Live Review - Stone Music https://stonemusic.it Il Portale in cui batte un vero cuore rock Tue, 23 Apr 2024 12:43:18 +0000 it-IT hourly 1 https://i1.wp.com/stonemusic.it/wp-content/uploads/2019/05/cropped-favicon-1.png?fit=32%2C32&ssl=1 Live Review - Stone Music https://stonemusic.it 32 32 178453812 VIOLET BLEND: “blend” rock graffiante https://stonemusic.it/5613/violet-blend-blend-rock-graffiante/ https://stonemusic.it/5613/violet-blend-blend-rock-graffiante/#respond Tue, 23 Apr 2024 10:00:38 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5613 I Violet Blend sono una band alternative rock italiana, originaria di Firenze e nata alla fine del 2012.

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La band, è composta da da Giada Celeste Chelli (voce e pianoforte), Gabriele Lari (chitarra), Ferruccio Baroni (basso) e Michel Agostini (batteria).

Inzialmente, il progetto Violet Blend nasce dall'incontro di Giada Celeste Chelli e Michel Agostini e dall'unione delle composizioni grunge e delle ritmiche metal. Successivamente, incontrano il punk con Steeve Rosales, alla chitarra, per poi muoversi verso l'hard rock con Gabriele Lari al basso.

Il 2016 vede un cambio di formazione, Gabriele Lari subentra alla chitarra, prima Valerio Marseglia ed in seguito Ferruccio Baroni al basso.

Lo stile della band unisce diversi generi musicali e si districa fra essi, per questo è ben espresso ironicamente nella parola "blend rock": dal graffio delle chitarre, contrapposto alla chiarezza e armonia del pianoforte. Si esprimono con giustapposizione di incisi e accordi in dissonanza e l'inconfondibile colore della voce.

L'impianto sonoro, esaltato dai frequenti sbalzi dinamici e ritmici, conduce lungo un percorso tortuoso di sentimenti e confessioni, orientando l'ascoltatore verso atmosfere sempre nuove e svariate in ognuna delle tracce.

Dai un'occhiata al sito della band e ottieni maggiori informazioni, cliccando qui!

 

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La Taniére d’Amèlie: il nostro favoloso mondo alternativo https://stonemusic.it/7869/la-taniere-damelie/ https://stonemusic.it/7869/la-taniere-damelie/#respond Sun, 14 Apr 2024 08:39:51 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7869 È la bellissima voce di Benedetta Giovagnini a guidare La Taniére d’Amèlie, insieme ad Andrea Boldi e Riccardo Lanzi. Una band che non ama etichettarsi...

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Così La Taniére d’Amèlie si raccontano, in un gioco di evocazioni e contraddizioni.

Com’è nata l’avventura La Taniére d’Amèlie?
Ci siamo conosciuti nel 2011 durante la terza edizione del Premio Valentina Giovagnini, festival musicale dove erano stati invitati i FumiProFumi, la band indie rock dove allora militavano Andrea e Riccardo. Da li è nata un’amicizia, una frequentazione e un rapporto di reciproca stima che ci ha convinti nel 2015 a iniziare un percorso comune.

Cosa significa La Taniére d’Amèlie? 
Approcciandosi a questo nome, viene immediato riferirsi a quel capolavoro del cinema francese che Jean-Pierre Jeunet ha portato al buio della sala all’inizio del millennio (Il favoloso mondo di Amelie, appunto), film romantico e a tinte pastello. Lo abbiamo volontariamente sporcato, associandolo alla parola “tanière”: covo, luogo dell’illecito per definizione. La Tanière d’Amélie è un gioco di richiami e citazioni, di coesistenza fra realtà contraddittorie.

Benedetta, tu hai partecipato a The Voice of Italy. Come mai hai deciso di abbandonare l’idea di una carriera da solista?
The Voice è stata un’esperienza positiva sotto tutti i punti di vista. Ma non vedo questo mio nuovo progetto come un abbandono della carriera solista, ho semplicemente deciso di condividere il mio percorso con due amici musicisti che hanno arricchito il mio background musicale sotto ogni punto di vista. Anzi, mai come adesso sto facendo la musica che più mi appartiene e mi piace fare.

Il brano con cui vi siete aggiudicati il contest, Un buco nell’anima, è stato definito il punto più alto della vostra produzione artistica. Siete d’accordo?
Senza dubbio, è il progetto dove vanno a confluire in maggior misura le nostre rispettive conoscenze e influenze musicali che traggono la loro origine dal mondo del blues. Un buco nell’anima presta particolare attenzione alla ricerca della sonorità, al colore della musica, all’importanza della parola. Quest’anima blues le conferisce ancora più potenza comunicativa.

Chi è l’autore dei vostri brani? 
Ai testi penso io (Andrea). Nella creazione di una lirica m’ispiro alle cose che mi piacciono e le declino nella forma canzone. Che siano libri, film, videogames, nonché ritagli di vissuto quotidiano: non c’è nulla che non dia buoni spunti da rielaborare per fare un buon testo.

Avete altri progetti in cantiere? 
A giugno 2016 è uscito il nostro primo Ep, composto da 8 brani inediti. È stato accolto positivamente e questo ha rappresentato per noi la spinta a continuare a lavorare in questa direzione, tanto che già stiamo scrivendo nuovi brani e stiamo già pensando a un nuovo album.

Vi etichettate in un genere particolare? 
Non ci riconosciamo in un genere particolare, anche se un pochino ci piace definirci “alternative”. Amiamo spaziare fra generi che ci piacciono, dal jazz all’elettronica, dal rock al folk. È questo il bello della nicchia, la grande libertà creativa che ti lascia.

Ultimamente, i nostri contest vedono in finale molte voci femminili, cosa ne pensate?
Il rock ha spesso avuto come protagoniste donne che tutt’oggi continuano a essere delle vere e proprie icone. Come in tutti i settori, esistono persone più o meno capaci e meritevoli, indipendentemente dal sesso. Noi possiamo solo dire di avere un’ottima vocal performer e sperare di ritagliarci un posticino minuto fra i “bravi”.

 

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System Flaw: hard rock puro e nitido https://stonemusic.it/6667/system-flaw/ https://stonemusic.it/6667/system-flaw/#respond Fri, 29 Mar 2024 09:25:54 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=6667 I System Flaw sono una band rock nata nel 2016, ed ecco la nostra intervista!

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Formati da Karin alla voce, Stefano alla chitarra e cori, Marco al basso e Simone alla batteria, sono alla ricerca di un tastierista che si unisca stabilmente alla band. Il loro stile è influenzato dai diversi background musicali dei componenti, passando dal rock al metal, con un pizzico di pop.

Com’è nato questo progetto musicale?
Stex: L’idea è stata mia e di Karin. Abbiamo cominciato suonando qualche cover acustica, poi ascoltando gli inediti di Karin abbiamo deciso di cambiare strada. I suoi brani mi sono piaciuti molto. Nel dicembre 2016 abbiamo cercato altri elementi con cui mettere su i System Flaw e di lì a poco abbiamo registrato il nostro primo video. Turn Back the Hands of Time è stato presentato su YouTube subito dopo e a oggi supera le 13.000 visualizzazioni.

Venite da esperienze musicali precedenti?
Sì. Stefano ha suonato negli Omega3 e Karin è stata una solista.

Vi siete aggiudicati il contest proprio con Turn Back the Hands of Time. Cantante soltanto in inglese?
Karin: Avendo la “r” moscia, canto soltanto in inglese. Mentre Stefano, coi suoi sei anni negli Omega3, ha trascorsi in italiano. C’è anche da dire che con questo tipo di musica sarebbe troppo difficile, vogliamo muoverci nel rock, quello più crudo, e con l’italiano perderemmo parecchio. Anche con chitarrone e batterie potenti continueremmo a essere un po’ “popettari”e non è il risultato finale a cui puntiamo.

Dove puntate?
Stex: Facendolo come mestiere, Karin vorrebbe puntare al massimo. Io resto coi piedi per terra, perché conosco bene la situazione italiana e so che è molto difficile. Ci piacerebbe suonare all’estero, e penso che il mercato dell’est Europa abbia molto da offrire, sarebbe davvero interessante.

Futuri progetti? Avete un Ep in programma?
Sì, abbiamo 7 o 8 pezzi già pronti, ne mancano davvero pochi e vorremmo fare un Ep il prima possibile. Pensiamo e vorremmo uscire per la fine di novembre, forse MESSENGER potrebbe essere un bel titolo, come uno dei brani che ne faranno parte.

Come avete deciso di partecipare al contest di «Classic Rock»?
Hanno partecipato alcuni nostri colleghi e ci siamo interessati. Due etichette discografiche ci hanno già contattato. Ha tirato fuori qualcosa di buono e inaspettato.

Il vostro repertorio è composto sia da cover che inediti…
Il nostro Ep proporrà solamente inediti. Per il live stiamo preparando anche qualche cover, ma in generale i nostri brani sono scritti da Karin, ispirati da tutto ciò che abbiamo ascoltato in passato – dai Nirvana agli Evanescence, fino a Jimi Hendrix. Restiamo sul classico.

