YES: la storia dietro a “Owner of a Lonely Heart”

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Chi può dire di non conoscere Owner of a Lonely Heart degli Yes? La hit del 1983 vide il gruppo britannico imboccare una nuova strada: dal rock progressivo a un sound più vicino a quello pop degli anni 80.

Unico pezzo della band a scalare le vette delle classifiche americane, Owner of a Lonely Heart lanciò gli Yes sugli schermi di MTV e guadagnò loro una nuova generazione di fan.

Per incidere l'album 90125, di cui Owner of a Lonely Heart costituisce l'apertura, il gruppo richiamò Jon Anderson, che aveva lasciato gli Yes dopo il loro primo scioglimento, nel 1980. Proprio dalla penna di Anderson (oltre che dalla chitarra di Trevor Rabin) nacque la hit che tutti abbiamo in mente.

Ricordo di essermi seduto con Trevor Rabin e abbiamo iniziato a dire: "Muoviti, vivi sempre la tua vita senza mai pensare al futuro". Questa era la battuta che ho scritto. E poi diceva: "Dimostra te stesso, vinci o perdi".

Una sorta di carpe diem in musica. Questo è il tema della canzone.

Move yourself
You always live your life
Never thinking of the future
Prove yourself
You are the move you make
Take your chances, win or lose.

E poi, la solitudine. Ebbene sì, avere un cuore solitario per gli Yes è decisamente meglio che avere un cuore infranto.

Non tutti sanno che proprio il singolo degli Yes fu una delle prime hit a utilizzare una campionatura. La batteria dell’inizio e il corno che compare più volte nella canzone producono un suono molto simile a una breve sezione della canzone del 1971 Kool Is Back di Funk Inc.

Si tratta, in realtà, di un campione molto breve, senza necessità dunque di attribuzione. All'epoca, tra l’altro, non esisteva nemmeno una vera e propria regolamentazione relativa alle campionature.

Ciò che ha reso Owner of a lonely heart degno di passare alla storia, tuttavia, è il suo videoclip, diretto da Storm Thorgerson, il fotografo visionario che diede alle copertine dei Pink Floyd (ma anche ad alcune cover dei Cranberries e dei Dream Theater), il volto che tutti conosciamo. 

Fermiamo il video. Non ci ricorda, un pochino, la copertina di WISH YOU WERE HERE dei Pink Floyd? Tocco di classe di Thorgerson, ovviamente. 

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