Pink Floyd: 7 tra i brani più sottovalutati

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La portata epocale della produzione Pink Floyd lascia sulla sua strada alcune perle considerate, nel tempo e a confronto con i grandi successi, tracce dimenticate di una discografia molto ricca e complessa. Scopriamone 7. 

Remember A Day

Performata una sola volta dai Pink Floyd, nel maggio 1968, questa traccia di A SAUCERFUL OF SECRETS passa spesso in sordina rispetto alla title track e al timbro di Syd Barrett in Jugband Blues. Ed è proprio Barrett che dà a Remember A Day strascichi psichedelici, mentre la band si sta già muovendo verso la ricerca stilistica progressive. Un pezzo infuso di nostalgia, tra i grandi dimenticati dei primi anni.

The Narrow Way 

Il Lato B di UMMAGUMMA (1969), quarto album dei Pink Floyd, accoglie gli oltre 12 minuti di The Narrow Way, suite alla chitarra condotta da David Gilmour e tripartita in bellissimi e virtuosi atti di cui, ad oggi, quello considerato dal pubblico il più sottovalutato è il terzo. In questo brano, a volte performato dal vivo, Gilmour si muove languido da sinuosi arpeggi fino a riff più dirompenti e psichedelici.

Cymbaline

Il primo album senza Barrett porta la firma della colonna sonora di More – Di più, ancora di più diretto da Berbert Schroeder. Sebbene l’album in sé sia un prodotto creativo molto sottovalutato, il podio se lo giocano l’intro sfumato dall’organo, Main Theme e Cymbaline, sognante brano in cui sentiamo per la prima volta Gilmour cantare. Non solo l’atmosfera è particolarmente suggestiva, ma anche il testo di Roger Waters trasuda consapevolezza sul futuro della band.

Summer ‘68

Un intro morbido, dolce e soffuso accompagna l’energica ascesa di Summer ’68, brano composto dal talentuoso tastierista Richard Wright e perla di ATOM HEART MOTHER (1970). Insieme a If di Waters è considerato dal pubblico il brano più sottovalutato dell’album. Una poesia d’amore di delicata bellezza, sottesa a uno scorcio sulla vita on the road, ma dal significato più sottile e personale.

A Pillow Of Winds

Tanto celebre è MEDDLE (1971), sesto album della band, quanto rimangono nascosti molti suoi preziosi brani, tutti appartenenti al Lato A, oscurati dagli oltre 23 minuti della colossale Echoes. È così difficile per A Pillow Of Winds ritagliarsi una cornice di celebrità, nonostante sia uno dei pezzi più amati del disco. Il suo luminoso e dolce incedere incanta l’ascoltatore con sfumature bucoliche, infiorettate dall’organo che ne contorna l’aura evocativa.

Childhood’s End

Traccia di apertura del Lato B di OBSCURED BY THE CLOUDS (1972), questa canzone ha visto raramente i live perché ritenuta dalla band simile, per le linee d’organo, a Time del successivo e celeberrimo THE DARK SIDE OF THE MOON (1973). Partendo dal presupposto che l’album “oscurato dalle nuvole” è letteralmente uno dei più oscurati della discografia Floyd, Childhood’s End  accoglie un’ammirazione condivisa, con un assolo condotto da David Gilmour, autore del brano, memorabile.

The Final Cut

Siamo nel 1983 e THE FINAL CUT, primo album senza Wright, suscita attenzioni controverse. Qui, la title track, che omaggia gli arpeggi di Comfortably Numb si sposa con la voce straziata di Waters, protagonista di quest’album che diventa il canto del cigno dei gloriosi Pink Floyd anni Settanta. Anche la spettacolarità compositiva di The Gunner’s Dream potrebbe occupare l’ultimo posto della nostra selezione.

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