Com’è il vostro pubblico?
I nostri fan sono piuttosto variegati, ci scrivono anche dall’estero e l’età media lì è molto giovane, già dai 16 anni, mentre in Italia il pubblico è un po’ più grande. Per il momento, siamo molto soddisfatti e il primo impatto è stato più che positivo.

 

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LAMAREA: la nostra intervista https://stonemusic.it/5091/lamarea-la-nostra-intervista/ https://stonemusic.it/5091/lamarea-la-nostra-intervista/#respond Mon, 18 Mar 2024 09:48:07 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5091 La nostra intervista alla band italiana Lamarea: quando si raccontano, dicono di essere nati dall'estremo bisogno di musica...

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Lamarea sono un gruppo versiliese di quattro ragazzi, amici da sempre. Quando si descrivono, dicono di essere nati dall'estremo bisogno di musica, così hanno trasformato in note un po’ delle loro vite. Hanno debuttato con l’album “Oltre”, uscito a dicembre del 2016, un disco ispirato al cambiamento e al viaggio attraverso l’esistenza, dal sapore pop-rock.

 

Quando comincia la storia dei Lamarea?

"Con l’attuale formazione nel novembre 2015, è una cosa abbastanza recente. Veniamo dalla provincia di Lucca, da Camaiore. Da allora abbiamo tenuto diversi concerti e live, ma non siamo ancora riusciti a muoverci in tutta Italia, anche se siamo stati in Liguria e diverse volte a Roma."

“Torno a splendere”, il brano con cui vi siete aggiudicati il contest, è molto intimo. Chi l’ha scritto?

"Lo ha scritto Alessandro. L’ispirazione per questo brano è venuta durante un periodo non troppo felice, quando è finita una storia che durava da diversi anni. La canzone però non si limita a questo, parla di tutti quei rapporti che ti lasciano una traccia, nonostante finiscano. Non è un brano rivolto all’amore, piuttosto a tutte le relazioni. Normalmente le nostre canzoni sono scritte con un lavoro di squadra, uno di noi porta un’idea e da lì sviluppiamo il tutto."

A dicembre siete usciti con l’album “Oltre”, avete altri progetti in cantiere?

"Noi stiamo continuando a scrivere, abbiamo già una decina di nuovi brani. Per il momento continueremo a suonare dal vivo i brani di Oltre. Abbiamo diversi appuntamenti in questo periodo, il disco ha avuto un discreto successo. Per essere un primo album ha fatto una buona impressione. Cerchiamo di tenerci impegnati e non stare mai fermi."

Avete un’etichetta discografica?

"No, l’album è completamente autoprodotto e autofinanziato (soprattutto). Per quanto riguarda il video abbiamo collaborato con uno studio “viareggino”, The Red Box Studio, di Gioacchino Magnani e Giacomo Dulise. Abbiamo collaborato con loro per “Torno a Splendere” e “Gioco di Specchi”, a breve uscirà anche “La Marea”…"

Ci avete scritto che la vostra esperienza nasce dal bisogno di musica, ma quando è iniziata la vostra avventura come musicisti?

Alessandro: "In casa è sempre stata un’esigenza cantare. Mia nonna cantava per tutto il giorno, così anche mia madre. L’approccio al canto per me nasce proprio nell’ambiente familiare. E così per tutti noi: quando nasci in un’ambiente in cui la musica ha una forte presenza, ti inserisci naturalmente. Suoniamo tutti da una decina d’anni."

A quali artisti vi ispirate?

"In realtà molti, ognuno di noi porta con sé parte proprio bagaglio. Siamo diversi, veniamo da generi differenti. Ci siamo ritrovati nel pop-rock, e nel nostro progetto racchiudiamo tutte le nostre esperienze."

Quali erano le vostre aspettative quando avete iniziato? E ora?

"Non credo avessimo aspettative, la band era qualcosa nata per gioco. Eravamo tutti musicisti, e abbiamo pensato soltanto “Divertiamoci!”, ognuno di noi aveva altri progetti paralleli. Invece ora ci piacerebbe portare la nostra musica al di fuori, diffonderla il più possibile."

Che ne pensate del panorama musicale in Italia?

"Purtroppo, forse anche a causa dei vari talent, ci siano tanti prodotti destinati meramente al commercio. Sono prodotti immediati che non hanno una grande anima dietro, dopo pochi mesi svaniscono nel nulla. Ci sono cantautori molto meno famosi, molto più validi. Noi personalmente non crediamo ai talent show, per ora almeno, non è una nostra priorità."

E per quanto riguarda il vostro ultimo album, “Oltre”?

"E’ un album che parla del cambiamento, del cambiamento dell’uomo attraverso la vita, i rapporti personali e con il mondo circostante. Ci sono voluti ben nove mesi di gestazione prima che potesse venire alla luce. E’ un album sincero, ci rispecchia veramente alla grande. Riflette alla perfezione la maturità di un gruppo emergente come il nostro."

Intervista di Giulia Novi

Se vuoi conoscere meglio i ragazzi de Lamarea, conoscere i loro prossimi appuntamenti e concerti, clicca qui!

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THE KING MOOSES: indie rock dal sapore inglese https://stonemusic.it/5609/the-king-mooses/ https://stonemusic.it/5609/the-king-mooses/#respond Tue, 13 Feb 2024 10:45:15 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5609 I The King Mooses sono un gruppo indie/alternative rock, formatosi a Terni all'inizio del 2013.

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I The King Mooses sono un gruppo indie/alternative rock, formatosi a Terni all'inizio del 2013.

"Moose" significa, "Alce", un animale mite, in grado di mostrarsi incredibilmente forte se attaccato, ecco perchè la band ha scelto di chiamarsi The King Mooses, e ha scelto l'alce come simbolo distintivo.

La band è stata fondata dai cugini Fabio Deriu (alla chitarra) e Michele "Rex" Deriu (alla batteria). La band decide di dedicarsi alla produzione di brani inediti, rigorosamente in inglese, traendo ispirazione da gruppi di matrice indie rock, come gli Strokes e gli Arctic Monkeys, strizzando l'occhio anche al punk inglese dei Clash, dei Jam e dei Buzzcocks.

Nel 2015, raggiungono la lineup definitiva, unendosi a Simone Betti (al basso) e Daniele De Marinis (come voce/chitarra).

Attualmente, i The King Mooses sono impegnati in un mini-tour volto alla presentazione dei loro 12 inediti!

Visita il sito della band e ottieni maggiori informazioni cliccando qui

 

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LARS ULRICH: James Hetfield è il mio eroe https://stonemusic.it/1837/lars-ulrich-james-hetfield/ https://stonemusic.it/1837/lars-ulrich-james-hetfield/#respond Mon, 05 Feb 2024 09:26:31 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=1837 Lars Ulrich ha raccontato chi sono i suoi eroi: il padre, Steve Jobs e il compagno di band e amico James Hetfield.

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Lars Ulrich dei Metallica, ha descritto il compagno di band James Hetfield come "sottovalutato". E dice che, pur avendo pensato di scrivere la storia della sua vita, ha delle buone ragioni per non farlo.

Ulrich ha confessato che i suoi eroi sono i Rolling Stone: "Persone che sfidano lo status quo. In nessun ordine particolare le mie ispirazioni sono mio padre, Steve Jobs e James Hetlfield. Le persone che più ti incoraggiano ad essere altruista." Alla domanda sul perchè anche James è presente nella sua lista di eroi, lui risponde: "E' il musicista più cool. Ha suonato con me per 35 anni, già solo per questo merita tutto il mio apprezzamento. A volte penso che il suo talento sia sottovalutato per quanto è vasto in realtà."

 

Ulrich non è un tipo da regole di vita, ma continua "Ho sempre avuto questa cosa: se lo dici, fallo; se lo dici, dimostralo. Non so se è una regola generale o semplicemente qualcosa che fa parte del mio DNA." Ha confessato di aver pensato di scrivere un libro, ma poi ci ha riflettuto: "Quando ho letto alcuni libri di persone che conosco, ci sono stati momenti in cui mi sono detto 'Non è esattamente così che è andata' o che fossero altre versioni delle cose realmente accadute."

"C'è una parte di me, quella parte danese, che sostiene che se si fa una cosa del genere, bisogna scrivere la verità. Si potrebbero anche coinvolgere delle persone là fuori, che in realtà non vorrebbero esser necessariamente chiamate in causa." e continua "Si tratta di rispettare il diritto alla privacy. Sono sempre preoccupato di dire qualcosa che altri potrebbero non condividere. Questi sono i principi ereditati da mio padre."

 

Fonte: http://teamrock.com

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LENIGMA: la nostra intervista https://stonemusic.it/5881/lenigma-la-nostra-intervista/ https://stonemusic.it/5881/lenigma-la-nostra-intervista/#respond Sun, 04 Feb 2024 09:42:45 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5881 I Tetris erano alla ricerca di una nuova identità, da questa esigenza si sono trasformati nella band pop/rock LENIGMA. Li abbiamo intervistati.

