Intervista a Tony Pagliuca delle Orme⎪solo su PROG GLORIE

Il tastierista delle ORME, Tony Pagliuca, racconta il rapporto speciale che lo lega alle canzoni di “Collage”, tra sorprendenti rivisitazioni jazz e coraggiose reinterpretazioni pianistiche…

Ricordo bene quel giorno. Attraverso una strada che partiva appena fuori da Guastalla, ci si poteva inoltrare in un bosco di betulle e costeggiare il fiume. L’Ostello del Po era una casetta in legno innalzata su una palafitta, in modo da scongiurare danni quando il fiume decideva di bussare alla porta, il che accadeva abbastanza spesso. Quel giorno era il 22 novembre del 2002, e al tramonto era in programma la riunione annuale di tutti gli iscritti al Gruppo di Studio per le opere di Peter Hammill e dei Van der Graaf Generator.

La particolarità dell’evento, a cui erano accorsi “studenti” da tutta Europa, stava soprattutto nella presenza del sassofonista dei VdGG, David Jackson, impegnato a Guastalla in alcune sessioni di musicoterapia che prevedevano l’utilizzo del Soundbeam, un macchinario innovativo in grado di trasformare i movimenti in suoni. L’incontro e poi la cena con Jackson fu emozionante e coinvolgente, del resto chi ha incontrato David avrà sicuramente apprezzato la sua carica umana e la sua disponibilità. Ma quello non fu l’unico aspetto memorabile della giornata.

Seduto in mezzo a noi, in mezzo agli “studenti”, c’era anche, “in incognito”, il tastierista delle Orme, Tony Pagliuca. Capelli corti bianchi, senza barba, lo sguardo vivo che tradiva un po’ di trepidazione. Anche Tony era lì per David, ma oltre ad ascoltare i suoi racconti e le sue storie, aveva un’idea ben precisa da realizzare. David era infatti al centro del nuovo progetto a cui Tony stava lavorando e che avrebbe sancito il suo ritorno sulle scene. Noi ancora non lo sapevamo, ma proprio quella sera, all’Ostello del Po, era nato lo spettacolo incentrato sulle canzoni dell’album COLLAGE delle Orme, risuonate e ripensate da Pagliuca insieme al quintetto jazz di Massimo Donà, alla voce di Federico Vian e, appunto, a David Jackson dei Van der Graaf Generator.

Due anni dopo, i concerti di quel tour sarebbero stati immortalati nell’album autoprodotto RE-COLLAGE / LIVE MARZO 2004. È proprio da lì che inizia la nostra conversazione telefonica con Tony, ovviamente tutta dedicata allo storico album delle Orme e alle varie rivisitazioni di cui ha goduto quel materiale nel corso degli anni...

Come mai nel 2004 hai scelto proprio COLLAGE per il tuo ritorno sulle scene?

Volevo portare quelle canzoni in teatro, dargli un altro suono... insomma, fare qualcosa di diverso. Onestamente non aveva senso tornare a suonare dopo tanto tempo sul palco e proporre esattamente la stessa musica di oltre trent’anni prima. In più sentivo l’esigenza di confrontarmi con altri musicisti. Così mi sono consigliato con un mio amico e musicologo di Mestre, Virgilio Biscaro, e parlando è venuta fuori l’idea di creare una versione di COLLAGE che sapesse ancora un po’ di improvvisazione, di jazz, suonando molto più libera e fuori dagli schemi. Virgilio conosceva bene Massimo Donà perché si occupava di registrare i suoi concerti. Ci ha parlato e Massimo ha accettato subito.

All’epoca il coinvolgimento di David Jackson rappresentò una grande sorpresa. Come mai pensasti proprio a lui?

Avevo un ricordo di David di quando nel 1973 con Le Orme eravamo andati a Londra per registrare la versione inglese di FELONA E SORONA. Mi ricordavo di questo straordinario musicista che era arrivato in studio con tutti i suoi strumenti, dopo essersi imparato tutte le parti di FELONA E SORONA, e anzi ne aveva aggiunte di nuove. Purtroppo fu tutto inutile, la sua partecipazione non si concretizzò, lui ci rimase molto male e io più di lui. Ricordo anche che Enzo Caffarelli sulle pagine di «Ciao 2001» una volta scrisse profeticamente che nelle Orme ci sarebbe voluto un fiato, un sax. Aveva ragione. Avevo sempre messo da una parte e conservato questa idea: prima o poi dovevo fare questo esperimento con un sassofono, un ottone, uno strumento a fiato, perché ero sicuro che potesse dare alla musica delle Orme un bel sostegno e un bel contributo. Così mi sono detto: perché non chiamare una persona che già conosco, un musicista eccezionale a cui piace la stessa musica che piace a me? Ho contattato a Londra una persona che lo conosceva bene e lui ha detto subito di sì. Abbiamo fatto le prove in due giorni, nella sala della parrocchia vicino a casa mia. Avevamo una persona che faceva da mangiare solo per noi e stavamo proprio bene: ci ritrovavamo alle prove, mangiavamo tutti insieme, eravamo sempre concentrati. L’atmosfera era buonissima. Con David si è creata un’affinità particolare, l’ho sentito un’anima molto vicina, quasi fraterna.

Le Orme: Michi Dei Rossi, Tony Pagliuca, Aldo Tagliapietra

Contrariamente a quello che si può pensare, RE-COLLAGE non è un disco interamente strumentale. Le parti cantate infatti sono affidate a Federico Vian...

Federico è uno dei tanti talenti a essere stato stritolato dalla discografia. La sua è una voce molto interessante, anche se non era della stessa tessitura di quella di Aldo: avremmo dovuto cambiare tutte le tonalità dei brani, abbassandole, perché Federico ha un timbro po’ baritonale, ma i suoni di alcuni strumenti, una volta trasportati in un’altra tonalità, sarebbero risultati troppo diversi. Pur mantenendo la tonalità originale, è stato bravo a cantare alla sua maniera. Certamente era chiaro che non poteva imitare Aldo, la sua è una reinterpretazione personale sulle melodie originali. Federico è un ragazzo d’oro, una persona squisita e generosissima. Ha delle cose nel cassetto che sono meravigliose, più belle di quelle che ha pubblicato finora. Purtroppo tanti artisti non sanno valorizzare le proprie cose.

 

Tratto dal primo numero di Prog Glorie, disponibile in edicola e online su Sprea.it!

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