Gli anni Sessanta e Settanta sono stati un periodo d'oro di iconici brani italiani trasposti da successi internazionali. Da Caterina Caselli ai Dik Dik, chi sono gli artisti che hanno dato voce a queste cover? Conosciamone 6.
Pregherò (1962), Adriano Celentano
Cominciamo la nostra selezione con uno splendido caso di reinterpretazione artistica. Qui il valore non è dato solo dal timbro simbolico di Adriano Celentano, ma anche dalla potenza emozionale del testo, lungo la ricerca di Dio di una ragazza non vedente. Così nel 1962 esce Pregherò, cover dell'indimenticabile Stand By Me di Ben E. King datata 1961. Sul testo interviene Don Backy, nome d'arte di Aldo Caponi e fervido collaboratore di Celentano. La canzone decolla in breve in vetta alle classifiche ed è una preziosa perla del canto italiano ancora oggi.
Sognando la California (1966), Dik Dik
Cinque ragazzi milanesi agli albori del loro debutto propongono invece un'ipnotica cover di matrice statunitense folk rock. L'anno è il 1966, la casa discografica la Dischi Ricordi e il gruppo i Dik Dik. Così Sognando La California richiama chiaramente quell'atmosfera avvolgente e psichedelica di California Dreamin' dei The Mamas & The Papas. Alla voce di Denny Doherty, sui cori femminili di Michelle Gilliam e Cass Elliot, si alterna il canto di Giancarlo Sbriziolo, in un prodotto sopraffino che scalò la hit parade italiana di quell'anno.
Ragazzo Triste (1966), Patty Pravo
L'inconfondibile intro di campane e la profonda voce di Patty Pravo danno vita a un fortunato brano del 1966. Si tratta di Ragazzo Triste, pubblicato dalla RCA Records come singolo con The Pied Piper. E non c'è combinazione più azzeccata per la patinata ragazza del Piper, che aggiunge questa composizione alla brillante collezione di successi. Il brano però non è suo, ma la trasposizione italiana di But You're Mine di Sonny & Cher, pubblicata nello stesso anno. E le due performer se la giocano ad alti livelli, connotando il brano di una precisa verve estetica e stilistica, oltre che canora.
A Chi (1966), Fausto Leali
E il 1966 è l'anno d'oro anche per Fausto Leali, il cantautore bresciano dalla stupenda voce soul. Tutta la sua potenza canora, tratteggiata da una densa carica emotiva, affiora in A Chi, cover del brano R&B Hurt, portato al successo nel 1954 dal cantante afroamericano Roy Hamilton, già celebre per la sua You'll Never Walk Alone. Siamo di fronte quindi a un pezzo di grande pervasività mediatica e artistica, tanto che, nel 1976, sarà cantato anche da Elvis Presley. Come farsi scappare dunque questa opportunità con una voce come quella di Leali.
Sono Bugiarda (1967), Caterina Caselli
La fanciullesca cantante dal caschetto sbarazzino si rende artefice di una cover di grande successo. Siamo nel 1967 e la nostra protagonista è Caterina Caselli, che presenta il suo brano, tradotto da Mogol e Daniele Pace, al Festivalbar dello stesso anno. La cover riprende la canzone I'm A Believer (1966) di Neil Diamond, performata dal gruppo losangelino dei The Monkees. Passa solo un anno tra i due brani, ma il loro impatto di pubblico è soprendente. Sono Bugiarda conquista quindi gli italiani come singolo, a distanza di un anno da un'altra grande cover della cantante: Tutto Nero (Paint It Black), dall'omonimo brano dei Rolling Stones.
Tutta mia la città (1969), Equipe 84
Un'altra band italiana assaporò l'influenza estetica e stilistica internazionale, con un testo scritto ancora da Mogol. Correva l'anno 1969 quando gli Equipe 84, gruppo beat modenese di inizio anni Sessanta, reinterpretavano Blackberry Way dei The Move. Un brano forgiato nel 1968 dalla penna di Roy Wood, pittoresco e talentuoso frontman del gruppo britannico. Alla madrepatria inglese gli Equipe 84 rispondono quindi con Tutta Mia La Città, canzone dall'andamento trainante e di grande lascito ereditario. Come dimostra la celebre cover di Giuliano Palma & The BlueBeaters del 2007.