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LENIGMA è una band calabrese composta da Maria Antonietta Romagnoli (voce), Gianfranco Varani (batteria), Gerardo Scigliano (basso), Gilberto Esposito (chitarre elettriche), Cosimo Falcone (chitarra elettrica e acustica) e Francesco Bontempo (fonico). Nascono come i “Tetris”, un nome acquisito dall’incastro delle loro diverse anime musicali, ritrovatesi all’interno di un unico progetto. Lo scorso anno, il destino e la spinta di un nuovo Ep, li ha condotti a una nuova identità, così questa band pop/rock è diventata Lenigma.

Com’è nata la vostra band?

"Siamo nati nel 2012 come Tetris. Abbiamo iniziato suonando cover straniere e italiane, finché non abbiamo sentito l’esigenza di una svolta. Avevamo voglia di produrre qualcosa di nostro e fare un disco.  Il primo step è stato pubblicare un Ep con quattro brani, nel 2015."

Quand’è arrivata l’esigenza di diventare Lenigma?

"Per caso. Con il nuovo progetto, avevamo bisogno di un nome che rappresentasse il nostro percorso. Tetris, aveva smesso di far parte di noi. Il primo singolo estratto dall’Ep s’intitola proprio L’Enigma, e molti hanno iniziato a identificarci con quel brano. Così abbiamo tolto l’apostrofo ed eccoci qui."

Cosa ci dite del vostro primo Ep, L’ENIGMA?

"È un album composto da 11 brani inediti, uscito il 10 luglio del 2016. È uscito per la nostra etichetta, la Roka Produzioni. In seguito a quella data abbiamo assunto la nostra nuova identità. Adesso stiamo lavorando a un nuovo singolo, studiando nuove sonorità alla ricerca di spunti e idee per lanciarci in questo mondo. Attualmente siamo ancora in giro con il nostro ultimo lavoro discografico, perché è un progetto ancora giovane."

Vi siete aggiudicati il nostro contest con il brano Me lo dice anche Freud.

"E’ un pezzo che abbiamo sentito nostro sin da subito. Gli autori sono Carmelo Piraino e Giorgio Sprovieri. Il brano racconta un viaggio nell’“io” più profondo, è una discesa nella parte più oscura della nostra personalità, quella parte che ci da la spinta per riemergere. Racconta un viaggio dentro noi stessi. Ognuno di noi nasconde qualcosa di oscuro, volevamo che ogni nostro ascoltatore si scoprisse un po’ di più. Nel nostro video compaiono il protagonista, che identifichiamo con il Dott. Freud, un mantello, che rappresenta l’oscurità della sua persona, e il suo super-io, un bambino."

Questo tema è un po’ il filo conduttore di tutto il vostro album?

"Ci sono dei brani collegati, ma non tutti. Non è un concept album. Me lo dice anche Freud arriva subito dopo L’Enigma, che racconta una storia d’amore. Una donna che si riprende la sua vita dopo una storia d’amore travagliata e torna sui suoi passi, più forte. Nel brano successivo c’è la sua rinascita, come una fenice che risorge dalle proprie ceneri."

Le tematiche che affronterete nei progetti futuri, seguiranno quest’onda introspettiva?

"Ogni pezzo deve essere sentito, lo dobbiamo sposare. Ci piacciono molto i brani introspettivi, anche se nel prossimo album ci piacerebbe trattare anche tematiche dall'impronta sociale e di denuncia. Ci consideriamo ancora giovani, vittime di un sistema che ci sta stretto. Ecco che ci piacerebbe portare avanti una sorta di ribellione musicale. Vogliamo dare forza ai ragazzi come noi, che sgomitano in questo campo."

Marì, come cantante donna, cosa pensi del panorama musicale e dell’essere donna in un mondo di rockettari?

"Penso che mi abbia agevolato. Mi sento la principessa del gruppo, a volte è difficile per questioni di carattere ma una volta entrata nel giro ho imparato a conoscerlo e a sentirmi a mio agio. Inoltre, la presenza scenica di una donna è tutta un’altra cosa!"

Avete girato tutta la Calabria, ma al di fuori?

"Abbiamo fatto una data a Roma lo scorso dicembre, e per ora è stata l’unica fuori porta. Abbiamo comunque in programma di spostarci. Pensiamo che diventare forti nel proprio posto ci aiuterà ad uscire, anche al di fuori. Stiamo cercando di spingerci oltre i confini, ma non è facile. Noi ci proviamo. Per ora abbiamo molti fan e amici che ci seguono avidamente. Questo contest, ne è stato la prova."

Che ne pensate della musica nel nostro Paese?

"Sì da molto più spazio all’apparenza che non al contenuto. Noi che facciamo brani inediti lo sappiamo bene, e sappiamo anche quante difficoltà ruotano attorno a questo argomento. E’ meglio non avventurarsi troppo in questo discorso, la musica in Italia è musica. Ci sono alcuni spunti interessanti per quanto riguarda le sonorità, ma i contenuti sono quasi sempre deludenti."

Qualche anticipazione su futuri progetti?

"Nel prossimo singolo ci saranno alcune collaborazioni importanti. Non c’è ancora nulla di confermato, ma vogliamo impegnarci, vogliamo credere che sognare a occhi aperti non sia un luogo comune. Stiamo rinchiusi in sala prove per tre notti a settimana, facciamo mattina e anzi, praticamente ci viviamo. Siamo un gruppo di amici, prima di tutto, ed è questa la nostra forza, che ci ha tenuto insieme nel corso degli anni. Nel futuro sappiamo di voler suonare, crediamo in ciò che facciamo."

Intervista di Giulia Novi

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Outside: due ragazze alla conquista del Grunge https://stonemusic.it/7136/outside-grunge/ https://stonemusic.it/7136/outside-grunge/#respond Fri, 10 Nov 2023 16:55:28 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7136 Due ragazze siciliane si sono imbarcante in un progetto musicale di impronta spiccatamente grunge: ecco le giovanissime Outside!

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Le Outside sono una band siciliana composta da Adriana Cappucci di 18 anni (voce e chitarra) ed Eva Miraglia di 19 (basso). Quando hanno cominciato erano giovanissime e la voglia di emergere insieme a quel “sentirsi costantemente fuori posto” le ha portare alla realizzazione di un progetto musicale molto interessante, di impronta spiccatamente grunge.

Com’è iniziata l’avventura delle Outside?
E: Intorno al 2014. Come dice anche il nostro nome, eravamo “fuori”, ci sentivamo fuori posto. Ci siamo conosciute in un’orchestra jazz/blues dove suonavamo strumenti molto diversi, ma non era la nostra strada. Avevamo il desiderio, forse anche un po’ utopistico, di formare una band che facesse rivivere il genere musicale che più sentivamo nostro. Così ci siamo messe alla chitarra e al basso. La musica ci ha sempre contrassegnate, e così siamo diventate amiche e poi in un certo senso, colleghe.

Siete un duo, come ve la cavate con i live?
A: Io sono alla voce e alla chitarra, Eva al basso. Per i concerti collaboriamo con un batterista, ma non ha nulla a che vedere con il progetto Outside, per le registrazioni e la stesura dei brani facciamo tutto da sole.

Il vostro disco ha già ricevuto qualche recensione prestigiosa…
A: Sì, il nostro primo EP è stato recensito anche da Renato Marengo di Classic Rock On Air, dove siamo state trasmesse qualche tempo fa. E per questo dobbiamo ringraziare anche la nostra etichetta discografica Circuiti Sonori e l’ufficio stampa Studio Alfa, che ci ha seguite. L’EP si intitola WHY?, perché soprattutto alla nostra età è una domanda che ci poniamo spesso “Perché a me?”. Ho scritto tutti i brani e gli arrangiamenti e lì c’è tutta la mia vita, il disco parla di sensazioni di frustrazione, rabbia e anche tristezza.

Vi ha ostacolato essere un duo così giovane?
Il fatto di essere due ragazze di queste età a volte è stato uno svantaggio, ma soltanto prima che le persone ci vedano salire sul palco: quando ci guardano e ascoltano suonare, tutti si ricredono. Dicono tutti che sul palco ci trasformiamo, diventiamo irriconoscibili.

Il brano “Every Day” è ambientato sui banchi di scuola…
Il video è venuto dopo, ma la scuola ci è sembrata un’ambientazione perfetta perché il brano di per sé parla del fatto di essere rinchiusi in una routine, con la voglia di ribellarsi. Nel testo ripetiamo spesso “Voglio morire”, perché purtroppo alla nostra età sono parole che vengono dette con molta, troppa, leggerezza. Sono quasi entrate nella normalità. In realtà, i problemi concreti sono ben altri.

Come pensate di essere percepite dal pubblico?
Ai ragazzi della nostra età piacciamo molto, si interessano a noi anche se facciamo un genere musicale che “non è alla moda”. Poi abbiamo fan un po’ di tutte le età, pensiamo che le persone apprezzino il fatto che siamo giovani e riceviamo molti complimenti proprio perché inizialmente veniamo percepite come due ragazzine” che una volta sul palco stupiscono tutti. Abbiamo parecchio successo anche in Egitto, ma non sappiamo spiegarcelo…

Come vi etichettate, musicalmente?
A: Grunge! Decisamente. Io sono una vera fan dei Nirvana, ovviamente, Kurt Cobain è il mio idolo. Eva ascolta anche altri generi, rock più strumentale. Non mi ispiro a Cobain nel fare i miei pezzi, ma ne sono affascinata. I miei testi riguardano me ed esperienze della mia vita, per questo affrontiamo tematiche introspettive e personali.

