1782 sterline. Cifra non esorbitante, dato che peraltro le session di questo primo Lp non van-no oltre le 30 ore: i futuri Zep avevano affinato i brani alla perfezione durante il tour scandinavo e in sala non restano un minuto più del necessario, giusto il tempo di mettere su nastro nove tracce più qualche outtake e poi di mixare le prime. Come dichiarerà in seguito John Paul Jones, “più o meno si trattò di registrare il nostro show [dal vivo]. È per questo motivo che ci sono così tante cover. Era tutto quello che avevamo pronto a quell’epoca”.

In seguito, molti indicheranno in LED ZEPPELIN il disco che ha inventato l’heavy rock, o heavy metal, ma in realtà quel campo era già stato in precedenza arato dalla Jimi Hendrix Experience e dai Cream, per non parlare del seminale TRUTH del Jeff Beck Group (fra l’altro, anch’esso gestito da Peter Grant). Tuttavia, in questa affermazione c’è un fondo di verità.

Jimmy Page & Co. illuminarono un diverso troncone dell’heavy rock, più dinamico e progressive, fatto di chiaroscuri e di alternanze quiet/loud, percorso anche da umori folk e – in seguito – etnici, e non soltanto dal blues.

Ed è innegabile che il virtuoso riffeggiare di Page, il white man blues lancinante di Plant e l’aggressivo tambureggiamento di Bonham hanno lasciato un segno sul futuro heavy metal molto più marcato di quanto siano riusciti a fare Hendrix, Clapton e Beck: le loro band – per innovative che fossero – erano fondamentalmente legate agli anni 60, mentre i Led Zeppelin erano già proiettati verso il decennio successivo.

L’articolo completo, a cura di Francesco Donadio, è sullo Speciale di Classic Rock n.4, disponibile qui.

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