10 copertine di Storm Thorgerson per i Pink Floyd

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Il fotografo britannico è famoso in tutto il mondo per le sue cover rock, dai Led Zeppelin, ai Black Sabbath, fino ai Cranberries e ai Muse. Ma le più note sono sicuramente le copertine dei Pink Floyd, realizzate con la Hypgnosis o da solo. Eccone dieci:

UMMAGUMMA (1969)

In questo scatto per il quarto album in studio dei Pink Floyd, i musicisti si collocano su due dimensioni. L'impressione che l'osservatore ha è quella di attraversare due realtà parallele. Una copertina stratificata come il suo contenuto, tra i più sperimentali del gruppo.

ATOM HEART MOTHER (1970)

Meno lisergica è la copertina dell'album successivo, che pone in primo piano una mucca. Questa occupa tutta la scena con uno sguardo che valica la musica, i suoi eccessi e i suoi problemi. Uno sguardo che esprime la più ingenua inconsapevolezza. 

MEDDLE (1971)

Tutt'altro che chiara e cristallina è invece la copertina di MEDDLE, che si presta alle più svariate interpretazioni. In realtà, si tratta dello scatto subacqueo e ravvicinato di un orecchio. Lo scopo, in linea con il significato dell'album, è raccontare come la musica sia attraversata da interferenze, che ne deformano la natura, ma al tempo stesso ne costituiscono parte integrante.

Un progetto interessante, su cui Storm lavorò a partire da una conversazione telefonica e non ne fu pienamente soddisfatto. E pensare che in origine doveva essere l'ano di un babbuino!

THE DARK SIDE OF THE MOON (1973)

Arriviamo a uno dei dischi più celebri della band. Un'immagine pulita, disegnata in bianco e nero da Storm e poi colorata in un secondo momento, su un elegante sfondo nero.

L'effetto è magico e ipnotico, adatto alla natura folle e ambiziosa dei brani, come sottolineato da Roger Waters.  

WISH YOU WERE HERE (1975)

Fu proprio Waters a commuoversi quando, durante la registrazione di WISH YOU WERE HERE, irruppe in studio Syd Barrett, così diverso dal Diamante Pazzo che tutti ricordavano. 

In questa copertina, Storm racconta i rapporti umani. Fidarsi dell'altro è difficile: si ha paura di rimanere scottati e si mantengono le distanze. Ecco allora sopraggiungere uno sterile vuoto emotivo

ANIMALS (1977)

Ci vollero tre giorni per realizzare questa strabiliante fotografia. Una centrale elettrica, la centrale londinese di Battersea, sullo sfondo di un cielo policromatico, dove aleggia in lontananza Algie. Un maiale gonfiabile di sei metri che sarebbe diventato simbolo della band e favorito ospite ai loro live. 

A MOMENTARY LAPSE OF REASON (1987)

Le spiagge del Devon accompagnano la cover del tredicesimo album in studio del gruppo. Una location suggestiva, su cui si stagliano 700 letti in stile vittoriano, disperdendosi a oltranza finché l'occhio umano può raggiungerli. Tutto nacque da un verso di David Gilmour che Storm riaddattò leggermente per ottenere l'espressione "visione di letti vuoti".

DELICATE SOUND OF THUNDER (1988)

Qui, Thorgerson voleva ricreare esteticamente l'effetto immersivo dei concerti dei Pink Floyd, dove lo spettatore viene avvolto da un alone di luci e musica. Così fotografò un uomo rivestito di lampadine, ispirandosi all'arte di Dennis Oppenheim e Salvador Dalì. Un'esperienza mistica, spirituale, tratteggiata in un deserto dalle sfumature western dove i duellanti si guardano da lontano. 

THE DIVISION BELL (1994)

Il tema della comunicazione ambigua, bifronte e contraddittoria accompagna invece THE DIVISION BELL. Per la copertina, Storm ha scelto due statue alte come un autobus a due piani, collocate specularmente in modo da offrire due profili che formano anche un unico volto. L'idea è di offrire allo spettatore un'immagine selettiva, che non può essere colta nella sua interezza, ma chiede sempre di essere guardata da una prospettiva variabile. 

PULSE (1995)

La suggestiva immagine di un'eclisse, incorniciata da una surreale e onirica rappresentazione dell'universo descrive PULSE, il terzo album dal vivo dei Pink Floyd. La copertina voleva offrire un compendio "galattico" dell'immaginario del gruppo

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