Dove siete arrivate con le Outside?
E: Per ora abbiamo fatto molti live soltanto in Sicilia, ma ci piacerebbe moltissimo suonare in tutta Italia e anche al di fuori. Il nostro singolo Every Day è arrivato nella Top 10 Play Store come singolo più venduto, abbiamo raggiunti alcuni traguardi interessanti finora.

Siete due studentesse. Vi piacerebbe vivere di musica?
Certo, è proprio un sogno. Vivere della propria passione sarebbe bellissimo, senza dubbio. Per il momento puntiamo a suonare in tutta Italia, ma noi ci esibiamo con un genere che è molto più gettonato all’estero, perciò non lo escludiamo, anzi.

Dove sarete fra dieci anni?
E: Speriamo ancora insieme. Siamo entrambe molto decise e spesso ci scontriamo, ma ci vogliamo bene e riusciamo a comprenderci perché abbiamo difetti simili, sono proprio questi che ci permettono di andare avanti.

Contatti utili e link per acquistare WHY?

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Live Review – Blazing World, The Osiris Club https://stonemusic.it/62962/osiris-club-live-review/ https://stonemusic.it/62962/osiris-club-live-review/#respond Fri, 28 Apr 2023 18:41:11 +0000 https://stonemusic.it/?p=62962 La nostra recensione di Blazing World degli Osiris Club, opera prima della band londinese prog rock.

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Artista: The Osiris Club

Titolo: Blazing World

Etichetta: INDIE RECORDINGS

Autore: Lorenzo Becciani

The osiris club Blazing world
The Osiris Club - Blazing world

Maestri dell’occulto
L’opera prima di questi londinesi, ensemble prog rock guidato dal batterista degli Angel Witch, Andrew Prestridge (al microfono l’ex Peach Simon Oakes, a chitarre e synth Chris Fullard, anch’egli in passato alla corte di Kevin Heybourne), è uno dei migliori esempi di sempre di fusione tra hard prog anni Settanta, post punk e art rock.
Le influenze di King Crimson, Goblin e primi Genesis appaiono evidenti, ma ciò non impedisce all’impianto strumentale di risultare originale, con pezzi immediati come That’s Not Like You e The Bells alternati ad architetture sonore più complesse.
L’oscuro concept è sviluppato secondo i dettami di Margaret Cavendish, scrittrice e filosofa del XVII secolo passata alla storia per Blazing World, primo racconto utopico con una donna come protagonista. Il mixaggio di Randall Dunn (SUNN O))), Lesbian) esalta il profilo avanguardistico del lavoro, che recupera certe idee degli Zoltan e trova la massima compiutezza con Solid Glass e Seize Decay.

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18 concerti rock che si sono trasformati in rivolte https://stonemusic.it/60411/18-concerti-rock-che-si-sono-trasformati-in-rivolte/ https://stonemusic.it/60411/18-concerti-rock-che-si-sono-trasformati-in-rivolte/#respond Wed, 10 Aug 2022 06:00:39 +0000 https://stonemusic.it/?p=60411

L'adrenalina infusa dal rock, talvolta, straripa, rendendo i concerti delle vere e proprie bombe a orologeria. Nei periodi più delicati della storia, frequentare i live di determinati artisti poteva rappresentare un vero pericolo.

Nel corso del tempo, diversi live sono entrati nella storia con un'accezione negativa. Vere e proprie pagine nere nel curriculum dal vivo di alcuni tra i più grandi artisti di tutti i tempi. Oggi, assistere ad una rivolta durante un concerto è un evento più unico che raro, ma ai fasti di determinati sottogeneri, si trattava di un fattore di rischio quasi consueto.

Rolling Stones - Blackpool (1964)

Era l'ultimo giorno della Fiera di Glasgow, il 24 luglio del 1964. I Rolling Stones erano pronti a salire sul palco di un mortaio già innescato. La folla era irrequieta sin dalla prima nota del set. Alcuni spettatori manifestarono contro la band urlando. Ad un certo punto, un membro del pubblico sputò contro Keith Richards, innescando una rissa che lasciò strumentazione e location in pezzi. Allora, i Rolling Stones furono banditi da Blackpool fino al 2008.

The Doors - New Haven (1967)

Un evento iconico quanto quanto compromettente, frutto di un mero fraintendimento. Era il 9 dicembre del 1967, quando un agente di polizia trovò Morrison in intimità, finendo per minacciarlo al fine di spingerlo a lasciare il backstage. Inutile dire che il frontman sia, poi, salito sul palco pronto a vendicarsi dell'affronto. Morrison insultò pesantemente il poliziotto, chiamandolo "maiale blu". Le autorità incaricate della sorveglianza finirono per arrestarlo, insieme ad altre tredici persone, con l'accusa di aver incitato una rivolta e di aver commesso atti osceni in luogo pubblico.

Sly And The Family Stone - Chicago (1970)

Sarebbe dovuto essere un concerto gratuito per unire i fan attraverso l'amore condiviso per la musica. La band fu la prima a salire on stage al Grant Park di Chicago e quando alcuni tra i gruppi meno conosciuti salirono sul palco destando il disappunto del pubblico, ignaro della presenza di atti underground, partì una violenta sommossa che si riversò per strada, con auto in fiamme, finestre distrutte e negozi saccheggiati.

Jethro Tull - Morrison (1971)

Migliaia di fan senza biglietto provarono ad imbucarsi al concerto, congestionando l'Anfiteatro Red Rocks. Gli ufficiali di polizia presenti tentarono di sedare il flusso copioso di spettatori sprovvisti di tagliandi, ma le loro azioni non sortirono alcun effetto. In molti, infatti, iniziarono a scavalcare i cancelli, tentando di sfondare qualsiasi barriera che si mettesse fra loro e la location. Fu Ian Anderson, alla fine, ad indirizzare la folla, placando l'azione di sommossa e rendendo possibile l'esibizione della band.

Eric Clapton - Jersey City (1974)

Era da poco uscito dal tunnel dell'eroina, Slowhand, quando salì sul palco del Roosevelt Stadium di Jersey City. Purtroppo, Clapton non era al massimo della forma, quella sera, suscitando furia cieca negli spettatori, trepidanti al pensiero di assistere ai funambolismi di un dio della sei corde. Quella notte, alcuni fan arrivarono a sparare fumogeni e fuochi d'artificio, mentre altri sfondarono le barriere, radendo l'arena al suolo.

Led Zeppelin - Tampa (1977)

Gli Zeppelin suonarono per soli 11 minuti quella sera. Una tempesta, infatti, forzò la band a lasciare il palco. Inizialmente, gli Zeppelin promisero che si sarebbe trattato solo di una pausa causata dalle condizioni metereologiche avverse, ma alla fine lo show fu cancellato, mandando oltre 70.000 persone su tutte le furie. Ci furono più di 100 feriti, quella sera, a causa delle sommosse.

Elvis Costello - Bruxelles (1978)

La folla si rivoltò immediatamente contro la band d'apertura, il duo synth punk avanguardistico Suicide. Costello reagì alla scortesia del pubblico con un set di soli 20 minuti, serrato, conciso e privo di coinvolgimento. Il frontman dei Suicide, poi, accese una molotov e gli spettatori andarono fuori controllo.

Alice Cooper - Toronto (1980)

Il 19 agosto del 1980, Cooper fu annunciato come headliner del CNE rock festival. L'artista ritardò notevolmente la sua apparizione, sembrerebbe, per bere con gli amici, fino a non presentarsi e costringere gli organizzatori a cancellare lo show. Alla fine, la rivolta fu il risultato di una reazione a catena innescata da pochi membri violenti del pubblico. Furono 18 i feriti, per un totale di 20.000 dollari di danni. In realtà, l'artista avrebbe spiegato anni dopo di aver avuto un tremendo attacco d'asma prima dello spettacolo.

Black Sabbath - Milwaukee (1980)

La band era nel pieno del loro Heaven and Hell Tour, il primo con Ronnie James Dio alla voce. Il set di Milwaukee durò solo tre canzoni. Il bassista Geezer Butler fu colpito alla testa da un corpo contundente, forzando la chiusura dello show. Quando il manager dei Sabbath annunciò la cancellazione del concerto, la rivolta si inasprì con oltre 160 persone arrestate e una dozzina di feriti.

Public Image Ltd. - New York (1981)

Fu il progetto alternativo di Johnny Rotten dei Sex Pistols. Si trattava di una band sperimentale e, per questa ragione, destò l'incomprensione dei fan, accorsi al Ritz per assistere ad uno spettacolo punk. Le conseguenza furono, ovviamente, disastrose.

The Jesus and Mary Chain - Londra (1985)

L'alternative rock band scozzese era famigerata sulle scene underground per incitare rivolte. A confermare la loro reputazione fu il live del 15 marzo del 1985, dove gli studenti del Politecnico di North London causarono migliaia di sterline di danni.

