Sympathy For The Devil, tra Beatles e Rolling Stones

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Il rapporto tra musica e satanismo è uno dei nodi più inestricabili e irrisolti della cultura rock. E non se ne sottrassero di certo né i Beatles né i loro antagonisti, i Rolling Stones...

Sia i Beatles sia i Rolling Stones, gli anti-Beatles per eccellenza, si prendono una cotta per quello che amava firmarsi “La Bestia”, o, a scanso di equivoci per i più sprovveduti, “La Bestia 666”- nomi alternativi del Diavolo.

Così, sulla copertina di SGT. PEPPER’S LONELY HEARTS CLUB BAND, insieme a Marlon Brando, Shirley Temple e Einstein finisce anche Aleister Crowley.

È la volta poi dell'Album Bianco, in cui molti trovano messaggi subliminali ascoltando al contrario il brano Revolution 9, e mentre i sostenitori della tesi P.I.D (Paul Is Dead) sentono chiaramente, nell’incipit, la frase “turn me on, deadman” (accendimi, eccitami, uomo morto), altri sentono messaggi satanici - vi abbiamo parlato qui dei più noti casi di backmasking

Interrogati in proposito, i tre Beatles sicuramente vivi più il quarto eventualmente morto definiscono tutto “un mucchio di spazzatura”. Paul è vivo, quindi, e Satana non c’entra nulla. Ma Crowley? Piccola trasgressione, priva di importanza.

Ai Beatles, così carini e ben pettinati, l’odore di zolfo si addice poco, e i dubbi suscitati dall’immagine di Crowley e dal gioco del disco che suona all’indietro non durano molto né lasciano tracce profonde.

Per i Rolling Stones è diverso. Loro se la cercano, salvo poi alzare le braccia, grugnire e ripetere coi Beatles che certe supposizioni sono rubbish e che attribuire alle loro canzoni un immaginario satanico è completamente stupido.

Keith Richards ne approfitta per una considerazione che vorrebbe suonare profonda (e non lo è; ma certamente dà una stoccata a chi li accusa di malvagità e tresche col satanismo):

Quando hanno cominciato a dire di noi che siamo cattivi ho cominciato a riflettere sul male… Il male è parte di noi.

Comunque, se dai per titolo a un album THEIR SATANIC MAJESTIES REQUEST e poi scrivi un brano in cui interpreti proprio il Diavolo, che appare uno stylish gentiluomo magari cattivello, ma sicuramente di buone maniere, che ci dice che ha visto Gesù condannato da Pilato, che ha visitato la Russia durante la rivoluzione, e ora vorrebbe proprio sapere chi accidenti ha assassinato i fratelli Kennedy (Sympathy For The Devil), dovresti mettere in conto che questo farà parlare.

Siamo nella seconda metà degli anni 60, quando il rock di per sé è visto come una cosa diabolica. E aggiungiamoci la morte di Brian Jones, l’omicidio di Altamont (avvenuto guarda caso subito dopo che era stata eseguita Sympathy For The Devil), la morte prematura e improvvisa del figlioletto di Keith Richards e Anita Pallenberg (che in quel periodo si vantavano di praticare la magia nera).

Per anni e anni, ogni accadimento tragico in cui fossero coinvolti gli Stones veniva fatto risalire al presunto peccato originale: la vicinanza con Satana. Oggi tutto questo fa sorridere. Oggi che si discute su chi sia un vero satanista e chi un improvvisato, su chi usi Satana per far parlare di sé e chi lo veda come la parte istintuale da far riemergere contro ogni convenzione. E infatti, quando gli parlano di black metal, Mick Jagger fa una faccia leggermente seccata: progenitore lui? Ma scherziamo?

Trovate l'intero approfondimento sul rapporto tra musica e satanismo, firmato Susanna Schimperna, sul secondo numero di «Hard Rock Magazine», in edicola e sul nostro store online.
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