Intervista ad Alice Cooper degli Hollywood Vampires

La nostra intervista agli Hollywood Vampires a propostio di RISE. Ladies and gentlemen: Alice Cooper!

Dei Vampires e di tanto altro abbiamo parlato, sulla linea telefonica Roma-Los Angeles, con Sua Maestà Alice Cooper, uno che come tutti i grandi – e lui è decisamente un “grandissimo” – non ti fa mai sentire il peso della sua leggenda, ma piuttosto ti investe con il contagioso entusiasmo che ancora possiede perla sua musica e per il suo lavoro, neanche fosse un ragazzino esordiente, a dispetto dei suoi 70 anni suonati.

Rispetto al primo album degli Hollywood Vampires, RISE è piuttosto diverso: contiene solo 3 remake, le altre canzoni sono tutte originali. Vi avevano definito una cover band di lusso, ma ora siete un vero gruppo, con una propria fisionomia.
Era quello l’intento. All’inizio, quando abbiamo cominciato, l’idea era di onorare tutti quei nostri amici che sono morti. E quindi: Jim Morrison, Jimi Hendrix, e tutte queste persone con cui in passato ci siamo fatti delle ricche bevute. È per questo che su quell’album c’erano solo due o tre canzoni originali. Ma per RISE ci siamo detti: “Facciamo pezzi nostri nuovi con al massimo due tre cover, e vediamo che succede”. Io sono rimasto molto contento delle canzoni che ne sono scaturite. Sono molto diverse dalle mie solite, perché non ho cercato di imporci sopra le mie “impronte digitali”. E Joe [Perry] credo si sia comportato alla stessa maniera. Gli Aerosmith hanno fatto una trentina di album. Alice Cooper idem. Quindi siamo naturalmente tentati ad apporre il nostro tipico imprinting alle canzoni. Ma stavolta ho detto: “Non facciamo così. Se Johnny [Depp] ha scritto una canzone, manteniamola così come l’ha scritta”. Perché lui non è un song writer “naturale”: e magari si sofferma troppo tempo sul bridge, o magari troppo tempo su questo e quello... Ma ho detto: “Teniamole così, non accorciamole”. Perché volevo ottenere un feeling originale su quest’album, far sì che non avesse il tipico sound degli Aerosmith o di Alice Cooper. Ed è ciò che abbiamo fatto. Non abbiamo passato tanto tempo ad arrangiare le cose che erano state fatte su demo. È questo che per me lo rende interessante: il fatto che non suonino come dei pezzi di Alice Cooper.

Qualche tempo fa hai detto che quasi tutti i tuoi dischi sono dei “concept album”. Il primo degli Hollywood Vampires lo era, per via della faccenda delle rockstar morte a cui rendevate tributo. Lo è anche questo?
No, io qui non ci vedo un “concept”. Un sacco delle canzoni che ha scritto Johnny provengono dal suo diario. E, vedi, lui è molto presente nei media, perché è una star del cinema, e ai giornalisti piace tirar fuori ogni tipo di storie assurde sulle star del cinema. Quindi: lui tiene un diario, e su quello che scrive a livello di testi io nemmeno gli chiedo che cosa stia cercando di dire. Penso solo: “Ok, mi limiterò a cantarla così come l’ha scritta”. Poi ci sono altre canzoni, come Boogie Man Surprise, che è un termine “da prigione”. Io non ne sapevo niente, ma nel braccio della morte i prigionieri hanno l’usanza di prendere un secchio e di urinarci dentro, di vomitarci... fanno tutte queste cose orribili con questo secchio. E poi, quando vedono che qualcuno si sta incamminando per essere giustiziato, lo lanciano addosso alle guardie.E questa usanza, l’hanno denominata “la sorpresina dell’Uomo Nero” (ride).

L’ha scritta Johnny Depp questa?
No, Johnny ce l’ha raccontato e poi noi ci abbiamo scritto sopra una canzone. È una cosa molto singolare. Ma io credo che se t’imbatti in una cosa di questo tipo, così bizzarra, valga la pena di scriverci sopra qualcosa. Non penso che su questo album troverai molte canzoni d’amore, ma piuttosto argomenti stravaganti, o anche considerazioni di carattere sociale.

TRATTO DALL'INTERVISTA  SUL NUMERO 80 DI CLASSIC ROCK!

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