Iron Maiden - New Jersey (1987)

Negli anni d'oro, i Maiden travolgevano i fan col fervore del loro sound. Il 28 marzo del 1987, il gruppo concluse il set in New Jersey con una rivisitazione di Running Free. La folla impazzì, riversandosi nel parcheggio, lanciando bottiglie e, addirittura, incendiando due auto. La polizia arrestò 33 persone quella notte e la Meadowlands Arena bandì il consumo di alcool prima dei concerti poco dopo.

Guns N'Roses - St. Louis (1991)

Fu un momento emblematico. I Guns erano ben noti per la loro violenta trasgressione e per gli atteggiamenti rivoltosi di Axl Rose. A St. Louis, però, le cose presero una piega diversa quando il frontman vide uno spettatore usare una videocamera. Il cantante gridò alla sicurezza di prenderlo, ma alla loro passività rispose aggredendolo e colpendo anche altri membri del pubblico. Il resto è storia. Rose fu arrestato e accusato di aver innescato le violenze, per poi essere dichiarato innocente solo dopo il ritorno della band a casa alla fine del tour.

Grateful Dead - Noblesville (1995)

Nel 1995, i Grateful Dead si stavano esibendo al Deer Creek Music Center. Furono molti i fan che tentarono di introdursi nella struttura senza aver comprato il biglietto, distruggendo le barricate e l'arredo esterno della venue. La rivolta finì con 15 veicoli della polizia danneggiati, due golf kart in fiamme e 17 persone arrestate.

Woodstock 99

Il festival di Woodstock originale fu una celebrazione dell'amore libero e della musica. Al tramonto del Terzo Millennio, si provò a replicare l'impresa coi principali atti del decennio. Il risultato fu tragico, con gli spettatori che boicottarono praticamente tutte le esibizioni.

Rage Against The Machine - Los Angeles (2000)

Non è una sorpresa, data la loro natura sovversiva, che i RATM abbiano assistito a delle rivolte sotto i loro palchi. Nel 2000, la band si stava esibendo allo Staples Center di Los Angeles durante la Democratic National Convention. Erano più di 8000 gli spettatori, mentre Zach de la Rocha cominciò a scagliare parole al vetriolo contro i paradigmi corrotti della Democrazia americana. Dopo un set di 40 minuti, i fan iniziarono a rivoltarsi contro la polizia che rispose all'offensiva con fumogeni e proiettili di gomma. Otto anni dopo, i Rage sarebbero stati protagonisti di un evento tristemente simile.

Iron Maiden - Bogota (2009)

Il 7 marzo del 2009, i fan colombiani della celeberrima band, ormai veterana dell'heavy metal, tentarono di scavalcare le cancellate del Simon Bolivar Park ore prima del concerto. Quando la polizia tentò di disperdere la folla, i manifestanti divennero violenti, scatenando una sommossa aggressiva che, come risultato, portò a 111 arresti. Alla fine, i Maiden riuscirono ad esibirsi di fronte a 25.000 fan.

Metallica - Santiago (2010)

Tornarono in Chile dopo più di 10 anni. I Metallica non si aspettavano più di 2000 fan senza biglietto all'ingresso. Orde di persone tentarono di oltrepassare le barriere, mentre la band si esibiva per 55.000 persone. La polizia militare cilena intervenne con fragore, arrestando circa 120 persone.

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Live Review: Alessandro Quarta all’Auditorium Parco della Musica di Roma https://stonemusic.it/20253/live-review-alessandro-quarta-allauditorium-parco-della-musica-di-roma/ https://stonemusic.it/20253/live-review-alessandro-quarta-allauditorium-parco-della-musica-di-roma/#respond Wed, 29 May 2019 15:31:26 +0000 http://stonemusic.it/?p=20253 Alessandro Quarta Plays Astor Piazzolla Per la rubrica “Live Review” la nostra lettrice Maria Ludovica De Dominicis ci…

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Alessandro Quarta Plays Astor Piazzolla

Per la rubrica “Live Review” la nostra lettrice Maria Ludovica De Dominicis ci ha inviato la sua recensione del concerto di Alessandro Quarta

Non solo con il poderoso vigore espressivo della sua interpretazione e con la perfezione del suono, ma anche con una sapiente narrazione, Alessandro Quarta ha sedotto ed ipnotizzato il pubblico dell’Auditorium parco della musica di Roma, dinanzi al quale ha presentato il suo Alessandro Quarta Plays Astor Piazzolla, già candidato ai Grammy e primo album al mondo con sonorità jazz registrato in 3 D.

Racconta, Quarta, delle origini del tango ed evoca oscuri sobborghi di Buenos Aires odorosi di salsedine ed alcol, e di milonghe dolcissime ballate in lontane balere; narra di tanghi danzati nei bordelli vicino al porto e di una fisarmonica -il bandoneon – creata per suonare in Chiesa a lode di Dio, ma destinata ad accompagnare “prostitute bellissime e sporche” in danze intrise d’erotismo e di fierezza; racconta, infine, d’un Piazzolla che stravolge il tango e fugge a Parigi, inseguito da cento pugnali.

“Ed ora, se ci sono bambini in sala, tappate loro le orecchie, perché questo è sesso” avvisa il maestro, e la sua musica sprigiona una potenza erotica e creatrice, sembra portare sul palco la furia degli elementi, ma è una furia che esplode tra la perfezione  degli arrangiamenti, nel rigore ritmico, nella perfezione dei virsuosimi. Ed è qui che nasce la bellezza, dal connubio d’irruenza e di temperanza tra cui si snodano, una dopo l’altra, la “Habanera”di Bizet e “Por una cabeza” di Gardel seguite da un ineguagliabile Fracanapa: il nuevo tango di Piazzolla. I brani sono  magistralmente eseguiti anche grazie alla sintonia con l’ensemble composto dai talentuosi Giuseppe Magagnino (piano), Michele Coaci (contrabbasso), Franco Chirivì (chitarra) e Cristian  Martina (batteria). 

Parigi sembra emergere e prendere forma

Fugge, dunque, Piazzolla, a Parigi, ed ecco comparire una musica lieve, “Chau Parìs”, poi la grazia di “Rio Sena”, e….” Parigi…”- sussurra Quarta indicando con un cenno del volto il suo violino,  dal quale davvero Parigi sembra emergere e prendere forma dinanzi agli occhi incantati degli spettatori –  e pare al  pubblico di vedere l’eleganza spensierata del liberty, donne esili dagli ombrellini in pizzo e baluginii di luce sul lungosenna. Riprende la narrazione,  Quarta, e racconta di pittori che escono dalle accademie, di musicisti cacciati dai conservatori, di come tutto ciò che oggi diciamo “classico” sia stato in origine rottura, tradimento, innovazione, dissacrazione.

Con la parola e con l’archetto Quarta squarcia come inutili “vesti senza significato” archetipi e vecchi schemi,  per giungere al cuore vero delle cose: “non esiste musica classica e musica leggera – spiega il Maestro citando Bernstein – : esiste solo musica bella e musica brutta” . E la musica bella può avere origine ovunque, persino là dove abbiamo dimenticato che sia nata: Quarta racconta con sincera partecipazione delle lettere in cui Mozart confidava al padre la sua malinconia: “sono stanco di suonare per gente che non mi ascolta”, cioè in feste in cui la sua musica – tra le più grandi, le più sublimi di tutti i tempi – era sommersa da risate e chiacchiericci, “perché Mozart faceva in realtà quello che noi oggi chiamiamo piano bar”.

La bella musica ed il bel canto possono dunque nascere ovunque e Quarta le cerca nelle balere oscure e malfamate di Buoenos Aires, nelle sfide danzate tra uomini per la conquista della la più bella tra le prostitute in attesa, e la sua musica è cuore di un umanesimo disarmante, che prima trascina il pubblico in un tango che “è sesso, è attrazione fisica, è sudore” , e  poi, dopo averlo fatto così piacevolmente peccare, lo assolve, con la dolcezza di “Years of Solitude”, in un’esecuzione indimenticabile non solo per  l’intensità espressiva, la dolcezza,  e l’empatia profonda per un Piazzolla intriso di nostalgia per la sua terra, ma anche per la perfezione di alcune singole note, quelle finali, in particolare, che da sole sono avventure compiute, nel loro lungo vibrare come stelle tremule, assottigliarsi così tanto da temere che si spezzino, così tanto che si vorrebbe correre in loro soccorso e quasi proteggerle, per poi sopirsi in un corale sospiro del pubblico, che si lascia andare sugli schienali, stremato.

Un eclettismo che seduce gli spettatori

Musicista di formazione classica, Quarta vanta un curriculum prestigioso: cresciuto con i più grandi direttori al mondo,ha suonato con musicisti del calibro di L. Maazel, E. Inbal, C. Dutoit, M. Rostropovich, M.W. Chung, G. Pretre, Z. Metha. È stato arrangiatore e solista con i Solisti dei Berliner Philharmoniker e di recente autore del brano Dorian Gray per Roberto Bolle. Il concerto tuttavia svela un talento  eclettico, affinato anche grazie alle incursioni del Maestro Quarta nel blues, nel pop e nel rock: nella sua carriera, Quarta ha affiancato musicisti come Ray Charles, Dee Dee Bridgewater, Mike Stern, Joe Cocker, Mark Knoplfer.

