Intervista a Francesca Michielin: “La musica non si ferma, soprattutto adesso”

FEAT (STATO DI NATURA) è l'ultimo, coraggiosissimo album di Francesca Michielin. L'abbiamo intervistata per farci raccontare questo progetto e cosa significa presentarlo durante l'emergenza Coronavirus.

Il 13 marzo è uscito il nuovo, intraprendente, album di Francesca Michielin, FEAT (STATO DI NATURA) per Sony Music, disco che potremo ascoltare live il 20 settembre al Carroponte di Milano. Undici tracce che contengono undici featuring, esatto, per ogni brano Francesca ha deciso di collaborare con cantanti e produttori diversi (Maneskin, Fabri Fibra, Gemitaiz, Shiva, Elisa e Dardust, Coma_Cose, Takgi&Ketra e Fred de Palma, Max Gazzé, Carl Brave, Charlie Charles, Giorgio Poi) che le hanno permesso di uscire dalla sua comfort zone e rendere questo lavoro un progetto sperimentale. Un altro elemento caratterizzante del disco sono sicuramente i contrasti, vediamo infatti svilupparsi le opposizioni tra digitale e analogico, natura e città, nostalgia del passato e futuro che si risolvono nel ritrovamento di un bellissimo equilibrio, esposto in FEAT (STATO DI NATURA).

 Sappiamo che la presentazione di FEAT (STATO DI NATURA) è iniziata già un po’ di tempo fa (il 20 febbraio al Rocket, per precisione), prima che si scatenasse l’emergenza Coronavirus in Italia. Ma cosa significa promuovere un nuovo album in un periodo del genere? Sei andata decisamente controcorrente rispetto a tanti tuoi colleghi che hanno deciso di posticipare le loro uscite... 

Decidere di uscire comunque con l’album, di portare avanti il progetto, è stata sicuramente una scelta coraggiosa ma ho pensato che potesse essere il modo migliore per dare il mio contributo a quanto sta accadendo. Una delle grandi forze della musica è che ci permette di superare le distanze e di stare uniti, anche se la situazione non lo consente. Promuovere un album in un momento del genere è stato ed è sicuramente difficile, ma fortunatamente la tecnologia ci ha aiutati molto, abbiamo sperimentato le prime video interviste via Skype e ce l’abbiamo messa tutta per dimostrare che la musica non si ferma e non si deve fermare, soprattutto adesso.

In questo disco hai costantemente accostato il mondo analogico a quello elettronico. A progetto concluso, tirando le somme, quali sono i pro e i contro dell’uno e dell’altro?

Da studentessa di conservatorio ho sempre posto molta cura agli aspetti strumentali della mia musica e sono naturalmente “affezionata” ai suoni analogici. Le mie contaminazioni e la mia formazione musicale mi hanno però sempre portata ad essere curiosa e aperta verso il mondo elettronico. In questo disco ho cercato di trovare un equilibrio tra questi due mondi, che si sono fusi in modo armonioso, motivo per il quale mi risulta difficile riuscire a stabilire pro e contro dell’uno e dell’altro aspetto. La dimensione analogica è quella sento più vicina al cuore, in maniera quasi “primitiva”, quella elettronica apporta al disco elementi di modernità e sperimentazione: anche da questo punto di vista, quindi, c’è un certo dualismo nel disco.

È impossibile non notare in FEAT (STATO DI NATURA) il ritorno di un argomento che ti è sempre stato a cuore, ovvero l’avvicinamento a tutto ciò che è in relazione con la natura e verso l’armonia che ne scaturisce. Se tra tutti i brani dovessi sceglierne uno e uno solamente da usare come manifesto d’amore per la natura, quale sceglieresti e perché?

Se ne dovessi scegliere solo uno, ti direi Sposerò un albero feat. Gemitaiz. È un inno alla libertà che passa però anche attraverso il ricongiungimento con la natura, verso l’amore ed il rispetto per quell’altro mondo bellissimo, del quale troppo spesso ci si dimentica. L’ho scritto in un momento molto particolare per me, volevo ribellarmi alla frenesia della città e valorizzare la bellezza della natura.  È un brano nel quale ho voluto raccontare l’importanza e la necessità che a volte si ha di riallacciarsi con le cose più semplici.

Nel brano Riserva Naturale con i Coma_Cose descrivi l’importanza e il bisogno di avere un luogo sicuro nel quale potersi rifugiare, soprattutto quando si è costretti a vivere la frenesia delle grandi città. Quali sono i tuoi luoghi sicuri (sia fisici che astratti) in cui ti rifugi? E siamo curiosi di sapere anche quali sono state le canzoni dei Coma_Cose che più ti hanno aiutata durante il tuo trasloco a Milano.

Quando mi sono trasferita a Milano, circa tre anni fa, vivevo nel quartiere Ticinese ed i Coma_Cose erano da poco usciti con il loro album Inverno Ticinese. Mi è sembrato un segno del destino, ho iniziato ad ascoltare il loro album e mi rivedevo molto nei loro brani. Anima Lattina è stato il brano che probabilmente ho ascoltato di più in quel periodo. È stato molto emozionante per me coinvolgerli in FEAT (STATO DI NATURA) e cantare con loro dell’importanza di avere un luogo nel quale rifugiarsi essendo stati loro per me un rifugio, anche se inconsapevolmente. Non ho dei luoghi sicuri costanti, dipende molto dal periodo. Forse casa mia a Bassano è l’unico luogo fisico nel quale mi rifugio sempre volentieri e che non cambia in base alle situazioni o ai periodi.

L’elemento di forte contrasto ricorre anche nella costellazione di collaborazioni che vediamo partecipare all’album, inutile nascondere il fatto che sia un album di forte sperimentazione. Quale tra questi featuring ti ha spinta maggiormente fuori dalla tua comfort zone?

È un album talmente eterogeneo dove ho sperimentato talmente tanto che ho davvero difficoltà a dirti in quale featuring abbia osato di più. Ho trappato con Shiva, ho cantato in francese con Max Gazzè, ho rappato con Fabri Fibra. Confrontarmi con così tanti altri artisti e generi diversi, mi ha arricchita e mi ha permesso di sperimentare musicalmente in ambiti che avevo da sempre voluto esplorare, anche se lontani da ciò che avevo fatto in precedenza.


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