TOM PETTY: la canzone perfetta

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Stretto tra il punk, i primi vagiti del goth e della new wave, sul finire degli anni 70 “Refugee” ribadì con fierezza il primato del rock chitarristico.

Era pomeriggio tardi e Mike Campbell se ne stava pigramente seduto ad ascoltare la versione di John Mayall di Oh Pretty Woman, quella contenuta in CRUSADE del 1967 e registrata con un giovanissimo Mick Taylor pre-Rolling Stones alla chitarra. Quel pezzo aveva un suono scuro, minaccioso, addirittura pericoloso. Fu proprio quel suono di chitarra a ispirargli una canzone intitolata Refugee.
Adoro quel disco”, afferma Campbell. “Lo suonavo per esercitarmi con la chitarra, seguendolo nota per nota. Adoro il modo di suonare di Mick Taylor, e probabilmente qualcosa di quel sound mi si è appiccicato addosso”. In fondo, tutto inizia sempre da qualcos’altro. “Avevo una chitarra Gibson che volevo provare”, continua, “e mi ero messo in testa di trovare degli accordi su cui poter costruire dei riff potenti, massicci.”
Così, Campbell registrò alcune idee per la chitarra su un quattro piste, e poi, senza nemmeno scriverci sopra un titolo, diede la cassetta a Tom Petty perché l’ascoltasse.

Refugee era la canzone perfetta, quella che avrebbe sbloccato Petty una volta per tutte

Nel 1979, i due amici non avevano ancora scritto molto assieme, ma Denny Cordell, che in seguito sarebbe stato il loro produttore, suggerì che poteva essere una buona idea. Proprio in quel periodo, Campbell e Petty avevano scritto un brano immaginato come primo singolo di quello che sarebbe stato il disco d’esordio dei Tom Petty & the Heartbreakers, ma non era un granché. Poi Campbell comprò il suo registratore quattro piste e qualcosa cambiò.
Fu in quel preciso momento che il talento di Mike sbocciò”, ricordava Petty. “Stava sempre a trafficare con quei nastri che preparava a casa sua. Per il nostro terzo album, DAMN THE TORPEDOES, mi portò questi due brani incredibili: Refugee e Here Comes My Girl. Fu lì che si sbloccò”.
Con quel materiale, anche la Musa di Tom Petty si sbloccò: gli ci vollero solo 10 minuti per scrivere un testo da montare sulla musica priva di titolo che aveva ascoltato nella cassetta datagli da Campbell. Ma questa fu l’ultima cosa facile di Refugee.

Ricordo solo di avergli dato la cassetta dicendogli: ‘Ecco qualche demo’”, racconta Campbell sorridendo. “Non ci pensai più di tanto. Poi, alla successiva sessione di prove, lui mi disse: ‘Ho lavorato sul tuo nastro e ho messo un testo a questo brano’. E io, incuriosito: ‘Davvero?’. Quando me la suonò, rimasi a bocca aperta. Subito dopo, il gruppo cercò di impararla e questo fu un bel problema: cercare di catturare dal vivo con la band la magia di quel demo non era impresa facile e richiese del tempo”.

Dal numero #60 di Classic Rock
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