È questo eclettismo che consente all’ormai celebre violinista di sedurre i frequentatori delle più esclusive sale da concerto come quelli delle grandi arene del rock; di suonare – come un grande musicista classico –   con una passione che non deraglia mai dai binari della temperanza e di una rara  padronanza tecnica ma anche, come una vera rock star, e di fare di se stesso e del suo pubblico la vera materia del suo suonare.

Ed è uno spettacolo osservarlo, Quarta, mentre suona con anima e corpo, trasformandosi lui stesso in musica – un sol, fa, sol e tutti i muscoli della fronte e delle sopracciglia si alzano, si abbassano, si alzano ancora- trasformando in musica un pubblico ormai in delirio, mentre lui, dopo averci ricordato che siamo nelle tranquillizzanti braccia di infallibili serie matematiche, fiammeggia, con  una travolgente esecuzione di  “Oblivon”, seguita da “Adios Nino“, “Jeanne Y Paul”, ed infine “Libertango”, nel gioioso possente miscuglio di stili e danze da cui ogni musica trae origine e canta, con Borges, gli antenati del suo sangue e dei suoi sogni.

 

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Live Review: Pinguini Tattici Nucleari al Teatro della Concordia https://stonemusic.it/18908/live-review-pinguini-tattici-nucleari-al-teatro-della-concordia/ https://stonemusic.it/18908/live-review-pinguini-tattici-nucleari-al-teatro-della-concordia/#respond Sun, 05 May 2019 07:10:26 +0000 http://stonemusic.it/?p=18908 “Tetris fra Gioventù e Tradizione”: la recensione del concerto dei Pinguini Tattici Nucleari  dell’11 aprile al Teatro della…

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“Tetris fra Gioventù e Tradizione”: la recensione del concerto dei Pinguini Tattici Nucleari  dell’11 aprile al Teatro della Concordia di Venaria (To)

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Alessandro Peiretti ci ha inviato la sua recensione del concerto dei Pinguini Tattici Nucleari

É giovedì sera, piove su Venaria Reale (TO) ed il Teatro della Concordia registra un sold-out inconsueto. Non si tratta di un artista inflazionato, bensì dell’apparentemente innocua band bergamasca chiamata “Pinguini Tattici Nucleari” e del suo indie-rock variegato.

Il sestetto (nato nel 2012), ha saputo attrarre verso di sé un pubblico eterogeneo negli anni, con quattro album pubblicati che spaziano dall’indie al progressive rock, con assaggi funk, metal e rock demenziale.

Uno spettacolo di assoluta qualità e costanza

Lo spettacolo da loro proposto è di assoluta qualità e costanza: il frontman Riccardo Zanotti regge il palco con energia e coinvolgimento (aiutato in questo dallo spassoso tastierista Elio Biffi), ma il resto del gruppo non è da meno, unendo queste caratteristiche ad una evidente e ben spesa preparazione tecnica.

Il concerto in questione rientra nel tour del loro ultimo lavoro “Fuori dall’hype”, il primo prodotto per Sony Music Italia, del quale ripropongono tutti i singoli estratti: “Verdura”, “Sashimi”, “Fuori dall’hype”, senza contare “Antartide”, “Freddie” e “Monopoli”, altri brani presenti nell’album.

Non possono mancare anche i loro maggiori successi precedenti (vedasi “Cancelleria”, “Irene”, “Gioventù Brucata”, “Tetris” ecc.), accompagnati da scenografie ad hoc e cantati con il pubblico ad una sola voce.

Questi ragazzi hanno saputo unire un format di spettacolo accattivante a musica non banale, creando un ponte tra il gusto dei giovanissimi e quello dei più “anziani”, trattando ironicamente tematiche accessibili quali le fatiche quotidiane, pregiudizi generazionali e amore, permeate da sottile sarcasmo politico e autobiografismo.

 

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Live review: Chris Stills al Big Mama https://stonemusic.it/18356/live-review-chris-stills-al-big-mama/ https://stonemusic.it/18356/live-review-chris-stills-al-big-mama/#respond Tue, 23 Apr 2019 09:11:31 +0000 http://stonemusic.it/?p=18356 La recensione del concerto di Chris Stills del 4 aprile al Big Mama di Roma Per la rubrica…

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La recensione del concerto di Chris Stills del 4 aprile al Big Mama di Roma

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Filippo de Orchi ci manda la sua recensione del concerto di Chris Stills.

Chris Stills Live@Big Mama – Roma 4 aprile 2019

Snoopy avrebbe iniziato così: “era una notte buia e tempestosa”. Ebbene sì, il 4 aprile qui a Roma pioveva in modo monotono e insistente, e per uscire dopo cena per andare al Big Mama a sentire Chris Stills bisognava avere davvero tanta voglia e coraggio.

Ho sempre nutrito una certa diffidenza delle capacità dei figli delle star internazionali di emulare i propri genitori e in questo caso parliamo di gente del calibro di Stephen Stills e Véronique Sanson. Tutti i dubbi vengono subito fugati appena varcato l’ingresso di questo storico locale. Ho la fortuna di incrociare Chris al bar e grazie a due miei amici (che saranno l’openig act della serata) entro nella dressing room per gli ultimi ritocchi alla scaletta e qui ho l’occasione di scambiare qualche parole e rubare qualche scatto informale a Chris.

Una serata di ottimo Rock’n’Roll

Lo accompagneranno Olivier Brossard al basso e Marco Rovinelli alla batteria:

L’inizio dello show è acustico ed intimo e da solo sul palco intona in sequenza “Sweet California” e “Just Like The Rain”; cambio di chitarra, entra in scena una Gibson Firebird e la musica vira immediatamente su suoni anni ’70; la sequenza dei brani è micidiale: “Hellfire Baby Jane”, “Calling Underground”, “In The Meantime”, “Lonely Nights”.

Tra un brano e l’altro Chris, oltre a presentare, interagisce e scherza con il pubblico.

A metà show rimane solo sul palco, si siede alla tastiera ed inizia a cantare in maniera molto ironica una divertente “Bohemian Rhapsody” con tutto il pubblico a fargli da coro; si continua con “In Love Again” e “Criminal Mind”.

Siamo ai saluti finali e pronti per il bis: salgono invitati sul palco da Stills anche i miei amici Francesco Lucarelli e Stefano Frollano, ambedue cantautori romani che avevano già avuto l’occasione di suonare con Crosby, Nash e …suo padre, a cantare una torrida e diluita “Ohio”.

Adesso tutto è finito ed è stata solo e soltanto una serata di buon – anzi ottimo – rock ‘n roll.

Uscendo dal locale la pioggia ha smesso di cadere, e si conclude così la splendida serata.

Buona notte!

 

 

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Live Review: John Mayall a Roma https://stonemusic.it/18268/live-review-john-mayall-a-roma-2/ https://stonemusic.it/18268/live-review-john-mayall-a-roma-2/#respond Sun, 21 Apr 2019 06:57:17 +0000 http://stonemusic.it/?p=18268 Una seconda recensione del concerto di John Mayall del 26 marzo, Auditorium Parco della Musica di Roma Per…

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Una seconda recensione del concerto di John Mayall del 26 marzo, Auditorium Parco della Musica di Roma

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Filippo de Orchi ci manda la sua recensione del concerto del 26 marzo a Roma di John Mayall.

John Mayall – 85th Anniversary Tour Auditorium Parco della Musica 27 marzo 2019

Il leone di Manchester John Mayall, classe 1933, è tornato a ruggire sul palco dell’Auditorium Parco della Musica per presentare il suo nuovo lavoro intitolato “Nobody Told Me”. Ad accompagnarlo per il suo 85th Anniversary Tour ci sono tre valentissimi musicisti: Carolyn Wonderland alla sei corde, Greg Rzab e Jay Davenport che sono la potentissima sezione ritmica rispettivamente al basso e batteria.
Per oltre 60 anni, John Mayall è stato il pioniere della musica blues, guadagnandosi il titolo di The Godfather of British Blues. Questa sera ha dimostrato che non ha nessuna intenzione di riporre in soffitta chitarra, armonica, Hammond e tastiera.

Ricordiamo ai più distratti che “the Lord of Blues” ha scoperto e suonato con quanto di meglio ci sia stato nel panorama rock/blues: Eric Clapton, Mick Taylor, Larry Taylor, Peter Green e Jack Bruce. La scaletta è un misto di pezzi originali e cover più due brani cantati dalla voce potente e roca di Carolyn Wonderland.

Qui di seguito la setlist eseguita a Roma il 26 marzo:

  • Nothing to Do With Love

  • Why Did You Go Last Night

  • Dirty Water

  • You Don’t Love Me

  • What Have I Done Wrong

  • One Life To Live

  • The Devil Must Be Laughin

  • Distant Lonesome Train

  • Early In The Mornin’

  • So Many Roads

  • Chicago Line

Encore:

  • I Want All My Money

Lo show scorre serrato e torrido lasciando spazio agli assoli superlativi dei componenti della band. Siamo arrivati alla fine di questo concerto e come recita la canzone regina del blues “…we went to the crossroad, fell down on our knees”. Onorati di aver assistito a questa bellissima leggenda.

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Live Review: Punkreas https://stonemusic.it/18187/live-review-punkreas/ https://stonemusic.it/18187/live-review-punkreas/#respond Sat, 20 Apr 2019 04:35:48 +0000 http://stonemusic.it/?p=18187 Punk in equilibrio: la recensione del concerto dei Punkreas del 12 aprile all’Hiroshima Mon Amour (To) Per la…

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Punk in equilibrio: la recensione del concerto dei Punkreas del 12 aprile all’Hiroshima Mon Amour (To)

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Alessandro Peiretti ci ha inviato la sua recensione del concerto dei Punkreas.

A quasi un anno dall’ultima tappa torinese, lo storico quintetto punk di Milano ritorna all’Hiroshima per celebrare e raccontare il suo ultimo lavoro. Pubblicato per Garrincha Dischi, “Inequilibrio Instabile” nasce dalla sintesi di due EP pubblicati nel 2018, che raccontano cosa succeda alla politica, alla società e all’individuo singolo del ventunesimo secolo, servendosi sia di allegorie sia di immagini esplicite.

 

I Punkreas non mollano mai

Se apparentemente i fans più accaniti potrebbero ad un primo ascolto denunciare uno stemperamento dei toni, quest’impressione verrebbe duramente smentita da uno spettacolo come quello al quale ho assistito. I Punkreas non mollano mai: Cippa (voce) e Gagno (batteria) sempre sul pezzo con assoluta concentrazione, Paletta (basso), Noyse (chitarra) e Andrea (chitarra) trainano come i primi, concedendosi però salti e scorrazzate per il palco. In scaletta, tutto ciò che il pubblico vuole sentire: da “Il Vicino”, “Vulcani”, “Voglio Armarmi”, sino alle nuove uscite tratte da “Il Lato Ruvido” e “Inequilibrio Instabile” (“Marta”, “Fermati e Respira”, “U-Soli”, ad esempio).

Una performance senza sbavature, costante, precisa, diretta, che pondera abilmente “soste” e musica non-stop, consigliata per chi non teme pogo e messa in discussione dei propri valori. Sono da sottolineare una grande potenza sonora ed una stupefacente interpretazione dei nuovi brani che, tendendo ad un punk più moderato, hanno reso quei 120 minuti più interessanti e stimolanti di quanto non lo fossero prima della loro pubblicazione.

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Live Reviews: Larkin Poe allo Spazio Teatro 89 di Milano https://stonemusic.it/17955/live-reviews-larkin-poe-allo-spazio-teatro-89-di-milano/ https://stonemusic.it/17955/live-reviews-larkin-poe-allo-spazio-teatro-89-di-milano/#respond Mon, 15 Apr 2019 08:25:12 +0000 http://stonemusic.it/?p=17955 La recensione del concerto dei Larkin Poe del 29 marzo a Milano Per la rubrica “Live Review” il…

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La recensione del concerto dei Larkin Poe del 29 marzo a Milano

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Giampaolo Rigolin ci manda la sua recensione del concerto dei Larkin Poe

2019 l’anno delle donne rock! Nel mese di febbraio sono rimasto incantato dalla chitarra di Joanne Shaw Taylor, nei prossimi mesi avremo sui palchi italici Samantha Fish e Ana Popovic.

La sera del 29 marzo, sul palco dello Spazio teatro 89, sono rimasto elettrizzato dallo show delle LARKIN POE. Le sorelle Rebecca e Megan Lovell, accompagnate da Tarka Layman al basso e Kevin McGowan alla batteria, hanno infuocato il pubblico per 150 minuti filati. A scaldare la platea ci pensa il duo inglese FOREIGN AFFAIRS, che propone un folk con influenze country rock. L’impatto delle LARKIN POE è travolgente: giovani, carine e con una energia che lascia senza fiato.

 

Rebecca è molto loquace, sempre pronta a raccontarsi e intrattenere il pubblico, mentre la sorella  Megan è più silenziosa, sorridente e pronta a lanciarsi in assoli lancinanti con la slide. Un grande show in cui alternano loro composizioni, su tutte TROUBLE IN MIND, BLEACH BLONDE BOTTLE BLUES e CALIFORNIA KING e cover di classe come la rockeggiante BLACK BETTY, il blues di Blind Willie Johnson JOHN THE REVELATOR, per finire con COME ON MY KITCHEN di Robert Johnson.

Grande serata!

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Live Review: John Mayall a Firenze https://stonemusic.it/17915/live-review-john-mayall-a-firenze/ https://stonemusic.it/17915/live-review-john-mayall-a-firenze/#respond Sun, 14 Apr 2019 10:17:42 +0000 http://stonemusic.it/?p=17915 La recensione del concerto di John Mayall del 25 marzo a Firenze Per la rubrica “Live Review” il…

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La recensione del concerto di John Mayall del 25 marzo a Firenze

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Riccardo Iapucci ci manda la sua recensione del concerto di John Mayall.

THE SAME OLD BLUES, BUT I LIKE IT

Quando ho visto i cartelloni che annunciavano il Tour di John Mayall per il suo 85° compleanno mi sono venute in mente 2 cose… lo fa perché è a corto di soldi, oppure ha ancora voglia nonostante l’età e gli acciacchi di una vita non ordinaria di andare in giro a portare il suo “verbo” blues. Siccome sono un sognatore e per fortuna non sono il solo, ho optato per la seconda ipotesi e ho acquistato il biglietto con un misto di ammirazione e incredulità.

Quando sono arrivato al Tuscany Hall giusto in tempo per l’inizio del concerto, l’atmosfera era rilassata e il pubblico (composto – come mi aspettavo – di 50/60enni, ma anche con mia somma sorpresa e soddisfazione da persone molto più giovani) era in religioso silenzio in attesa delle prime note.

Quando Mayall è uscito capitanando un classico quartetto formato da batteria/basso/tastiere e chitarre l’applauso è stato caloroso. Il vecchio bluesman alla cui scuola si sono formati decine di musicisti fra cui molti importantissimi chitarristi del rock anni 60/70 (cito solo Eric Clapton, Peter Green e Mick Taylor), è partito subito al trotto eseguendo in rapida sequenza STREMLINE (vecchio brano dei BLUESBREAKERS), WHAT HAVE I DONE WRONG (dal suo ultimo lavoro NOBODY TOLD ME a cui hanno partecipato fra gli altri Joe Bonamassa, Todd Rundgren Alex Lifeson e Stevie Vandt Zandt) e IF I DON’T GET HOME, allungando il kilometraggio dei pezzi per permettere alla sua band di dimostrare il suo valore, ritagliandosi un posto di accompagnatore con le testiere e naturalmente cantando con la sua caratteristica voce stentorea e monocorde, comunque riconoscibilissima fra tante anche a distanza di anni.

Poi ha eseguito un classico di Mose Allison come PARCHMAN FARM guidato dalla sua amatissima e inseparabile armonica. Pescando dal suo vastissimo repertorio ha ripreso un brano da USA UNION, NATURE’S DISAPPEARING che tratta di temi ecologisti, dove ha dato libero sfogo alla band (Jay Davemport alla Batteria/Greg Rzab al Basso e Carolyn Wonderland alle chitarre), con una nota di merito per la chitarrista (una rossa occhialuta con qualche punto di contatto con Bonnie Raitt) che si è esibita in una sciolta tecnica Finger-Picking virata al rock e con buone qualità anche come cantante, segno che il fiuto per la scelta dei musicisti non si è affievolito con gli anni.

Con A DREAM ABOUT THE BLUES si è messa in evidenza anche la sezione ritmica, precisa dinamica e muscolare nei momenti giusti, la forza propulsiva che ogni band deve avere, con brevi ma significativi assoli dove il bassista ha pure accennato al riff di Smoke On The Water forse per un suo vezzo o per dare le coordinate dei sui gusti musicali. Stesso trattamento allungato quasi a farne delle piccole jam session anche per FLOODIN’ IN CALIFORNIA (cover di Albert King) e CONGO SQUARE di Sonny Landreth. Non può mancare in un concerto di John Mayall un brano dedicato al suo eroe di gioventù, quel J.B. Lenoir a cui il nostro si è sempre ispirato, in questo caso si tratta di MAMMA TALK TO YOUR DAUGHTER, e qui lo vediamo cantare veramente ispirato e quasi in modo devozionale, e anche la band sembra capire il momento lasciando al maestro il proscenio.

A questo punto la sala è calda e ogni brano che viene eseguito suscita applausi quasi meravigliati per la bravura dei solisti e di ammirazione per il vecchio John, che scherza con il pubblico che approva la scelta dei brani da eseguire e sembra divertirsi come ai tempi belli. C’è ancora da segnalare una WHY DID YOU GO LAST NIGHT di Clifton Chenier, e dopo quasi 2 ore di musica – e vorrei dire buona musica – eseguita con perizia e bravura la band saluta;  c’è da chiedersi come un uomo nato nel 1933 riesca ancora a stare su un palco anche se con passo incerto, ma suonando e cantando traendo la forza da chissà dove.

