4 storie curiose dietro le copertine dello Studio Hipgnosis

in through the out door led zeppelin

Il grafico Storm Thorgerson e il fotografo Aubrey Powell sono l'accoppiata vincente per una miriade di simboliche copertine rock. Insieme danno voce allo Studio Hipgnosis che, con la vulcanica fantasia e l'immaginario visionario sforna piccoli capolavori. Eccone 4 con una storia particolare. 

A SAUCERFUL OF SECRETS (1968), Pink Floyd

Il secondo album dei Pink Floyd, orfano, se non per tre tracce, della mistica presenza di Syd Barrett, inaugura la florida collaborazione con Storm Thorgerson. Quest’ultimo, al fianco del suo fedele fotografo Aubrey Powell, battezza lo Studio Hipgnosis con la copertina di A SAUCERFUL OF SECRETS (1968). La grafica della cover deve rispecchiare l’anima psichedelica e fantasiosa dell’album, in linea con lo spirito editoriale di Thorgerson che, in relazione alla parola Hipgnosis, disse: La scegliemmo perché, ovviamente, se pronunciata in inglese suonava come 'ipnosi' (hypnosis), e se fossimo riusciti a creare immagini ipnotiche sarebbe stata perfetto".

Ecco dunque che il risultato del connubio artistico Thorgerson – Powell forgia un collage dato dalla sovrapposizione di 13 immagini tra loro separate. Si possono notare frammenti del fumetto della Marvel, Doctor Strange, simboli alchemici e anche i Pink Floyd fotografati, nella loro prima e ultima apparizione su una loro cover. Per chiudere l’unicità di questa copertina, segnaliamo che era solo la seconda volta che l’etichetta EMI permetteva a grafici esterni di disegnare la copertina. La prima? STG. PEPPER’S LONELY HEARTS CLUB BAND (1967).

a saucerful of secrets pink floyd
CARS (1977), Peter Gabriel

Per l’album di debutto solista del trasformista Peter Gabriel, CARS, l’idea originale era una sperimentazione estetica del cantante.

Un'idea che avevo avuto per quella prima copertina era di fare lenti a contatto specchiate […] Erano molto dolorose da indossare ma l'effetto era fantastico, era come avere delle sfere d'acciaio al posto degli occhi.

Indubbiamente una scelta che calza a pennello con l’avanguardismo mascherato di Gabriel. Ma alla fine il cantante si affidò a Thorgerson, che per l’iconico scatto mise a disposizione la sua Lancia Flavia, dove Gabriel si sedette sul sedile del passeggero. La foto venne scattata a Wandsworth, Londra, innaffiando la macchina d’acqua con un tubo. Originariamente, però, la foto era in bianco e nero e venne colorata a mano in un secondo momento. Ma il dettaglio più eccezionale appartiene al collaboratore di Thorgerson, Richard Manning, che raschiò con un bisturi e precisione chirurgica tutte le gocce d’acqua per ottenere minuziosi effetti di luce.

...AND THEN THERE WAS THREE (1978), Genesis

Il primo album solista di Gabriel segna il suo abbandono dei Genesis, seguito da Steve Hackett. Così in squadra rimangono in tre: Phil Collins, Tony Banks e Mike Rutherford. Il loro disco del 1978 traduce questa nuova triade musicale nell’ultima copertina affidata allo Studio Hipgnosis, …AND THEN TERE WHERE THREE. Le parole del grafico spiegano meglio di chiunque altro la simbologia dietro lo scatto fotografico:

Stavamo cercando di raccontare una storia attraverso le tracce lasciate dalle scie luminose. Erano una torcia, una macchina e un uomo con una sigaretta. La band stava perdendo membri e ne erano rimasti solo tre. I testi delle canzoni parlavano di andirivieni e abbiamo cercato di descriverlo in termini fotografici usando il time-lapse.

La peculiarità di questa copertina, come sottolineato anche da Rutheford, è che per la prima volta non fa riferimento ai testi degli undici brani dell’album. Si concretizza, quindi, come un’opera d’arte fine a se stessa, molto particolare e che traspone le tracce di vita lasciate dai tre musicisti.

IN THROUGH THE OUT DOOR (1979), Led Zeppelin

Sebbene non sia la copertina più enigmatica dei Led Zeppelin, quella di IN THROUGH THE OUT DOOR (1979) ha una storia meritevole di attenzione. Dopo una collezione di capolavori della band, considerando la criptica cover di LED ZEPPELIN IV (1971) e l’altrettanto misteriosa di PRESENCE (1979), lo Studio Hipgnosis doveva sfornare un’idea originale. Jimmy Page propose un bar che sarebbe stato perfetto per la fotografia, ma quando Powell scoprì che era stato chiuso, il team creativo scelse l’Old Absinthe House di New Orleans, vicino a un hotel già conosciuto dalla band, il Royal Orleans Hotel.

Ma l’immagine di copertina si presenta dietro una scelta di vendita, nata da un’intuizione del manager Peter Green: mettere l’album in una busta di carta marrone timbrata. Una volta scoperchiata, al suo interno affiora una fotografia di un uomo al bancone di un bar circondato da sei persone che lo osservano. Lo scatto è in bianco e nero, ma dotato di una peculiarità: se bagnato con l’acqua prende colore. Non solo, ma la geniale scelta di Hipgnosis fu quella di creare sei diverse copertine, etichettate dalla A alla F e rappresentanti ognuna la diversa prospettiva visiva degli avventori del bar.

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