45 anni dopo la registrazione originale, il cantautore Neil Young ha pubblicato HOMEGROWN, un disco sofferto e delicatissimo. Ascoltalo qua:
Sento che qualcosa sta cambiando… Sappiamo che le vite degli afroamericani sono importanti. Il mio cuore è con tutte le famiglie nere che hanno sofferto, e quindi ogni famiglie nera della storia americana. Sento che stiamo davvero per cambiare la situazione. Tutti insieme, indipendentemente dal colore della pelle, per strada. Sappiamo che la nostra missione è giusta per l'America e per l'umanità.
Così scriveva Neil Young, in una lettera intitolata "Speranza", commentando le recenti proteste in seguito all'omicidio di George Floyd, a Minneapolis. Dopo il primo singolo, Vacancy (che vi abbiamo fatto ascoltare qua), il cantautore canadese ha pubblicato un disco che, nella sua delicatezza e nelle sue tracce di dolore è, a tutti gli effetti, un canto di speranza.
HOMEGROWN, dodici tracce di cui sette inedite, è un lavoro che Neil Young aveva registrato in analogico tra il 1974 e il 1975, ma aveva messo da parte perché "troppo doloroso", come ha dichiarato lui stesso:
Questo album sarebbe dovuto uscire un paio d’anni dopo HARVEST. Ma era troppo doloroso, è il lato triste di una storia d’amore, è il danno fatto, è il cuore infranto. Non riuscivo ad ascoltarlo. Volevo solo andare avanti, quindi l’ho tenuto solo per me…ma avrei dovuto condividerlo invece, è un album molto bello. A volte la vita ferisce, sapete com’è. Questo è quello che è scappato.
Recuperato e mixato da John Hanlon, Chris Bellman e Bernie Grundman, il disco vede Levon Helm e Karl T Himmel alla batteria, ma anche Ben Keith alla chitarra, Tim Drummond al basso, Stan Szelest al piano. Alterna inoltre, come da tradizione dei dischi di Young, suoni acustici (Mexico, Kansas) ed elettrici (Homegrown), con un curioso episodio di parlato accompagnato da rumori, in cui l'artista racconta una surreale vicenda immaginata in una città della Florida:
Contrariamente alle sue dolorose premesse, il disco, seppur molto intimo e delicato, soprattutto nei suoi brani acustici, appare meno buio di quanto avremmo potuto pensare.
E negli anni Settanta, il musicista ne aveva dovute affrontare tante: il rapporto problematico e la separazione da Carrie Snodgress, la paralisi cerebrale del figlioletto Zeke, la morte per overdose del chitarrista dei Crazy Horse, Danny Whitten, e di Bruce Berry, roadie del suo entourage (a cui venne dedicata Tonight's the Night). Tutti episodi senza i quali la cosiddetta "Trilogia Oscura", non sarebbe stata pensabile.
In HOMEGROWN non manca la malinconia (Try, arricchita dalla voce di Emmylou Harris, che addolcisce anche la nota Star of Bethlehem), ma quello che traspare dalle tracce è soprattutto una grande sincerità e una grande tranquillità nell'affrontare le proprie emozioni. In certo senso, una riappacificazione con il proprio doloroso passato.
Un disco potente, nel suo essere "troppo personale". Potete ascoltarlo qua: