Chi si ricorda dei Jaguars?

A dare vita ai Jaguars furono 2 ragazzi di Bologna che intuirono i cambiamenti culturali e musicali. Ecco com’è andata.

La Bologna dei primi anni 60 è un po’ la Liverpool italiana. Le orchestre da ballo, dove la fisarmonica fa da protagonista, stanno lentamente lasciando il posto alle primissime band con le chitarre in evidenza. I Beatles non hanno ancora fatto la loro comparsa ma c’è un gruppo che esiste già da qualche anno e che sta, con le sonorità delle sue chitarre, rivoluzionando la scena musicale: gli Shadows. In questi giorni affiorano i primi contrasti tra i ragazzi che vogliono inseguire i propri sogni e i genitori, che desiderano per loro un futuro sicuro con un impiego lavorativo “tradizionale”. Gli adolescenti hanno voglia di cambiamento e innovazione, sia nel costume che nella musica, e sentono che il momento è favorevole. Così, i giovani che possiedono uno strumento, anche senza studi musicali accademici alle spalle, formano gruppi e orchestre occupando le cantine delle varie città italiane e si contendono i palchi dei locali più importanti. È in quei giorni e in quell’atmosfera che a Bologna, un ragazzo appena sedicenne (classe 1946), da pochissimo avvicinatosi alla musica spinto da una grande passione per la batteria e studente iscritto a una scuola di interpreti e traduttori, va a bussare alla porta di un chitarrista autodidatta di un anno più grande di lui, per proporgli un progetto musicale:

Mi chiamo Valerio Negrini, suono la batteria e canto. So che tu suoni la chitarra e ami il genere Shadows proprio come me. Che ne diresti di fare un gruppo insieme?

È con queste parole che il batterista si presenta alla porta di Mauro Bertoli in un pomeriggio della primavera del 1962. Incuriosito dal personaggio e pensando che in fin dei conti non ha niente da perdere, Bertoli accetta e i due si danno appuntamento per il giorno successivo nel centro ricreativo comunale del Meloncello di Bologna, dove Valerio ha in uso una stanzetta nella quale per studiare ha montato una batteria (del costruttore bolognese Giuseppe Predolini), presa a nolo per il costo di 2000 lire al mese. Il “Meloncello” si trova sotto i portici di San Luca, proprio dalla parte opposta della città rispetto alla residenza di Bertoli. Per tre sere a settimana, armato di chitarra, amplificatore ed eco Binson in spalla, Mauro prenderà un tram e un autobus per andare a provare.

Negrini crede fortemente in quel progetto e lo sprona fin da subito a impegnarsi al massimo: Suoniamo, perché dobbiamo sfondare!

Valerio ci vede lungo! Da quell’incontro sta nascendo infatti la prima cellula di quelli che diventeranno i Pooh, il gruppo pop più amato e popolare che l’Italia abbia mai avuto.

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