King Crimson: com’è nata la cover di IN THE COURT OF THE CRIMSON KING

La copertina di un album è la ciliegina sulla torta di una narrazione in musica. Ci sono poi alcune art cover che non solo hanno scritto la storia, ma ne hanno ritratto l'evoluzione sociale e culturale, come il celebre esordio dei King Crimson. 

Se l'Urlo di Munch raccontava a inizio '900 la distorsione dell'animo umano, la storia della musica tratteggia la sua controparte con il 21st Century Schizoid Manritratto nella storica copertina che accompagnò l'ingresso dei King Crimson nel mondo del progressive. Il 10 ottobre 1969 troneggiava quindi nei negozi di dischi un album doppio, dalla cura grafica interna ed esterna del giovane artista Barry Godber, studente del Chelsea Art College. Fu il paroliere della band, Peter Sinfield, a introdurre l'esordiente grafico, che aveva già lavorato sulle fiamme della batteria di Michael Giles. 

Ecco quindi apparire nel suo dipinto una creatura umana, ma demoniaca, screziata da un urlo che deforma le labbra così come amplia il diametro delle narici. Lo sguardo spaventato, iniettato in due occhi purpurei, è rivolto a lato, svelando la back cover, dove l'orecchio dell'uomo si allunga nelle fattezze di un tunnel che ingloba una misteriosa sfera. Sicuramente l'immaginario surreale, che indaga le dinamiche più nascoste della psiche, si riallaccia a quella dimensione fantastica e onirica che i King Crimson hanno reso loro alfiere d'ispirazione. 

Alla corte del circense Re Cremisi si sente quindi a gran voce lo spirito dilaniato di Greg Lake che canta la traccia guida dell'album. Al cospetto di brani ricercati e accompagnati da perizia stilistica come Epitaph Talk To The Wind il messaggio trainante lo porta quell'uomo schizzoide del 21° secolo, figlio di una realtà schizofrenica, ormai traumatizzata dall'esperienza della Guerra del Vietnam e dalla manipolazione silenziosa del potere dominante. Così come i quadri dell'Espressionismo tedesco, la simbologia di un ritratto deviato psicologico si aggrappa famelica ai volti, gli unici in grado di rivelare la paura e lo sconcerto dietro lo sguardo. 

Per questo quando Barry Godber pensava all'immagine più veritiera per raccontare uno sfaccettato contesto politico e sociale, gli venne naturale porsi davanti allo specchio e simulare un urlo silenzioso. Solo da quel riflesso era possibile catturare la fragilità inerme dell'uomo contemporaneo che si abbandona alle sue paure, senza preoccupazione di indossare una maschera. Non c'è infatti lascito più identificativo di un viso pietrificato nel momento della più viva interpretazione della realtà. E lo dimostrarono anche i King Crimson, esterefatti e quasi spaventati da quella cover inquietante, ma estremamente simbolica. Come racconta Robert Fripp, che attualmente possiede il dipinto originale: 

La faccia urlante all’esterno era quella dell’uomo schizoide del ventunesimo secolo, mentre all’interno c’era quella del Re Cremisi: Barry aveva catturato perfettamente la nostra musica.

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