Come “Born In The USA” rischiò di rovinare la carriera di Bruce Springsteen

BRUCE-SPRINGSTEEN

Al di là del rispetto e dell'ammirazione che le scene musicali e gli appassionati nutrono per Bruce Springsteen, la sua, è stata una figura sempre in prima linea nell'espressione dei temi sociopolitici più delicati degli ultimi decenni. Born In The USA ne è la testimonianza più profonda.

Il Boss del rock n'roll ha conquistato il pubblico e gli addetti ai lavori per il suo sound determinato, la sua attitudine sprezzante e, soprattutto dal punto di vista umano, per il suo costante impegno sociale. Un interesse, quello di Springsteen che nel 1984 convogliò completamente in BORN IN THE USA, il suo album, probabilmente, più controverso in termini di argomenti trattati. Nel disco, l'artista decise di concentrarsi su uno degli avvenimenti che maggiormente aveva segnato la sua generazione: la Guerra in Vietnam. La titletrack del long playing sopracitato esecra la glorificazione dell'American Dream e pone diversi accenti sulle tribolazioni economiche vissute dai veterani al ritorno dal conflitto.

La spigolosa storia di Born In The USA

Il brano è entrato negli annali del rock per il sarcasmo tagliente con cui The Boss ne scrisse il testo. Frainteso dalla stragrande maggioranza del popolo americano, il messaggio di Born In The USA arrivò a diventare il più dissacrante inno nazionalista nella storia, intonato dalle comunità conservatrici e, addirittura, dal Presidente Ronald Reagan. Bruce era al picco della carriera e, finalmente, un artista del suo calibro era riuscito a rendere un brano di protesta utile per il suo fine designato: la beneficenza. Grazie all'utilizzo estensivo di Born In The USA nei contesti più disparati, infatti, il brano riuscì a diventare una grossa fonte remunerativa per Springsteen che impiegò il denaro guadagnato per aiutare le periferie più svantaggiate degli States e, ovviamente, i veterani del Vietnam protagonisti delle lyrics della traccia.

I nobili intenti della traccia finirono, con gli anni, per passare in secondo piano e, negli anni 2000, quando Springsteen si disse profondamente deluso dalla vision politica di George Bush, egli decise di fare fronte comune con l'opposizione Democratica rappresentata dalla figura di John Kerry. Lasciare che il brano facesse da colonna sonora alla campagna del candidato e figurare al suo fianco durante i comizi lo mise in cattiva luce di fronte ai suoi milioni di fan repubblicani. Una dinamica che si replicò quando il Boss si schierò con Barack Obama nel 2008, spingendo gli appassionati repubblicani a sostenere che il loro beniamino dovesse "tenere il naso fuori dalla politica". Una richiesta, questa, impossibile da esaudire, vista la natura delle sue tracce, ispirate nei contenuti ai fasti di mostri sacri come Bob Dylan e Woody Guthrie che, della musica, fecero uno stendardo contro le ideologie più corrotte e divisive. Alla fine, Springsteen uscì dalla tempesta, spinto anche dalla fama immensa maturata negli anni e continuò a perseguire i suoi ideali in musica come nella vita senza accusare gli estremismi dei fan.

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