Dopo aver visto un concerto del genere, che devo dire mi sono goduto dal primo all’ultimo minuto, mi viene da augurare a quest’uomo che quando giungerà il momento di salutarci che lo possa fare dopo aver suonato la sua musica e quindi che vada felice e con il sorriso sulla bocca. Thank you John, e tanti auguri Nonno Blues!

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Live Review: Flav Martin & Jerry Marotta a Roma https://stonemusic.it/17723/live-review-flav-martin-jerry-marotta-a-roma/ https://stonemusic.it/17723/live-review-flav-martin-jerry-marotta-a-roma/#respond Thu, 11 Apr 2019 05:47:08 +0000 http://stonemusic.it/?p=17723 La recensione del concerto di Flav Martin & Jerry Marotta all’Elegance Café del 6 aprile Per la rubrica…

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La recensione del concerto di Flav Martin & Jerry Marotta all’Elegance Café del 6 aprile

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Giovanni Davoli ci manda la sua recensione.

Jerry Marotta, uno dei più importanti session men della storia della batteria rock, vanta un curriculum impressionante, tra Peter Gabriel, Stevie Nicks, Robbie Robertson, Hall & Oates, Robert Fripp, ecc..
Oggi vive a Woodstock, luogo storico per la musica sito a un paio d’ore di macchina da New York, e lì dirige il suo studio di registrazione, mentre contemporaneamente partecipa a vari progetti musicali. Uno dei più recenti lo vede impegnato accanto al cantautore newyorchese Flav Martin per una produzione dal sound folk-rock, costruita con canzoni soft e piene di atmosfera, suonate dal vivo con la chitarra acustica e spazzole sulla batteria.
Ad accompagnarli nel tour che li ha portati in quattro paesi europei, Michele Vitulli (aka Mitcha, bassista storico degli Articolo 31) che, al basso e al chapman stick, ha dovuto affrontare il non facile compito di riarrangiare i pezzi suonati in studio da Tony Levin nell’album “Soul Redemption”.

Marotta suona al servizio della musica

Non si sa se siano stata la presenza Michele o le origini italiane di Martin e Marott  a far concretizzare le tre tappe italiane.  Ma la scelta è parsa vincente dalla reazione del piccolo pubblico di appassionati che ha risposto a Roma. Introdotti da Francesco Rainero, che ha aperto lo spettacolo con un set acustico in cui la sua bella voce ha potuto brillare, i nostri ci hanno intrattenuto per una novantina di minuti, alternando musica a storie personali e familiari e collegandosi con semplicità e simpatia al pubblico.

Marotta, da grande session man, suona al servizio della musica, senza cercare di prendersi una scena che, con il suo nome, potrebbe appartenergli di diritto. Non ci sono stati assoli di batteria dunque, ma invece un accompagnamento preciso e mai fuori misura alle belle melodie cantate da Martin. Il tutto impreziosito da linee di basso e di stick mai scontate. Gran bella musica, eseguita magistralmente.

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Live Review: John Mayall a Roma https://stonemusic.it/17578/live-review-john-mayall-a-roma/ https://stonemusic.it/17578/live-review-john-mayall-a-roma/#respond Mon, 08 Apr 2019 05:16:26 +0000 http://stonemusic.it/?p=17578 La recensione del concerto di John Mayall del 26 marzo, Auditorium Parco della Musica di Roma Per la…

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La recensione del concerto di John Mayall del 26 marzo, Auditorium Parco della Musica di Roma

Per la rubrica “Live Review” il nostro lettore Giovanni Davoli ci manda la sua recensione.

John Mayall è un professionista del blues. Lo è sempre stato, già dai tempi dei Bluesbreakers, come racconta Eric Clapton nella sua autobiografia. Ma a 85 anni, suscita grande ammirazione la tranquillità con cui calca il palco ancora con tour regolari, come sempre da ormai una sessantina di anni.
Nei 90 minuti di una scaletta che – stando a setlist.fmda una sera all’altra muta almeno del 90%, l’unica concessione alla sua età che notiamo è una chitarra elettrica a corpo ridotto. Presumibilmente per non gravare sulla schiena. Ma la suona come sempre, al pari dell’armonica, del Roland e dell’Hammond.
Ma è solo lui, nella band, che si concede il lusso di cambiare strumento. Carolyn Wonderland rimane con la stessa Les Paul rossa in spalla, collegata ad un ampli Fender, e produce un suono che non può non compararsi a quello del mitico disco con Slowhand (sempre Les Paul rossa anche se lì era collegata ad un Marshall, come sanno bene gli storici). Carolyn è puro finger picking (o meglio “nail picking”): una delizia i suoi assoli, per suono, armonia e ritmo. Ma anche alla voce impressiona, ad esempio nel classico di Blind Willie Johnson “Nobody’s Fault but Mine”: non a caso Wikipedia riporta due premi per “Best Female Vocalist” nella sua carriera.
Ma a tutti i membri della band, completata dagli storici compagni di avventure Greg Rzab al basso e Jay Davenport alla batteria, viene concesso almeno un momento per impressionare. Senza giochi di luce, senza effetti speciali, senza fronzoli: solo con un po’ di vecchio blues, tanta maestria e voglia nel suonarlo ancora.

Il blues può essere una passione genuina e una professione seria

John Mayall, con la sua band, ci ha  emozionato: ha dimostrato che il blues può essere una passione genuina e una professione seria, fino all’ultimo. Fino a che gli sarà fisicamente consentito lui continuerà a suonare “quei vecchi blues” e anche quelli nuovi, che non smette di mettere insieme, come ha dimostrato la sua ultima validissima uscita discografica: “Nobody Told me”.

Rimane solo il rimpianto di non avere l’età per averlo visto in un fumoso club londinese (cui la sua musica ancora appartiene, più che a un impeccabile Auditorium), “ai tempi” quando “nessuno sapeva che il blues di Londra era nato”, come ci ha cantato questa sera nella sua “Blues for the Lost Days”. Con la stessa voce di allora, solo un po’ più profonda, oggi più simile agli eroi di tutta la sua vita. Adesso che anche lui è un eroe del blues.


 

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Joe Jackson all’Auditorium della Conciliazione: live review https://stonemusic.it/16912/joe-jackson-allauditorium-della-conciliazione-live-review/ https://stonemusic.it/16912/joe-jackson-allauditorium-della-conciliazione-live-review/#respond Sat, 23 Mar 2019 15:38:54 +0000 http://stonemusic.it/?p=16912 Joe Jackson – Auditorium della Conciliazione 19 marzo 2019 Sono le 20,30, parcheggio la macchina alle spalle di…

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Joe Jackson – Auditorium della Conciliazione 19 marzo 2019

Sono le 20,30, parcheggio la macchina alle spalle di Via della Conciliazione e improvvisamente vedo uscire da una porta secondaria dell’Auditorium la sagoma di una marionetta con i capelli biondo platino: è Joe Jackson stretto in un cappotto scuro. Il nome Joe lo prenderà proprio dal pupazzo Joe 90 della serie televisiva in onda dal ’68-’69. Sono tentato di fermarlo ma poi penso sia meglio lasciarlo andare forse alla ricerca di un bar.

Entro in teatro oramai sono quasi le 21,20 e a questo punto penso che possa essersi perso per le strette vie di Borgo Pio. Improvvisamente la musica sfuma, calano le luci ed ecco entrare i tre musicisti che l’accompagnano, Teddy Kumpel alla chitarra, Doug Yowell alla batteria e Graham Maby al basso e poi il nostro sedersi dietro la sua doppia tastiera. Il Four Decade Tour, prima delle quattro date italiane, ha inizio spaziando con i suoi brani migliori: Look sharp! per gli anni 70, Night and day per gli 80, Laughter & Lust per i 90 e Rain per i Duemila.

Joe Jackson nel corso del suo show regala al pubblico un paio di cover come Rain dei Beatles, splendidamente arrangiata, e King of the World degli Steely Dan. La cavalcata sonora percorre quarant’anni del suo repertorio passando da Alchemy a Real men, da Stranger Than Fiction a Invisible man e poi c’è spazio per Wasted Time ed il rock reggae di Sunday Papers.

Si chiude questo bellissimo e coinvolgente concerto con la trascinante You Can’t Get What You Want dove Teddy Kumpel fa miracoli con la chitarra e conclude travolgendoci con il vortice rock Got The Time. Ma il momento topico del concerto che da solo vale il prezzo del biglietto è quando un roadie introduce sul palco la drum machine del 1969 utilizzata da Joe Jackson per registrare l’album Night and Day nel 1982. In segno di ammirazione e devozione i tre della band si inchinano ma come inizia il battito ritmico di quel reperto archeologico e del sintetizzatore per riprodurre fedelmente quel suono ecco partire Stepping Out.

Il pubblico è incollato alle poltrone estasiato e adesso si può tornare contenti a casa.

 

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